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i luoghi della Grande Guerra in provincia di Belluno: Anello dei Colli di Pian dei Buoi

17 Dicembre 2015 Botanico Palazzo, Pian dei Buoi, Turismo e dintorni cai-lozzo, cecità-della-giunta, cronache-lozzesi, parco-della-memoria, sviluppo-pian-dei-buoi

Tra il 2000 e il 2006 (operativamente tra il 2003 e il 2006)  si sviluppa l’ Iniziativa comunitaria Interreg III A Italia-Austria 2000-2006 – Progetto (Cod. VEN 222001) denominata I luoghi della Grande Guerra in provincia di Belluno (sottotitolo Interventi di recupero e valorizzazione nei territori del Parco della Memoria).

Il Parco della Memoria di Pian dei Buoi è uno dei vari parchi-della-memoria individuati al tempo, presenti in provincia. Diventato dunque Parco della Memoria, anche Pian dei Buoi diventa sede di alcuni interventi di recupero-valorizzazione (ai quali il Cai di Lozzo si aggancerà come operatore da sempre presente in loco).

Il suggello finale di tutte le azioni comunitarie è sempre la componente comunicativa: quella puttana della UE ha bisogno di far credere che i soldi spesi siano, appunto, “provenienti” dalla UE, ancorché, nella realtà, siano soldi dei contribuenti italiani, visto che ormai anche le pantegane sanno che l’Italia è contributore netto del baraccone UE (si veda anche questo articolo).

In questa circostanza l’azione di informazione viene risolta con la stampa e distribuzione di depliant illustrativi (raccolti in cofanetti di rara beltà). Fatto si è che gli interventi negli areali dei Parchi non valgono un beneamato cazzo se non c’è una minchia di itinerario che permetta, più o meno, di metterli in evidenza. Dato questo contesto, nel caso del Parco della Memoria di Pian dei Buoi, l’Anello dei Colli è giunto come il cacio sui maccheroni.

E così fu subito adottato alla bisogna (anche con nostro giubilo, s’intende).

Giovanni De Donà e Walter Musizza ebbero l’incarico di elaborare i testi di alcuni dei pieghevoli previsti, fra i quali quello relativo a Pian dei Buoi (scarica qui), suddiviso in Col Vidal e Anello dei Colli. E così, fin dal 2006, l’Anello dei Colli ebbe il suo degno posto tra gli itinerari della Grande Guerra che, successivamente, venendo ai nostri giorni, avrebbero trovato via via divulgazione sui vari siti istituzionali e non (vedi post qui, quo e qua), in vista del Centenario della Grande Guerra.

Ovvio, quindi, che l’Anello dei Colli come percorso, e, altrettanto ovviamente, le immediate adiacenze al medesimo, in particolare se conducono a “emergenze storiche”, debbano essere curate con la giusta diligenza. Evitando, magari, che chi vi dovesse transitare possa avere, invece, l’idea di essere al cospetto del casino, l’abbandono, l’incuria, la negligenza, la desolazione e la trascuratezza.

(ma c’arriveranno a capirlo, anche da soli, vedrete: ci vorrà solo il tempo necessario, come per le nespole)

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piste aperte: con soli tre fiocchi in più si poteva arrivare al 100%

17 Dicembre 2015 Giornalando, Turismo e dintorni giornalando, scripta-manent

Che se vai a vedere, in media, riferito all’intero arco alpino, magari il conto torna (non al 70%, ma al 50% potrebbe). Poi, quando vai lì o là, perché è lì o là che vai a sciare, quella percentuale si sgretola e ti conviene portarti dietro gli sci d’erba. In ogni caso, per te che sei appassionato, “il problema non c’è“: in un qualunque modo (al 70%) si scia! Pensate, se solo arrivassero tre fiocchi tre, a quale tripudio potremmo assistere…

70percentopiste

 

