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“IL BUON SENSO DI BERSANI: PRESTO SI TORNERA’ A DAR SPAZIO A GENTE SERIA”

30 Maggio 2020 Attualità giuseppe-zanella, la-parola-ai-lozzesi

di Giuseppe Zanella

(da uno scritto del saggista, Prof. Pierfranco Pellizzetti)

Leggo l’articolo di cui al titolo e mi sembra di intravedere “una piccola luce in fondo al tunnel”, fuor di metafora sembra proprio che il periodo aureo (si fa per dire!) della politica politicante, dannosa e deleteria che ha contraddistinto il dopo tangentopoli con l’avvento, prima dell’inqualificabile berlusconismo, poi della accozzaglia “destra-centro-sinistra”, indi del sinistro e parolaio ‘renzismo’ (che da rottamatore del sistema è finito per rottamare sé stesso), per finire al bieco leghismo (che con il ‘Capitano’ ha cambiato pelle e natura e da localista si è trasformato in partito su scala nazional-popolare, rimanendo comunque sempre intriso di demagogico ed inconcludente sovranismo-qualunquismo).

Perché dico questo? Il Prof. Pellizzetti ci rinnova la memoria e ci fa rivivere le vicende che hanno portato alla delegittimazione politica ed alla marginalizzazione dal protagonismo pubblico di un politico che aveva dato ampie prove di capacità tecnica e socio-economica di rilievo sia come governatore della Emilia-Romagna che come ministro dell’Industria. Alla fine, complici gli apparati politici dall’etica claudicante, interni al suo partito ma anche esterni ad esso, l’uomo, che poteva essere una autentica risorsa per la Repubblica, venne qualificato soltanto per la sua bonomia e per essere relegato al ruolo di “simpatica macchietta creatrice di metafore surreali”.

Il prof. Pellizzetti traccia la storia di questo lungo periodo di oscurantismo politico della Repubblica partendo dalla vicenda del 1.4.2013 con il faccia a faccia fra lo stesso Bersani e certi Vito Crimi e Roberta Lombardi, esponenti dei 5Stelle, incontro per tentare la formazione di un governo. Sappiamo tutti come è andata a finire… La disamina continua con l’ormai inarrestabile declino del berlusconismo e del suo ‘padre-padrone’ e con la successiva leadership sovranista del noto capitano, personaggio che ha messo in non cale il secessionismo bossiano da avanspettacolo; tutto prosegue con la narrazione delle contraddizioni di FdI della goliardica Meloni la quale parla adesso di ‘pericoli autoritari’, dimentica, proprio lei, del suo rifarsi alla ‘ideologia’ predappiana. A questo punto l’autore parla dell’avventurismo renziano, tutto teso ad inseguire a ritroso sul bagnasciuga del 2% il livello di consensi del suo competitore pariolino-naif, tale Carlo Calenda.

La disamina finisce con la citazione dei due dioscuri dell’ex PDS, Massimo D’Alema e Walter Veltroni, ormai ‘desaparecidi’, l’uno “evaporato nei suoi birignao, l’altro annegato nei fumi del proprio buonismo con retrogusto perfido”. Ebbene, in un panorama di tale squallore, sembra proprio che un personaggio come Bersani, già tanto vituperato e non più leader, abbia saputo assurgere con il tempo a voce caratterizzata da una virtù che sembrava perduta: IL BUON SENSO. Egli appare oggi come una sorta di saggio Nestore, utile per riflettere sui temi che dovranno essere affrontati nel prossimo futuro, quando cesserà il chiacchiericcio dei fautori del terrorismo verbale, ancora inconsapevoli di essere già morti ma che, imperterriti, seguono tuttora i loro miserevoli calcoli di bottega alla spasmodica ricerca di un consenso purchessia…

L’uomo di Bettola, al confronto dei così detti ‘terroristi verbali’, appare insomma un politico saggio, accorto e preparato, non certo indulgente al vittimismo ma tutto proteso a guardare al futuro, discostandosi dalla riva del fiume dove ha già visto passare vari cadaveri politici ed anche diversi morituri che si dibattevano nel vano tentativo di non affogare.

 

NB – Ai denigratori del nostro, ricordo alcuni provvedimenti realizzati dal ministro Bersani (governo Prodi) che vanno sotto il nome di lenzuolate: surroga dei mutui gratuita; chiusura e/o trasferimento dei c/c bancari gratuita; eliminazione del balzello della ricarica di schede telefoniche e pay-tv; i tagliandi auto effettuabili in qualsiasi officina, evitando magari quelle più onerose autorizzate dalla case automobilistiche ecc. ecc. Altri provvedimenti erano in itinere, quando la dabbenaggine di qualche parolaio-politico ha creato la crisi di governo, e così di altre ‘lenzuolate’ non si è più parlato.

