Cap. I - Le origini


By ddm - Posted on 18 February 2010

L'amore dell'umanità è egregio, ma non deve vietare l'amore del luogo natio; l'amore del luogo natio è egregio, ma non deve vietare l'amore dell'umanità. (Silvio Pellico).  

La Patria comincia dalla famiglia e dal paesello ove siamo nati e si allarga poi come le onde percosse d'un placido lago  (D. N. Talamini).

 

1 - Il nome  

 Lozzo Cadore: borgata centrale, raccolta attorno alla Piazza Vecchia (Foto L. Genova)Gli studiosi sono discordi sull'etimologia del nome di Lozzo. Il Ciani lo ritiene derivato da Lucius, che dice «prenome d'un Romano o Centurione, o Tribuno di soldati, o procuratore del Principe, che sul colle sovrastante il moderno villaggio stabilì la propria dimora». A sostegno della sua tesi, l'illustre storico cadorino asserisce che al suo tempo (1793 - 1867) si vedevano ancora «su quel colle i ruderi di una torre», e a provare che vi fossero anche delle «case abitate intorno al 1000», accenna ad una scrittura del 1234, in cui si legge: «In praesentia Warnerii de Colle de Lucio, et Arduichi de eadem villa».  

V’ è chi vede nel nome la stessa radice della parola luce, alludendo ai segnali luminosi che in epoche remote si sarebbero fatti nei punti più indicati della vallata, quali avvisi d'allarme all'apparire degli invasori. Il Ronzon vuole onorare il paese attribuendoli la stessa etimologia di Lutetia, l'odierna Parigi, dicendo il suo nome derivato da luteum, luogo paludoso. Mentre la seconda spiegazione pare inverosimile per varie ragioni, le altre trovano ugualmente credito, quantunque non sia possibile provare l'esistenza di un Lucius con le accennate abitazioni. Fra Lozzo e luteum può esservi stretta analogia, dato che molte località del territorio si indicano con termini affini, Laguna, Al Lago, Aghei, ecc.; il che fa ritenere che, al tempo dell'occupazione romana, i dintorni di Lozzo fossero effettivamente paludosi. Possibile è infine anche una derivazione da lucus, bosco 1.

 

2 - dell’occupazione romana  

Nicchia sepolcrale e resti del dominio romanoQualunque sia ragione del suo nome, Lozzo è un paese antichissimo: ne fanno fede varie scoperte archeologiche, sufficienti a provare come il luogo fosse popolato vari secoli prima dell'era cristiana. Esso è anzi ritenuto, con Pozzale, fra i più antichi del Cadore. Ne è conferma soprattutto la scoperta fatta casualmente nell'anno 1852 da Stefano Baldovin, di una necropoli preromana in cima alla Riva de Brodevin, nello scavo delle fondamenta della sua casa. Altri scavi furono eseguiti nella stessa località dal benemerito maestro Francesco Barnabò, ed i risultati riaffermarono l'importanza e la vastità della necropoli, con la scoperta di numerosissime tombe di epoche diverse, ed una stele a caratteri reto-etruschi2.

A cura e spese dello stesso Maestro furono pure eseguiti degli scavi nel luogo detto Piazze della Croce e sul Col de Tamber con felice esito: fra le altre cose si scoprì un denaro d'argento3 della famiglia Baebia (II secolo avanti Cristo).   Dette scoperte, oltre l'importanza militare che poté avere il luogo rispetto alle vie d'immigrazione seguite dagli invasori (quali il passo della Mauria, la Valle dell'Ansiei e quella del Piave), fanno pensare all'esistenza di un popolo assai prima che un qualunque presidio vi fosse stabilito a difesa. Il clima meno rigido qui che altrove, specie per la scarsità dei venti, dal quale il paese è riparato dalle alte cime circostanti; il terreno abbastanza fertile; la bontà e la ricchezza delle acque, devono avere insieme contribuito a far si che i primitivi abitatori preferissero questo a molti altri siti del Cadore.  

I primi a risiedervi dovevano essere però in numero assai esiguo, e non certo riuniti in unico nucleo, ma distribuiti qua e là lungo il corso inferiore del Rin e sulle ubertose pendici delle alture vicine. Le loro abitazioni dovevano essere, prima che la dimora vi fosse stabilita, delle semplici baite, ampliate e ridotte in seguito a maggiore comodità per contenervi, oltre alle persone ed ai viveri, anche gli animali e i foraggi specialmente necessari nell’inverno: una forma simile a quella degli attuali edifizi di campagna, che il dialetto indica con l’antica voce mas, nei quali, per qualche parte dell’anno, si tengono gli animali e vi soggiornano i proprietari, pascolando il gregge, trasformandone i prodotti e dedicandosi ad altri lavori propri del contadino.   Intorno ai mas si svolgeva la vita semplice e patriarcale, quando potevano permetterlo l’ampiezza del luogo occupato e la sua fertilità.