Veneto Grande Guerra e Anello dei Colli di Pian dei Buoi

17 Dicembre 2015 Botanico Palazzo, Pian dei Buoi, Turismo e dintorni cai-lozzo, cecità-della-giunta, cronache-lozzesi, parco-della-memoria, sviluppo-pian-dei-buoi

Già. Se guglate grande guerra veneto il primo link della ricerca è quello relativo al sito delle Regione del Veneto venetograndeguerra.it (pensa un po’ tu!). Se cliccate su Itinerari troverete una mappa di Google… che vi porterà (anche) all’Anello dei Colli di Pian dei Buoi (pensa un po’ tu 2!). Poi, ok, ti rimandano alla scheda del sito 3Dolomiti (che abbiamo visto ieri) e ti offrono (link “Scheda dettaglio”) il PDF origgginale (tutto parte da lì, da quel PDF).

Quindi (se non ci siete già arrivati da soli), nell’ambito Grande Guerra e Itinerari tutte le strade, a queste latitudini, portano… all’Anello dei Colli. Sicché una sistematina sarebbe, diciamo, quasi di rigore (ma se l’amministrazione comunale ci lasciava lavorare in pace questo “problema” di manutenzione dell’Anello/Parco non sarebbe oggi così marcato, oltre a ritrovarsi il medesimo Parco ulteriormente sviluppato a costo …

 

ZERO

E anche quelli del Cai di Lozzo hanno dormito: sonni pesanti, quasi letargici. Come dire, “can che dorme non abbaia”. Dettagli nel prossimo futuro… (ma prima, un po’ di storia sull’Anello dei Colli).

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AURORE DOLOMITICHE – LA MOSTRA DELLE ARTI E TRADIZIONI POPOLARI

17 Dicembre 2015 Cultura giuseppe-zanella, la-parola-ai-lozzesi, storia-di-Lozzo

di Giuseppe Zanella

Erano gli anni ’60, anni ricchi dell’entusiasmo di noi ventenni, espressione di una generazione che per prima era uscita indenne dalle vicende della seconda guerra mondiale, generazione carica di aspettative e speranze in un domani promettente e felice. Si frequentava la canonica e la sala giochi posta sul retro dell’edificio, sala che fungeva però, in primis, quale luogo delle “adunanze” tenute dal parroco per noi membri del sodalizio di azione cattolica, ed anche locale destinato alle ‘lezioni’ di dottrina da noi impartite ai giovani ‘virgulti’ del paese. All’epoca, la sede della latteria sociale era stata trasferita nei moderni locali di Mezzavilla (l’attuale Via Padre Marino, sull’area dell’ex ‘Baracon’, un vetusto stabile già a destinazione multiproprietaria di stalle e fienili), mentre la vecchia sede di Piazza IV Novembre era ora nella disponibilità della parrocchia, in attesa di tempi migliori per la costruzione della nuova chiesa (in ottemperanza del noto voto del 1944) e della nuova canonica (che sarebbe stata ricavata, molti anni più tardi, dalla ristrutturazione del vecchio caseificio).

Don Piero, già sofferente, era in quel tempo coadiuvato da un cappellano, il bellunese Don Mario Sommacal. L’Azione Cattolica e le varie associazioni parrocchiali erano molto attive e … propositive. Tra le varie idee e programmi che circolavano in quel tempo nelle fervide menti giovanili guidate con mano ferma dal parroco, ci fu anche quella di utilizzare al meglio i locali al piano terra dell’ex caseificio al fine di far “rimembrare” alla cittadinanza tutta il “come eravamo”, sulla scia di un programma televisivo allora in voga, e di risvegliare nei lozzesi un ‘amarcord’ dei tempi andati, con le vecchie tradizioni ed il modo di vivere della nostra gente nei decenni e nei secoli passati. Insomma, l’idea era quella di creare una rivisitazione degli ambienti di vita e di lavoro dei nostri avi, di mettere in risalto un’epoca vissuta dai nostri progenitori senza soverchie pretese, comunque fra mille difficoltà e sacrifici, ma anche con quella serenità e tranquillità d’animo che era espressione di una vita sociale intensamente vissuta e priva di quelle spasmodiche tensioni che stavano già cominciando a far capolino negli anni ’60 e che avrebbero negativamente segnato i decenni successivi così carichi di ansie, angosce, nervosismi e deteriori individualismi.

