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a proposito di Bol-Par e di Loreto …

21 Agosto 2010 Parco di Loreto aree-gioco, bolpar, cagliostro, la-parola-ai-lozzesi, lavori-pubblici, spazi-pubblici

di Cagliostro

Il modo di dare le notizie sulla rubrica “Informazioni Civiche” da parte del Bollettino Parrocchiale non finisce mai di stupire.

Nella edizione testé data alle stampe si può leggere un articolo di autore anonimo (pertanto solitamente e normalmente attribuibile a fonte autorevole, secondo le consuetudini e le regole in vigore per quanto concerne la “Carta stampata”) e dallo stringato titolo “ABETI DI LORETO“.

Questa volta il pezzo, invero di buon taglio politico-diplomatico, appare tutto teso ad un “afflato” giustificatorio, ma non riesce ad evitare l’infarcitura con molta ipocrisia e non poco sfoggio di pseudo erudizione e cultura in fatto, cito testualmente, di “conoscenze ed osservazioni sperimentali sull’importanza ecologica dei boschi“. L’attacco è tipicamente “demo-cristiano” (inteso nel senso farisaico del termine), in quanto l’ignoto estensore ammette i motivi di “dissenso e discussione da parte di molti cittadini” e parla di “sentimenti egoistici derivanti dalla eliminazione della bellissima abetaia che ha tolto la visione panoramica boschiva agli amanti della natura…forestale” (sic!).

E l’esperto di riassetto territoriale giunge al punto di ammettere che si tratta di “sentimenti di tutto rispetto“. Poi però l’autore aggiunge che occorre tener presente non solo i vantaggi ma anche gli svantaggi che (con il mancato taglio, ndr) si sarebbero potuti riscontrare. E qui parte l‘impeto assolutorio, la spiegazione (invero molto soggettiva) del perché di questo generalizzato taglio raso, di questo (secondo molti lozzesi e non solo) autentico scempio. La spiegazione riesce però molto male, nel senso che l’intendimento di dare un supporto pseudo scientifico alla lezioncina ecologico-forestale impartita ai poveri lettori appalesa la vacuità di considerazioni che mettono in luce soltanto la contradditorietà ed insincerità dei ragionamenti messi in campo dall’incauto scrittore.

Dalla lettura del testo si arguisce chiaramente che lo sforzo profuso per convincere i non pochi dissenzienti sulla validità e bontà dell'”opera”, ha prodotto un effetto controproducente, nel senso che due bugie messe volutamente in fila non fanno una verità…

Se è vero infatti che l’area di rispetto del sacro edificio andava salvaguardata e preservata, mediante idoneo disboscamento, da due pericoli incombenti da esorcizzare: a) l’incolumità fisica del sito da eventuali trombe d’aria che avrebbero potuto far sradicare le piante sovrastanti la chiesa; b) il degrado della struttura dovuto alla umidità del terreno prossimo al manufatto, è altrettanto vero che ciò non giustifica affatto il taglio generalizzato della intera abetaia insistente sul bel pianoro antistante, area che risultava oggettivamente molto più bella prima, luogo paradisiaco che invogliava mente e spirito ad elevati pensieri, mentre la squallida landa deserta che attualmente si para davanti ai nostri increduli occhi non eleva certo l’anima alle Cose del Trascendente.

Un conto è insomma l’area di rispetto della chiesa, altro conto è l’intero tratto che poteva, anzi DOVEVA, rimanere tale e quale (semmai con un leggero diradamento e sfoltimento). L’altra contraddizione che si può cogliere nello scritto del nostro esperto è quella di aver voluto mettere insieme il taglio raso del ripido pendio che scende sulla statale (Col Campion e paraggi) con l’operazione portata a termine sul pianoro che dalla casa “Noni” porta alla chiesetta.

La scarpata, del resto, non faceva parte del progetto del così detto “Parco Benedetto XVI°” e non si capisce proprio il perché dell’indebito accostamento delle due cose, che sono nettamente distinte e distanti. L’una di competenza della Regione attraverso i Servizi Forestali e del Comune (che ha dato l’input all’iniziativa), l’altra di pertinenza dell’Anas o di Veneto Strade.

Quando poi si asserisce che il taglio raso ha “assecondato la crescita di nuova vegetazione di latifoglie rivestendo l’area” e che “negli anni gli aghi di abete avevano formato uno strato impermeabile superficiale tale da favorire, in caso di pioggia, lo slavinamento naturale del sottobosco” ci si riferisce chiaramente alla scarpata, che nulla ha da spartire con l’opera sovrastante. In tal modo si dicono poi cose oggettivamente e genericamente ovvie, ma non propriamente in linea ed attinenti alla idea progettuale del parco su menzionato. La zona, a memoria d’uomo, è sempre stata una pecceta ed i nostri vecchi avevano sempre provveduto a sfoltire la vizza per un adeguato riciclo del bosco. La “prolusione” dell’autore a sostegno delle sue tesi giunge al punto di insegnarci come verrà formata, dopo il taglio raso, una superficie fertile atta ad una vegetazione ed all’insediamento di nuovi alberi d’alto fusto. Il tutto appare alquanto anacronistico ed ancora contradditorio. Anacronistico perché ci vorranno decenni perché ciò possa ipoteticamente avvenire; va anche tenuto presente che sulla scarpata cresceranno prevalentemente siepi di nocciolo, non certo consone ad evitare pericoli sulla sottostante sede stradale. Per il pianoro infine, senza nuove rimpiantagioni, una nuova abetaia la vedranno forse i nostri pronipoti.

Ma l’Amministrazione Comunale non aveva parlato di posa in loco di piante a foglia larga?

Sono adatte tali piante alle nostre latitudini? Quanto costerà l’ipotetica operazione? E questo non stride alquanto con lo spirito della lectio-magistralis dell’esperto estensore sul Bol-Par?

Meno male che almeno la tesi giustificatoria per lo scempio attuato non si è basata anche su quanto affermato da un assessore circa il fatto che le piante tagliate erano tutte ammalate (bostrico?)!! Le ceppaie ancora in loco smentiscono questa squallida bugia assolutoria!

Conclusione: quando si vuol avere ragione a tutti i costi ci si arrampica sugli specchi pur di giustificare l’ingiustificabile. Si è trattato e si tratta di uno scempio e di uno spreco di denaro pubblico, il tutto per supportare una autentica mania boriosa: quella di aggiungere l’ennesima opera inutile e dannosa all’elenco, già nutrito, di vaniloquio inconcludente. Ed il Bol-Par si è, anche questa volta, fatto strumento (involontario?) di questa infausta politica. Non una targa a ricordo delle due visite papali, ma un parco-landa desertificato….

il cardinale Bagnasco e la frittura (mista) dell’aria l’illuminazione di Loreto e l’equinozio d’autunno

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