Lapidario il giudizio di Bersani l’altra sera ad 8 e mezzo: “Renzi fa l’uovo di giornata per stare sui giornali il giorno dopo. Conte guida una panda quando ci vuole una Ferrari”. Come dargli torto?

il Pomata si ribella

22 Maggio 2020 Criticarium Itaglia, Curiosando covid-19, curiosando, scripta-manent, supercazzole

L’anguillone, al grido di noi veneti de qua e noi veneti de là, si dimena. Al tempo dell’istituzione delle zone rosse il Pomata, con indicibile sforzo, s’era rimesso in posizione eretta (di solito è pancia a terra, stile anellide), e, sguainando un’affilata retorica, aveva iniziato a menare orgogliosi fendenti all’indirizzo del damerino al gobierno  (già descritto come il NULLA) che lo voleva tutto rosso. Ecco il tribuno l’8 marzo:

Zaia: «No a “zone rosse” in Veneto, questa sfida si vince con le terapie»

Coronavirus e zone rosse, il Governatore Zaia: “Misura sproporzionata per la Regione del Veneto”

Coronavirus, Zaia: “Province Veneto devono uscire da zona rossa”

Coronavirus:Zaia per stralcio zona rossa. Decisione esagerata e inopportuna

(qui i link in ordine di apparizione: primo, secondo, terzo, quarto)

Come detto, tutto ciò l’8 marzo; ma il bello è che il Pomata, qualche giorno prima, rigirandosi nel fango, reclamava tutto il Veneto in zona rossa. Poi il povero fantolin, messosi a 90 gradi, il 10 marzo se l’era preso fino in fondo abiurando la propria fede rivoluzionaria (quella del gemello di qualche giorno prima). Adesso, giustamente – le terga violate di cui sopra non è tributo di poco conto, ne converrete – il Pomata reclama il lenitivo anche per sé. Speriamo che al danno non si aggiunga la beffa (capite che prenderlo due volte, la prima con inchino e la seconda mentre sparecchiava, non sarebbe proprio da condottiero).

 

Prov. di Belluno, marzo 2020: eccesso di mortalità di 0,3 decessi per comune

12 Maggio 2020 Cadore - Dolomiti, Dati e numeri utili covid-19, dati-numeri-utili, dati-provincia-belluno

Dunque, in riferimento al mese di marzo 2020 l’eccesso di mortalità per i 51 comuni della provincia di Belluno di cui si dispone dei dati è di 0,3 decessi in media per comune. Va detto subito, per quanto sia ovvio, che questa media è la media di Trilussa. Qualche giorno fa abbiamo segnalato i dati di Istat sui decessi “per il complesso delle cause e per Covid-19” nel primo trimestre 2020 confrontati con la media dello stesso periodo per gli anni 2015-2019. In relazione al mese di marzo la sintesi dell’eccesso di mortalità era questa: +94,9% per il Nord, +9,1% per il Centro e +2% per il Mezzogiorno.

Da quei dati abbiamo estratto, sempre in relazione al mese di marzo, quelli relativi ai comuni bellunesi che proponiamo nella tabella seguente, ordinata per percentuale di incremento della mortalità. Sì, è vero, Taibon ha avuto un incremento del 400%, passando da una media “storica” di 0,4 decessi (media degli anni dal 2015 al 2019) ai due decessi del marzo 2020. Ma anche il più incallito bevitore di rum non avrebbe il coraggio di imputare quell’eccesso di mortalità, 1.6 nel caso di Taibon, come causa attribuibile al coronavirus. Come si vede, a comuni che presentano un eccesso di mortalità rispetto alla media storica se ne contrappongono altri che presentano un difetto rispetto alla medesima: alla fine il “saldo” è di 15 decessi in più rispetto alla media storica che, rapportati ai 51 comuni, ci riportano alla media di 0,3 decessi per comune.

A livello aggregato (sempre marzo) il totale dei decessi storici 2015-2019 è pari a 152, quelli del 2020 sono stati 167, cioè i 15 in più, per un 9,8% a livello provinciale (si potrà poi andare ad imputarli a RSA o quello che sarà…). Se però prendiamo come periodo l’intero trimestre (gen-feb-mar) il totale dei decessi del trimestre storico fa 491,6 mentre, ma guarda un po’, quello del trimestre 2020 fa 469: 22 decessi in meno.