Per realizzare il disegno, venne creato un gruppo assai motivato di giovani e meno giovani i quali, armati di ‘sacro’ zelo, passione, dinamismo e determinazione, studiò nei minimi dettagli l’allestimento di una mostra cui venne dato il nome di “Mostra delle arti e tradizioni popolari”. Il motore della iniziativa, l’idea originaria ed il necessario, entusiastico impulso fu, in ogni caso, tutto parto della fantasia e della inventiva di Don Pietro che, da valido organizzatore quale era, si mise all’opera, coadiuvato efficacemente dal cappellano e da un gruppo di giovani e ragazze che seppero avvalersi della collaborazione e della ‘sceneggiatura’ e ‘regia’ di chi, più anziano, era perfettamente in grado di ricreare una certa atmosfera fatta di costumi, ambienti di lavoro, abitazioni antiche, gestione e cura degli animali, illustrazione di occupazioni dismesse; in una parola, si trattò di realizzare la riproposizione integrale del modo di vivere di chi aveva calcato le nostre lande molto prima di noi.

La popolazione, fin da subito, manifestò entusiasmo e grande condivisione per questo progetto e rispose con una adesione totalitaria sia alle richieste di collaborazione e divulgazione dell’idea, sia alla ricerca e consegna di oggetti, costumi, arredi , attrezzi e mobilio d’epoca; in breve tempo si riuscì così a mettere insieme i vari elementi costitutivi della mostra il cui allestimento mise in luce una non comune sapienza arredatrice ed una ricostruzione storiografica davvero di buon livello. Ed il compiacimento della gente di Lozzo e dell’intero circondario si manifestò appieno con il successo riscontrato dalla frequenza di una insperata vasta platea di visitatori, sia ‘autoctoni’ che di turisti ed estimatori provenienti da tutta la regione e non solo. Le notevoli spese sostenute vennero interamente fronteggiate da contribuzioni che pervennero al comitato promotore sia da paesani che da forestieri.

L’insperato successo trovò concretizzazione anche attraverso l’opera dei mezzi di informazioni e da quelli tecnologici di divulgazione di massa che, giusto allora, stavano muovendo i primi passi e che si rivelarono assai utili e proficui, unitamente alla diffusione di depliant nelle varie APT del comprensorio e di quella delle foto scattate, in costume d’epoca, a qualche avvenente giovinetta sostenitrice. Della lodevole iniziativa si parlò a lungo in tutto il Cadore e nell’intera provincia quale esempio di lungimirante rivisitazione storica e socio-economica di un mondo che non meritava (e non merita!) certo di essere dimenticato, e ciò a testimonianza della vita grama e faticosa -ma anche genuina, sobria e schietta- che conducevano i nostri avi. Ed il raffronto tra quel tenore di vita e quello dei nostri giorni mette in risalto tutta la complessità, artificiosità e frenesia della esistenza dei giorni nostri.

La vita ‘tumultuosa’ che siamo costretti a vivere in quest’epoca di globalizzazione e di egoismo ed individualismo sfrenato manifesta, insomma, lo ribadiamo, un drastico contrasto con la serenità, semplicità e salubrità dell’esistenza condotta costì da chi ci ha preceduto. Ed il rammarico che molti provarono al concludersi di quella positiva esperienza fu dovuto alla impossibilità di trasformare quella esposizione in una mostra permanente, un vero e proprio museo etnografico. Tutto il materiale esposto, infatti, era dato da oggettistica messa a provvisoria disposizione da tante volonterose persone che, comunque, difficilmente si sarebbero private della titolarità di quei cari ricordi di famiglia. Per di più, va considerato che i locali in cui la mostra era allocata dovevano essere oggetto di futura ristrutturazione finalizzata al cambio di destinazione d’uso.

