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Belluno: prima il danno e poi la beffa ma forse …

14 Agosto 2011 Autonomia autonomia, belluno-autonoma, veneto-stato

Lodovico Pizzati, segretario politico di Veneto Stato il movimento-partito che propugna l‘indipendenza del Veneto (attraverso metodi democratici e pacifici), già ieri si era fatto sentire sulla “questione bellunese” indotta dall’accorpamento delle province previsto nella manovra/stangata con l’articolo Belluno reagisci!, cui ho contrapposto alcune mie riflessioni in Belluno reagisci! La bella addormentata andrebbe prima svegliata.

Pizzati riprende oggi l’argomento in Belluno: Prima il Danno e poi la Beffa, nel quale definisce la richiesta di un referendum con monitoraggio ONU e UE come la strada maestra per giungere all’autodeterminazione e quindi all’autonomia. Riporto l’articolo per intero affinché sia motivo di riflessione ed approfondimento (il neretto è mio).

I bellunesi avevano dato all’Italia grande prova di democrazia e senso civico. Raccogliere 17 mila firme in montagna, ben il 10% dell’elettorato di questa provincia montana, non è cosa da poco. Quello che il Comitato per Belluno Autonoma chiedeva con uno straripante appoggio popolare era più che giustificato. Belluno è una provincia montana schiacciata in mezzo a due regioni a statuto speciale, ed è la provincia veneta che più soffre della crisi e del declino economico italiano.

Tra imposte dirette, indirette e contributi sociali i bellunesi contribuiscono alle casse di Roma più di tre miliardi all’anno, e di questi versamenti viene restituito nemmeno un decimo per amministrare la provincia e i comuni. Una autonomia avrebbe riportato un minimo di dignità economica per non perdere il passo rispetto ai ricchi cugini trentini e tirolesi, e si richiedeva un miliardo scarso, rispetto ai 6-7 miliardi di risorse pubbliche che il Trentino-Alto Adige riesce a trattenere ogni anno.

A questo enorme sforzo di iniziativa popolare, i bellunesi hanno prima subito la resistenza della classe politica veneta, sentendosi predicare più autonomia da Roma ma vedendosi praticato più centralismo da Venezia. Poi i promotori del referendum per l’autonomia bellunese hanno subìto il grave danno di vedere la loro iniziativa, forte di 17 mila firme di concittadini, venire ingiustamente snobbata dal sistema giuridico italiano (bocciatura da parte della Cassazione, ndr).

Con le recenti manovre anti crisi annunciate alla vigilia di ferragosto per i bellunesi è arrivata pure la beffa: il problema bellunese ha rischiato di essere risolto venendo inglobato nell’amministrazione provinciale trevisana. Ora non importa se per grazia del governo italiano la provincia di Belluno verrà risparmiata. La lezione che i bellunesi hanno imparato è che a Roma con il cappello in mano non si va. Esiste invece un’alternativa concreta per esercitare il diritto di autodeterminazione che non necessita proprio di un permesso da Roma.

Seguendo l’esempio della Scozia, oggi governata da una maggioranza assoluta indipendentista, è possibile appellarsi alla comunità internazionale e richiedere un referendum con monitoraggio dell’ONU e dell’Unione Europea. Decidere la propria organizzazione amministrativa indipendentemente da Roma è un diritto pre-costituzionale riconosciuto anche dallo stato italiano già dal 1977, con la ratificazione di una risoluzione ONU conosciuta come Patto di New York.

Quello che serve però è un forte consenso popolare attorno a questo obiettivo, e una rappresentanza istituzionale, composta da sindaci o da presidente della provincia, che si faccia promotore di tale azione politica. Il consenso popolare è già stato raccolto con l’iniziativa del Comitato per Belluno Autonoma. Adesso ai bellunesi serve indirizzare la loro determinazione verso un percorso politico fattibile e democratico, ma che non passa necessariamente per Roma.

Lodovico Pizzati
Veneto Stato

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