Restiamo in attesa dei dati di aprile considerando che, visto il ritardo con cui si sono manifestate in provincia le “dinamiche nazionali” (ciò in relazione al fatto che le curve nazionali dei casi diagnosticati e dei decessi hanno iniziato a decrescere solo negli ultimi giorni di marzo), l’eccesso di mortalità non potrà che aumentare. 

decessi per buona parte dei comuni della provincia di Belluno: medie 1 marzo 31 m1rzo 2015-2019 e decessi 1 marzo 31 marzo 2020

9 MAGGIO 2020: 42° ANNIVERSARIO DEL BARBARO ASSASSINIO DELLO STATISTA ON. PROF. ALDO MORO

11 Maggio 2020 Attualità giuseppe-zanella, la-parola-ai-lozzesi

di Giuseppe Zanella

Questa seconda commemorazione (vedi precedente intervento sul 75° anniversario della capitolazione del nazi-fascismo) ha per me un significato ed un rilievo di grande importanza trattandosi della morte violenta, per mano del terrorismo, di quello che era e resterà uno dei pochi, veri statisti nella storia del nostro paese: l’on. Prof. Aldo Romano Luigi Moro. Sono sempre stato un estimatore di questo uomo di scienza, di questo politico lungimirante, raffinato, sobrio, dalle vedute di lungo periodo e di largo respiro, uomo dotato di un forte senso dello stato e delle sue istituzioni. Bene lo ha definito il suo amico G.Battista Montini, papa Paolo VI°, in occasione delle solenni esequie, pur in assenza delle spoglie mortali dell’Uomo, quando parlò di lui come “uomo probo, buono e giusto”, un politico che sapeva cogliere le istanze più profonde della nostra società e tracciare, con vero acume e profonda sensibilità, le esigenze di sviluppo democratico e di incentivazione della base di consenso popolare nell’azione di governo.

Egli, come disse il giurista Prof. Ruffilli (altra vittima del terrore brigatista), era uomo che “intuì lucidamente l’accelerazione dello sviluppo storico attorno alle masse popolari in ascesa ed il loro rapporto per il superamento sia dello stato liberale che dello stato autoritario in una democrazia con al centro una persona umana più libera”. La figlia Maria Fida afferma che “l’eredità di Aldo Moro non esiste perché lui non ha eredi”. Il concetto di “eredità” individua, da un lato, le doti e le qualità superlative del de-cujus, dall’altro lato, il suo enorme patrimonio di idee che risultano sublimate in una visione elevata della società e dell’agire dell’uomo. E, nel caso del nostro, pur considerando la qualità di molti di coloro che lo attorniavano e lo stimavano (penso ai vari Zaccagnini, Bodrato, Galloni, Martinazzoli, Misasi ecc.), riesce anche a me difficile stabilire ed individuare eredi di un tale statista.

Uomo di scienza, dotato da madre natura di vivida intelligenza, ottenne molto presto la libera docenza in diritto penale presso l’università di Bari (ora a lui dedicata) ed il suo amore per l’insegnamento lo fece amare dai suoi allievi ai quali dedicava costanti attenzioni ed affettuose disponibilità. Giovane professore, si dedicò alla politica intesa come missione del cristiano “tutto d’un pezzo”. Fu eletto alla Costituente e subito si mise in luce agli occhi non solo dei parlamentari democristiani ma godette del rispetto e della considerazione anche dei maggiori esponenti di altri partiti. Molti articoli della nostra Costituzione sono stati opera sua, o da lui ispirati se non addirittura materialmente scritti (penso soltanto alla parte riguardante i “Principi Fondamentali” od a quella sui “Diritti e doveri dei cittadini”, con la elaborazione e stesura degli articoli 7 e 27, per non parlare del fattivo e sostanziale apporto prestato nella redazione dell’intera nostra Carta). Alcide De Gasperi apprezzava molto la versatilità e la preparazione del raffinato giurista della Magna Grecia ed anche Palmiro Togliatti espresse più volte ai suoi collaboratori la stima per questo personaggio dalla mente lucida e dalla inimitabile raffinatezza intellettuale.