Ma, nonostante il rincrescimento per la mancata trasformazione in museo permanente, bisogna pur dire che quella originale idea fu foriera e propedeutica al generare, nella gente del posto, una vera passione e riscoperta del valore del passato, delle sue tradizioni, dei costumi e del tenore di vita dei tempi andati, tanto che da quella prima esperienza rievocativa -pur con i distinguo e le peculiarità proprie delle nuove realtà – nacque il progetto del museo della latteria e quello della risistemazione della roggia dei mulini (classico esempio di archeologia industriale): realizzazioni che dimostrarono e dimostrano ampiamente quanto nella nostra gente alligni la voglia di vivere i valori della tradizione antica e dell’epopea del popolo lozzese; il tutto, giustappunto, rappresentato da queste due strutture dalla valenza non solo ‘etnografica’ ma anche sociale, economica e di divulgazione e conoscenza a livello turistico-ricettivo e ambientale.

 

3Dolomiti e Anello dei Colli di Pian dei Buoi

16 Dicembre 2015 Botanico Palazzo, Pian dei Buoi, Turismo e dintorni cai-lozzo, cecità-della-giunta, cronache-lozzesi, parco-della-memoria, sviluppo-pian-dei-buoi

Anche il sito 3Dolomiti ha, tra le proprie schede, l’itinerario della Grande Guerra Anello dei Colli di Pian dei Buoi, che è poi copia della descrizione vista nel post precedente. Che sia una copia ha pochissima importanza, visto che poi c’aggiunge il profilo altimetrico, il download delle tracce GPS e quello della “Scena 3Dolomiti”; ma ha comunque poca importanza perché il sito è anche, rispetto al precedente, un altro tipo di collettore di “domanda” turistica.

Ad ogni buon conto, come invettiva verso amministrazione comunale e sezione locale del Cai vale, paro paro, quello che ho già formulato nel post precedente (cui rimando) e che si riassume in questa sintesi:

Come mai “lì dove c’era l’erba ora c’è il…“,  casino, l’abbandono, l’incuria, la negligenza, la desolazione, la trascuratezza?

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Ecomuseo della Grande Guerra e Anello dei Colli a Pian dei Buoi

16 Dicembre 2015 Botanico Palazzo, Pian dei Buoi, Turismo e dintorni cai-lozzo, cecità-della-giunta, cronache-lozzesi, parco-della-memoria, sviluppo-pian-dei-buoi

Il sito non è di ieri, è vecchiotto: i primi passi sono del 2006 o giù di lì. Il che è un pregio, sia chiaro. Ed esce tra i risultati nella prima pagina di Google cercando per grande guerra itinerari veneto: ecomuseograndeguerra.it. Tra le varie sezioni c’è quella dedicata alle Dolomiti bellunesi nella quale, nella pagina itinerari, ne compaiono 15 e tra essi, nel territorio di Lozzo di Cadore, l’Anello dei Colli a Pian dei Buoi.

(peccato per il “neo” che ci colloca in provincia di Vicenza, sbandamento che si supera leggendo alla riga sottostante il comune e la relativa provincia di BL tra parentesi)

Peccato, e questa volta non è un neo ma una boaza (boàža sf. sterco di vacca, fresca a forma tonda), che l’Anello dei Colli, oltre ad essere annoverato tra gli itinerari dell’Ecomuseo Grande Guerra, sia anche il percorso di visita principale del Parco della Memoria di Pian dei Buoi (le due cose si sposano…). La boaza è relativa al penoso stato di manutenzione di alcuni tratti del percorso, soprattutto là dove pullula di emergenze storiche riportate “alla luce” nel corso dei lavori di realizzazione del suddetto Parco, come da me descritto recentemente con dovizia di particolari.

