Le chiese


By ddm - Posted on 18 February 2010

1 - La Parrocchiale

E’ dedicata a S. Lorenzo Martire. Esisteva già nel 1226 come cappella della pieve di Vigo, probabilmente a Prou o in una delle borgate scomparse, di dimensioni assai modeste, fornita di cortina (cortile) e forse di portico, secondo l’uso antico, sotto il quale si tenevano le adunanze, si scrivevano gli atti di compra-vendita, e perciò avente carattere di luogo pubblico. Si sa che fu rifatta poco dopo il 1460 e che il suo campanile fu portato a termine poco dopo il ‘493. Distrutta dalle truppe di Massimiliano d’Austria, fu ricostruita sul posto dove ora si trova nel ‘530, e il suo beneficio immobiliare, già formato in precedenza, venne accresciuto di un bosco donato dalla Regola nel ‘74.

Pian dei Buoi con la Casera delle Pecore, dopo un'abbondante nevicata. La Croda di S. Lorenzo o Ciareido (m. 2503). Forcella e Tirre di S. LorenzoNel XVI e nel XVII secolo, dopo che ebbe sofferto i danni dell’incendio del 1612, la chiesa fu arricchita di preziosissime tele, di altari, di paramenti e di oggetti sacri in genere, tanto da essere considerata allora fra le migliori del Cadore. Il libro dei Sindaci, ossia degli amministratori di S. Lorenzo in quel tempo, registra ogni anno ingenti spese per l’abbellimento del tempio. Fra i molti pittori che vi lavorarono, si ha notizia certa di Tommaso Vecelio, che nel 1618 vi dipinse il coro1, di un Maestro Iseppo da Luca, di un Maestro Valerio e di felice Arsiè da Longarone. Quando il marigo si recava a Treviso, a Chioggia o a Venezia per vendere legname o riscuoterne l’importo, era spesso incaricato di acquistare qualche oggetto sacro di valore, e alla spesa concorrevano in misura varia la Regola, le Chiese e le Confraternite2.

Frequenti poi erano le spese per dorature: delle pale d’altare, dei fanali portatili, della traversa di ferro sotto la volta del coro, ecc. E tutto ciò mentre, come s’è ricordato, numerose passività aggravavano le miserie del popolo, e si provvedeva alla erezione di altre due chiese: quella di S. Rocco prima, e quella della B.V. di Loreto poi. Tanto era vivo nel cuore dei nostri padri il sentimento religioso! A distanza di soli due secoli, nel ‘732, Lozzo decise di ricostruire il suo maggior tempio3 in previsione della sua prossima caduta “originata dall’antichità e dai terremoti”, e ne affida l’esecuzione all’architetto bellunese Domenico De Min4 il quale ci da in breve tempo la chiesa attuale, destinata a contenere per poco più di un secolo i tesori accumulati nella precedente.

Il coro però non è del De Min, ma di Antonio Laguna da Lozzo, che lo rifece nell’806. Il vistoso patrimonio artistico, per quella parte che non cadde nelle mani delle truppe di Napoleone, venne quasi totalmente divorato dalle fiamme che arsero la chiesa il 15 maggio 1867. Lo splendido altar maggiore in marmo, erettovi nei primi del secolo scorso, è ora sostituito da uno di pietrame, che del precedente rozzamente riproduce le linee generali. Ha due statue in legno, di S. Lorenzo e S. Stefano, opera dello scultore G.B. De Lotto da S. Vito e dono di D.P. Da Roco. La povertà dell’insieme rappresenta un evidente contrasto con quella che doveva essere la ricchezza dei marmi preesistenti; e le nude pareti del coro, sebbene provviste di discrete spalliere ed inginocchiatoi, mestamente richiamano lo splendore dei passati affreschi.

Il caratteristico costume dell'800 in mezzalana (Foto Giacomelli - Venezia)L’altare di S. Croce o dell’Addolorata, dello scultore Paolo Possamani da Solighetto, collocatovi nel ‘912, possiede una delle ultime belle opere del pittore Tommaso Da Rin da Laggio, raffigurante Maria che, ai piedi della croce, rivolto lo sguardo al cielo, solleva da terra il Divin Figliuolo per accoglierlo amorosamente nel suo grembo. Quello di fronte, dedicato alla B.V. del Rosario, è dello stesso scultore e vi fu collocato nel ‘911 per interessamento di Giuseppe Del Favero China. Nella sua nicchia è raccolto il principale lavoro d’arte sopravvissuto alla vicenda del tempio. Sono la testa, le mani ed i piedi della Vergine, di S. Domenico e di S. Caterina, oltre all’intero corpo del Bambino, riprodotti in legno e adattati con altre parti rivestite di comuni panni, in modo da rappresentare il Gruppo della B.V. del Santo Rosario. L’opera di squisita fattura, è attribuita al Brustolon, e con altri oggetti fu sottratta all’incendio del ‘67 per il generoso amore di Marco Baldovin Monego, che per riuscirvi abbandonava alle fiamme la propria abitazione.