Moro fu sempre eletto in Parlamento fin dal 1948 e fu, dapprima, giovanissimo sottosegretario agli Esteri, poi fu tutto un crescendo nella scala degli incarichi parlamentari e di partito: fu capo gruppo parlamentare della DC, più volte ministro, segretario politico della DC e per ben 5 volte Presidente del Consiglio. Con la sua visione politica di ampio respiro, egli fu l’architetto della apertura al PSI, dopo che i socialisti ruppero il patto di unità d’azione con il PCI a seguito dei fatti di Ungheria (1956). Il governo moroteo I°, con Nenni vice-presidente del Consiglio, fu un governo veramente attivo e riformista (nazionalizzazione energia elettrica, riforma della scuola, tra l’altro, con la media unica, prima riforma sanitaria con la ministra Tina Anselmi, sua devota sostenitrice ecc.). Venne poi il “tintinnar di sciabole” di nenniana memoria ed in quel frangente si dice che Moro, unitamente a Giuseppe Saragat, seppe tener testa ad un esausto presidente della Repubblica Antonio Segni, forse succube del tenebroso generale dei carabinieri De Lorenzo, teorizzatore del famigerato, dittatoriale “Piano Solo”, già in fase di avanzata attuazione.

In quella circostanza può ben affermarsi che Aldo Moro fu l’artefice del salvataggio della democrazia nel nostro Paese. Con il tempo, Moro teorizzò poi un ulteriore apertura per dare una più ampia base parlamentare al governo del paese, prima con la così detta “strategia della attenzione e dell’ascolto”, cogliendo così le prime avvisaglie del distacco del PCI dalla scuola di Mosca (teoria dell’”Euro comunismo”), in questo attuando una certa sintonia ed un ‘idem sentire’ con Enrico Berlinguer circa l’esigenza di un ammodernamento delle strutture statuali e quindi, giustappunto, di un rafforzamento della base democratica del paese; poi attuando una politica concreta di coinvolgimento (“Compromesso storico”) attraverso un appoggio esterno all’esecutivo da parte del più importante partito comunista occidentale. Va ricordato che nelle elezioni del 1976 la DC aveva ottenuto il 38,71% dei voti, mentre il PCI aveva raggiunto la mai fino ad allora toccata soglia del 34,37% del consenso elettorale. I due partiti insieme avevano raggiunto un inimitabile consenso pari al 73,08 % dell’intero corpo dei votanti: e questa considerazione dava a Moro ed al suo nuovo alleato la giusta valutazione che i tempi erano maturi per la attuazione di un accordo programmatico.

Due talenti politici si erano finalmente intesi per una politica di riforme da attuare in consonanza con le esigenze di entrambi gli elettorati ed a beneficio di una più ampia platea di cittadini e lavoratori… Ma il contesto internazionale dell’epoca era ancora quello basato sulla delimitazione delle zone di influenza stabilite a Yalta. Si era insomma in piena guerra fredda e agli USA certamente non piaceva lo sbocco politico che si stava instaurando in Italia, nazione cuscinetto nella politica internazionale dell’epoca. E non piaceva neanche all’URSS, che trovava ormai nel PCI un partito che anelava all’indipendenza dalla casa Madre (dopo i fatti di Praga del 1968). Sono note e mai smentite le minacce subite da Moro ad opera di un certo Henry Kissinger, segretario di Stato Usa, noto anche per essere stato l’ispiratore del golpe cileno del 1973. Quel 16.3.1978 doveva vedere la nascita di un esecutivo con il voto di fiducia ‘esterno’ del PCI (il primo accordo dopo le vicende della estromissione degasperiana del 1947…).

Ma proprio in quelle ore doveva avvenire l’irreparabile con l’assassinio della scorta dell’on. Moro ed il sequestro di quest’ultimo da parte di un gruppo di fuoco delle così dette BR. Conosciamo il tragico epilogo della vicenda umana dello statista democristiano. In questi giorni ho letto le cronache del tempo; ho letto soprattutto gli scritti di Danilo Campanella e di Paolo Cucchiarelli. Dicevo, in apertura, che sono stato da sempre, sono e resto un profondo estimatore del leader democristiano; nel Maggio/Giugno del 1978 visitai Roma ed il mio amico Dr Casoni mi accompagnò al Trionfale (dove Moro abitava) e sulla tomba provvisoria del martire democratico a Turrita Tiberina. Ebbi colloqui con vari esponenti politici dell’epoca e tutti erano fin da allora alquanto concordi e scettici sulle versioni propinateci dagli esecutori materiali dell’eccidio. Ora Paolo Cucchiari scrive che risulterebbe assodato che Moro fu segregato in ben 4 covi e che molte delle fantasiose vicende di quell’epoca furono oggetto di depistaggi ad opera di entità in parte note ed in parte ancora da individuare.