Mi chiedo: come mai l’amministrazione comunale di Lozzo non è in grado di garantire degnamente la fruibilità turistica di un percorso sì importante? Mi chiedo ancora: come mai la sezione locale del Cai, fino a due anni fa così efficiente in quest’opera manutentoria, è diventata così molliccia?

Come mai “lì dove c’era l’erba ora c’è il…“,  casino, l’abbandono, l’incuria, la negligenza, la desolazione, la trascuratezza?

La storiella del Centenario… dura fino al 2018 !!!

(sì, insomma, c’era un cavallo, docile e tranquillo, che andava cavalcato; finita “la festa” bisognerà riportarlo nelle scuderie; non è che con il Centenario la situazione generale possa passare da nero a bianco, si sa, ma un giretto sul cavallo andrebbe fatto e … fatto fare; ora, capisco che per questa amministrazione riunire gli stati generali del paesotto per dare forma “all’evento Centenario” (anche a queste latitudini)  sarebbe stato esercizio intellettuale arduo, ma tentar non nuocerebbe, anche ora)

(sia chiaro: il “Cai di oggi” non ha l’obbligo di mantenere ciò che è stato realizzato, spesso salvandolo dall’abbandono, dal “Cai di ieri”: difatti si vede) 

L’Anello dei Colli è un percorso creato dalla sezione di Lozzo del CAI. L’itinerario permette di visitare un’interessante serie di apprestamenti militari complementari al forte di Col Vidal e realizzati nel periodo 1890-1917 per controllare tutti gli accessi all’Altopiano dei Buoi.

Dopo essere partiti da Piazza IV novembre a Lozzo e aver percorso la carrabile militare (Strada del Genio), fino alla località di Soracrepa, si può lasciare la vettura presso i posteggi di Ciareido (250 posti), Pellegrini (6 posti) o Casera delle Armente (30 posti). Va ricordato peraltro che il traffico nei mesi di luglio ed agosto è regolato da ordinanza comunale, che prevede orari specifici per salita e discesa. L’escursione lungo L’Anello dei Colli (segnavia n. 33, colori bianco-verde) inizia presso il Bivio Pellegrini (m 1820) e si sviluppa inizialmente in direzione sud sulla vecchia strada militare di Val da Porte. Si prosegue giungendo fin sopra la “Strada del Genio”, nel tratto caratterizzato dalla grande galleria di “Quoilo”. Da questo punto l’itinerario prosegue in direzione nord-est e attraversa a mezzacosta le pendi ci sud del colle di “Mizzoi”, fino a sfiorare la militare nell’ansa della “Forzeluta”. Bellissimo da qui il panorama verso l’Oltrepiave. Il sentiero poi si inerpica e percorre il lato nord di Col Cervera. Lo sguardo spazia libero sui pascoli dell’altipiano dei Buoi e sul forte di Col Vidal, nonché sulle più belle vette dolomitiche. Proseguendo ancora si scende lungo la strada militare oggi ripristinata e, costeggiando due riservette, si arriva fin presso il grande spianamento che durante il conflitto ospitava le “Scuderie di Cervera”. Aggirato un modesto colle, l’itinerario ci conduce ai ruderi della stazione d’arrivo della teleferica del Forte e alla postazione antiaerea guardata dal cippo che ricorda il giovane “zappatore” Vittore Bof. Dal cippo si prosegue verso Col Vidal (nord-est). Il sentiero continua attraverso il bosco di “Ciadìn” fino ad entrare nel perimetro del forte. Per il ritorno l’itinerario proposto segue il sentiero che corre sul tracciato dell’acquedotto del forte per poi immettersi sul percorso che, piegando in direzione ovest porta, dopo un chilometro, ad incrociare la strada di “Somòl” alle “Casere delle Armente”. L’itinerario quindi risale verso il “Lago delle Sepolture”, una caratteristica torbiera di piccole dimensioni. Infine l’ultimo tratto in piano, che in 15 minuti circa, ci riporta al punto di partenza di “Bivio Pellegrini”.

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