E’ questa la rappresentazione sacra intorno alla quale maggiormente è raccolta la venerazione dei fedeli. Viene processionalmente e con grande pompa recata per le vie principali del paese nel giorno del Rosario e nella domenica successiva. In tutti i periodi dell’anno poi, specialmente nel mese di Maria, ai piedi di quell’altare, sotto lo sguardo compiacente della Vergine, si raccolgono i devoti per sciogliere con i loro canti i voti più riposti del cuor5e. Qui recano sovente il loro tributo di gratitudine e d’amore, tradotto in un cero o in un fiore, quanti hanno profondo il culto della Gran Madre. Il secondo altare sinistro, dedicato a Cristo Re, è costituito in legno, ferro e cemento.

Lavoro di Valentino Calligaro Scot e di Marco Baldovin Carulli, su interessamento ed a spese del primo e in piccola parte in per contribuzione di alcuni emigranti del luogo, fornito di statua policromata, dono di Dora Gregori ed esecuzione d’uno scultore della Val Gardena, sta a dimostrare quanto potrebbe la pubblica generosità se stimolata e ben consigliata. Dalla Val Gardena viene pure la statua di San Giuseppe, della nicchia presso l’altare dell’Addolorata, dono di Romano Funes. Il grande lampadario pendente nel punto di mezzo della navata è dono di lozzesi emigranti in America. Sul pavimento a destra, incise nella pietra che chiude la tomba costruitasi dal primo curato di Lozzo, Gaspare De Mejo, si leggono le seguenti parole:

D.O.M.

LATED ULTIMUS

DIES

UT OBSERVENTUR

OMNES DIES

 

e più sotto in uno scudetto:

P.G.M.C.

MDCCII

 

Cimeli preziosi dell’antica chiesa,sono pure: sulle spalliere del coro, un bustino di S. Lorenzo, con reliquia incastrata nel petto; presso l’altare dell’Addolorata, un Crocefisso in legno, probabilmente del 1630; e in corrispondenza della parte opposta un minuscolo gruppo del Rosario entro ghirlanda a festoni ed angioli, su asta portatile: esistente già nel 1714 e fu guastato nelle sue linee primitive con le frequenti colorazioni; in sagrestia, alcune croci astili, candelabri, reliquie e reliquari, tabelle e turiboli d’argento, un paramento completo d’oro e uno di velluto, una pala del Rosario e una di S .Croce, già facente parte dei relativi altari; due bellissimi parapetti d’altare in legno ad intaglio dorato con dipinti su cuoio, ben conservati e rappresentanti uno la Madonna e il bambino e ai lati due Santi, l’altro S .Lorenzo. Pure in sagrestia sono conservati due cassettoni, un armadio e una serie di ritratti dei sacerdoti distinti del paese.

Il campanile a torre, nella sua modestia privato di qualsiasi ostentazione, sebbene cinto di merli ghibellini, fu costruito nel 1882 in sostituzione di quello esistente presso l’angolo di nord-ovest della chiesa, pericolante per onorata vetustà. e’ provvisto di ottimo concerto, fuso nel bronzo dei cannoni nemici, e l’armoniosa sua voce, che è preghiera ed invito ai sacri riti, rimane nel cuore del popolo testimoni perenne di giorni gloriosi e d’una infamia patita.

 

2 - S. Rocco

Quando la devozione per il giovane santo intercesso contro la peste penetrò in Cadore, Lozzo gli eresse un modestissimo altarino, sul posto forse dell’antica chiesa di S. Lorenzo, nella borgata di Prou. Nel ‘620 venne sostituito con un tempietto in cui si celebrava qualche volta con altare portatile, e fu dotato nel ‘632 “con tutti i voti, niuno contra” di un terreno arborato “in luoco detto Fontana”, oggi conosciuto col nome di vizza di S. Rocco, a cui si aggiunse nel ‘676 una parte di Campiviei. Distrutta dall’incendio dell’846, la chiesa venne riedificata dieci anni dopo con più vaste dimensioni, su disegno elegantissimo del Segusini, qualche passo più a nord della precedente. Sulla facciata si legge la seguente iscrizione:

D (Deo) O (Optimo) M (Maximo)

E.(et) S.(Sancto) R.(Rocho) H.(Hoc) T.(Templum) D.(Dicatum)

MDCCCLVII

Con l’eleganza delle linee architettoniche, contrasta la nudità fredda delle pareti interne, che danno l’illusione di un tempio abbandonato; mentre con qualche sacrificio potrebbe essere un vero gioiello, anche perché non vi furono finora commessi quei deplorevoli errori in opere di restauro o per capricciose innovazioni che si lamentano nelle altre chiese, e che sono un oltraggio alla sensibilità del luogo, un insulto alle intenzioni dei fondatori. L’altare di marmo bianco di Verona, con le colonne di broccatello rosso, graziosamente intonato all’ambiente, possiede l’unica opera d’arte: un dipinto in tela raffigurante la Vergine con Gesù Bambino, seduta in alto trono, ed ai lati, in basso, S. Rocco, S. Sebastiano e S. Luigi. E’ attribuito ai vicari. In questa chiesa si celebra il raro; vi ci si reca talvolta processionalmente alla parrocchia.