La caccia, poi, praticata nelle vicinissime boscaglie, doveva costituire allora una buona fonte di vita. Non che essa si svolgesse sempre pacifica, perché l’abbondanza della fauna dovette rappresentare anche per i masisti un costante pericolo e la preoccupazione maggiore4, insieme a quella delle frequenti invasioni dei popoli vaganti in cerca di migliore soggiorno. Col moltiplicarsi delle famiglie, nelle vicinanze dei mas primitivi se ne costruirono degli altri, e si ebbero i primi raggruppamenti, ognuno dei quali doveva comprendere i discendenti di un unica famiglia. Così composto, o meglio disgregato, pensiamo dovesse essere il paese di Lozzo ancor prima che l’aquila romana qui fermasse il suo volo, prima quindi che gli fosse attribuito il nome attuale e divenisse un vico della Repubblica e poi dell'Impero.       Orecchini dell'epoca paleo veneta e monete romane del 144 a.C.

 

3 - Le primitive borgate

Piazza IV Novembre e Monte Mizzoi (Foto Burloni)Una borgata esisteva due chilometri circa più a nord-ovest dell’attuale villaggio, lungo la valle del Rin, nelle località Piazze della Croce e Le Spesse. Un altro centro doveva essere a duecento metri dalla Chiesa di S. Rocco, nel piano compreso dalla biforcazione delle due vie che conducono in montagna: il luogo si chiama tuttora Vigo, nome di indubbia origine romana. Zona abitata era Sale, denominazione pressoché abbandonata, ma che da ragione del nome Sorasale, ora in uso. Corrispondeva a quel tratto di terreno semipiano che, in bella posizione dominante, si trova sopra l’ampia curva che la strada militare fa venendo da Loreto per giungere a Val.  

Probabilissima è anche l’esistenza di qualche casa sparsa nella depressione ora occupata dal villaggio, ai lati dell’antico torrente5. Correva, quest’ultimo, molto più ad oriente, lambendo le pendici che guardano il villaggio la mattina, e sulle quali ora il caseggiato s’adagia ad arco piegandosi da nord-ovest a nord-est. Giunto ai piedi di Crodego, s’incanalava probabilmente nella Val Maò per gettarsi nel Piave di fronte a Pelos, alla confluenza del torrente Piova. Sedimentazioni e conglomerati affatto estranei alla composizione geologica generale, ci assicurano che il territorio più basso del paese, stendentesi fino al Piave, era percorso o comunque coperto irregolarmente, e per una lunga serie di anni, dalle acque che vi formavano una specie di palude, o stagno, o lago, donde il nome di Laguna.  

Revis, quel sinistro spaccato gessoso che, formato dall'altopiano omonimo, incombe al paese, non poteva procurargli l'ironica fama che viene dal proverbio: “Lozzo Lozzato, se no fosse quel sassato, al sarìa un Treviso fato”. Degradava allora dolcemente, ricoperto di piante e di erbe pascolive, per unirsi al fianco opposto della valle, evitando la profonda incassatura presente. La deviazione del Rin, dovuta probabilmente a qualche franamento, fu facilitata dalla qualità del terreno, che venne a poco a poco corroso fino ad assumere l'attuale disposizione e l'aspetto cupo e minaccioso. Una via in parte ancora esistente e in parte facilmente individuabile, venendo da Domegge attraverso l'altopiano di Revis per la località di Larieto, toccava le antiche borgate e proseguiva poi verso est, scendendo poi verso Loreto, La Chiusa, ecc.

Le tre borgate più non esistono, né la storia sa dirci quando furono abbandonate o distrutte.   Quella di Le Spesse fu sepolta da una enorme frana staccatasi dal monte Mizzoi, al quale si scorgono ancora i segni della «tragica mutilazione». Il terreno è ora completamente ghiaioso: solo il tempo e la tenacia degli uomini l'hanno reso qua e là meno ingrato all'opera del coltivatore. Non si conosce con sicurezza l'epoca della rovina, ma tutto fa credere ch'essa risalga a poco dopo il mille: il Ciani ne attribuisce la causa al terremoto del 25 Gennaio del 1348, che produsse tanti disastri in Cadore e fuori. La mancanza di più sicure notizie intorno alla data e all'entità del sinistro, ci induce maggiormente a credere che il borgo colpito non fosse molto grande.

