fusioni: l’esempio (del cavolo) di Longarone
Si torna a parlare di quanto belle e buone siano le fusioni. Se ne incarica tale Padrin, sindaco di Longarone, con un articolo su il Cadore di gennaio 2016 (p. 6). Non entro nel merito delle mirabilie raccontate se non per evidenziare un nonnulla. In una parte di testo non virgolettato, quindi da non attribuire a tale Padrin (che però firma l’articolo: che sia scritto a 4 mani col direttore?), trovo scritto (grassetto nostro):
[…] Ad un anno di distanza da quel 9 febbraio 2014 quando il referendum popolare sancì con il 78% dei sì la nascita del nuovo comune i risultati possono definirsi lusinghieri.
Peccato che lo scrivente si sia dimenticato un particolare, diciamo, IRRILEVANTE (ma se si vuole fare informazione di qualità, certi particolari non si dovrebbero dimenticare):
il referendum è stato sì vinto dal 78% di sì, ma con un’affluenza al voto del 30,6%, il ché significa che i SI, rispetto agli aventi diritto, sono stati
il 24%
Che significato attribuire a quel 24% (neanche un elettore su 4; peraltro, se non avessero tolto il quorum da raggiungere, col cavolo che le fusioni si sarebbero fatte). Secondo me una buona dose di vattenafanculo verso le istituzioni così premurose. Ma sono aperto ad altre eventualità.