 

3 - Santuario della B.V. di Loreto

A un chilometro e mezzo dalla piazza IV Novembre, sulla via preromana che conduceva ai Tre Ponti. La storia di questo mistico Santuario comincia con una leggenda, che ha già diverse versioni. Così la racconta il Ronzon: “C’era una volta un girovago venditore d’immagini di Madonne il quale, lasciatosi trovare una sera brutta e scura in quella malvagia strada, fe’ voto, se scampasse pericolo, di appendere per devozione ad un albero un’immagine di quelle tante Madonne che seco portava. Il pericolo naturalmente è scampato, e giunto in salvo, trae a sorte fuor del mezzo un’immagine qualunque e n’esce quella della Madonna di Loreto; ma egli che non vuole saperne di quella Madonna (vallo poi a vedere il perché), la rimette e torna alla sorte; esce per la seconda volta quella di Loreto; trae una terza, e sempre quella. Egli capisce che è senz’altro la Madonna di Loreto che vuol farsi attaccare ad un albero, e ve l’attacca. Da un’ immagine poi si viene ad un capitello e da un capitello alla chiesetta che presentemente si vede”.

Con ogni probabilità, prima che si costruisse il Santuario, vi era un capitello od anche un tempietto minuscolo, più tardi corrotto nelle originarie sue forme per ingrandirne le dimensioni. I competenti d’arte concordi riconoscono nel corpo centrale della chiesetta qualche reminiscenza trecentesca, mentre la storia ci dice che anche prima del XVII secolo Lozzo aveva grande devozione “alla Madonna che si venera in Loreto”, “anche per l’aiuto portato a quel forestiero che teneva la sua sacra immagine et per altri segni d’arte”. Comunque sia, la chiesa prese le forme attuali nel 1658, la sacrestia venne costruita un decennio dopo, e l’atrio nel ‘785. Dotata per ottenere la consacrazione dapprima di pochi appezzamenti di terreno dalla generosità di alcuni regolieri, nel 1660 le fu assegnato in beneficio il bosco, detto perciò di Loreto, con deliberazione della faula “seguita a tutti voti, nemine repugnante”.

Il cornicione interno e i due bellissimi altarini di legno ad intaglio dorato collocati verso il 1765, ora arricchiti il maggiore di tela raffigurante la B.V. di Loreto fra i Santi Lorenzo ed Antonio, e il laterale di tela con S .Anna e S. Gioachino, opere di Tommaso Da Rin, non corrispondono allo stile gotico della chiesa. Gli arbitrari restauri, le imbiancature e le pretenziose colorazioni che nascondono sulla volta gli affreschi seicenteschi, hanno contribuito a togliere alla chiesa il pregio dell’antichità. Alle pareti sono appesi alcuni quadretti di poco valore. A sinistra dell’altar maggiore l’immagine della B.V. che diede origine al tempio.

Pure non possedente più nulla di eminente valore artistico, la graziosa chiesetta, al cui mistico aspetto contribuiscono assai il selvaggio sfondo di abeti e di rocce e il cupo mormorio del Piave dai baratri sottostanti, è meta di frequenti pellegrinaggi. “A quel romito Santuario - dice il Ronzon - accorrono da ogni parte i devoti, e non senza speranze vien qui la femminetta, a deporre nel sen regale della Madonna la sua spregiata lagrima, e ad esporre gli affanni della sua anima immortale”. Vi si celebra la S. Messa ogni sabato, e ogni seconda domenica del mese. Feste particolari il dieci dicembre, la seconda domenica di maggio e di luglio.

 

4 - La Madonnetta

A un chilometro dalla piazza, poco prima del Ponte Nuovo. Un primo altarino fu costruito verso il 1780 sull’angolo che la nazionale forma con la via che sale verso Col Campion ad allacciarsi alla preromana. Fu ricostruito sotto la strada nel 1928 e provveduto d’una riproduzione in legno della immagine della B.V. di Loreto.

 

 

1 Fra i suoi affreschi figuravano una Cena e un San Lorenzo. Fu pagato con venete lire 837, e i colori costarono lire venete 93 e 12 soldi piccoli; somme rilevanti per quei tempi

2 Per una sola croce d’argento si spesero ben 2038 lire venete e 560 per un incensiere!

3 La deliberazione è presa nella seduta del 16 marzo, con 66 voti favorevoli e 2 contrari.

4 Fu pagato, per il progetto e la direzione dei lavori, con 3500 ducati da venete lire 6.4. Il materiale fu provvisto gratuitamente dalla popolazione.