La memoria dell'avvenimento è però molto viva nei lozzesi, che tutt'ora guardano con terrore a Mizzoi, specie nei periodi lunghi di piogge torrenziali.   Della borgata di Vigo nulla si conosce. E’ assai probabile, fosse già scomparsa prima ancora della precedente, nessuna traccia di avanzi, né alcun fatto storico che la riguardi. Notizie sicure si hanno invece intorno a Sale, nome che s' incontra nei documenti come luogo abitato. Con ogni probabilità venne abbandonato per la mancanza d'acqua, perché troppo esposto ai venti e per la tendenza al piano, al fondo valle, cioè a riunire l'abitato col diminuire dei pericoli di invasioni, scorrerie, ecc. Si formò, o meglio andò ingrossando gradualmente il nucleo d' abitazioni presso il Rin, nella parte superiore dell'attuale paese, detta Prou, tanto da costruirvi già nel 1400 il centro più importante, sia per il numero degli abitanti, che per la sua posizione centrale, trovandosi fra Sale che stava per sparire e Laguna, dove, intorno alle antiche rare costruzioni, il paese veniva più tardi a svilupparsi.  

Nota - Dopo quanto è stato detto sull'antica disposizione del paese, difficile riesce riconoscere la località che i documenti indicano con la voce Col di Lucio. L'opinione più accreditataè che si riferisca al Col di Tamber, sul quale si rinvennero i ruderi della torre di cui parla il Ciani (pag. 11). La dizione, che può tuttavia aver anche affinità con i nomi Col e Col de Laguna, che si incontrano negli scritti dei primi secoli del corrente millennio, conferma l'opinione che il paese fosse una volta tanto disgregato da rendersi necessario, col nome generico di Lozzo, anche l'uso di quello della frazione.

 

4 - Dalla via preromana alla nazionale

La via principale che congiungeva Lozzo agli altri paesi del Cadore, anziché a cavaliere dell'altopiano di Revis, si fece passare in primo tempo a metà della sua falda di mezzodì, per quell'incantevole posizione oggi detta dei Coleniei, e più tardi più in basso (strada di Val di Croce) press' a poco sull'attuale sede nazionale. Giunta appena di qua del Rin ai piedi di Revis, metteva ripidamente, piegando verso sinistra, per la Riva del Paveon, o Padeon, nella Piazza Vecchia; saliva alla Via dei Baldovin, detta poi Brodevin6, per giungere all'antica necropoli, e svilupparsi a ridosso del colle di Crodego ed oltre, verso Loreto.  

Alcuni passi a mattina del Santuario omonimo, richiamano ancor oggi l'attenzione del passeggero le profonde carreggiate esistenti nella roccia sul letto della via, che, testimonio millenario di tante vicende politiche e militari, è riguardata fra le più antiche e frequentate del Cadore. Dopo aver percorso lo stesso piano attuale, fiancheggiata da folto bosco anche il tratto franoso de La Ruoiba e toccata la località Cornon, la via scendeva per passare sulla sinistra dell'Ansiei presso la confluenza con il Piave. Soltanto in seguito al franamento de La Ruoiba, iniziatosi nel 1686 ed estesosi nel cinquantennio successivo, la via fu costruita sulla sinistra del Piave per il tratto Tre Ponti-Ponte Nuovo, e sulla destra dal Ponte Nuovo al cimitero di Lozzo, di dove saliva alla Piazza Vecchia. Quest'ultimo tronco venne poi abbandonato con la costruzione della Nazionale.  

 

1 Lozzo Atestino (Padova) anticamente si chiamava Leocio e poi Lucio: si ritiene derivato da lucus, poiché la tradizione vuole vi esistesse un tempio dedicato a Diana, dea dei boschi e della pastorizia. Non vi potrebbe essere qualche relazione fra i due paesi, dato che fra i primi abitatori di queste valli figurano gli Euganei?
2 Gli scavi furono sospesi perché mancarono i necessari aiuti finanziari. Il materiale raccolto (monete, fibule, vasi cinerari, anelli, orciuoli, orecchini) fu in parte donato al Museo di Pieve, ed andò miseramente perduto durante l'invasione. Qualcosa esiste tuttora nel Museo Civico di Belluno.
3 Moneta romana del valore di 3 lire e 30 cent. Circa.
4 Specie per i lupi e gli orsi di cui il Cadore ospitava gran numero fin verso la prima metà del sec.XIX. Chi uccideva una fiera aveva un premio dal Comune.
5 Parecchie monete romane furono trovate presso la segheria Pellegrini.
6 Si può ritenere che tale storpiatura sia dovuta a qualche particolare brodaglia che si vendesse un tempo nell'osteria Zanella Vicen, sulla detta via.