Innumerevoli in ogni caso sono rimasti i punti interrogativi sulla intricatissima vicenda. Traspare, comunque, con una certa attendibilità e rimane assodato che l’azione terroristica fu abilmente usata da forze occulte interne ed esterne che volevano eliminare lo statista Aldo Moro dalla scena politica italiana. Sulla scena del delitto c’erano o non c’erano (foto di quel tragico giorno lo dimostrerebbero) agenti dei servizi USA ed agenti italiani? Perché il comitato costituito da Cossiga era composto da soli elementi della P2 e con la presenza di consulenti USA? Ho citato solo questi due elementi strani nel dipanarsi tragico della vicenda, ma molti restano i misteri che neanche l’ultima, ennesima commissione di indagine presieduta da Giuseppe Fioroni è riuscita a fugare (anche se alcune vicende sono state meglio ‘lumeggiate’; ma la secretazione per 50 anni significa solo che alcune cose emerse sono per ora del tutto inconfessabili…).

Resta comunque un punto fermo e cioè che la eliminazione di Aldo Moro segna uno spartiacque nella politica italiana e da allora la visione alta della politica è scomparsa dai radar italiani. La morte di Moro segna insomma il fallimento dell’ultimo progetto di rigenerazione del sistema politico italiano basato sul ruolo delle grandi forze politiche popolari; e questo a circa 30 anni dal compromesso costituzionale fra De Gasperi e Togliatti circa la stesura della nostra Carta, egregio esempio di convivenza civile e democratica (Patti Lateranensi inclusi).

Impressionante il vaticinio di Moro tratto da una sua lettera dalla assurda prigionia: “Io ci sarò ancora come un punto irrinunciabile di contestazione e di alternativa”!!

COMPENDIO:

Di quelle tragiche, drammatiche giornate, restano dei documenti di inestimabile valore scritti dal martire Aldo Moro, che ben chiariscono e suffragano la nomea ‘Paolina’ di “uomo probo, buono e giusto”. Parlo delle dolcissime lettere scritte alla moglie di cui riporto un piccolo stralcio:

“…Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo”.

NB- Su istanza di un vescovo campano, è in corso il processo canonico per la beatificazione di Aldo Moro.

 

9 MAGGIO: UNA DATA MOLTO SIGNIFICATICA PER L’UMANITA’ E PER L’ITALIA

10 Maggio 2020 Attualità giuseppe-zanella, la-parola-ai-lozzesi

di Giuseppe Zanella

Oggi ricorrono due importantissimi anniversari: il primo che ha segnato il corso della storia umana, ossia il 75° della entrata in vigore della capitolazione della Germania con la fine dell’immane catastrofe di un conflitto globale che ha insanguinato, con milioni e milioni di morti, l’intero pianeta; il secondo che ci riguarda molto più da vicino, temporalmente e geograficamente ma non per questo meno ‘impattante’, ossia il 42°dell’esecrando assassinio dell’on. Aldo Moro, il grande statista democristiano barbaramente trucidato dalle BR (BR: strumento ‘cosciente’ od ‘incosciente’ di ben più raffinati e potenti poteri forti?). Una data storica quindi dal rilievo decisivo e duplice: vuoi, in generale, per l’intera umanità, vuoi, nello specifico, perla vita politica, sociale e civile della nostra nazione. In questo intervento parlerò soltanto della prima ricorrenza, riservandomi di trattare della seconda nei prossimi giorni.

Se in quel giorno del 1945 la firma apposta dal feldmaresciallo Jodl davanti ai quattro rappresentanti delle potenze vincitrici rappresentò un punto fermo nella lotta alla barbarie nazista, si dovette attendere il successivo mese di Agosto per porre veramente fine all’immane conflitto che ancora divampava ad oriente e ci volle (purtroppo) l’uso di ben due ordigni nucleari per piegare l’indomita volontà degli imperialisti giapponesi e rendere così il pianeta libero finalmente da teatri di guerra. Sembrava allora, anche per effetto della Dichiarazione di S. Francisco che aveva segnato la nascita dell’organismo internazionale (Onu), sostituto della ‘vetusta’, ginevrina Soc. delle Nazioni, che la pace dovesse da quel Maggio e da quell’Agosto ‘45 regnare sovrana sul pianeta. Ma non era così e, purtroppo, non sarebbe stato così!!

Già la firma della resa tedesca aveva manifestato preoccupanti segni di una nuova, perigliosa realtà che sarebbe andata sotto il nome di ‘Guerra fredda’ e di divisione dell’Europa in due blocchi con la creazione della così detta ‘Cortina di Ferro’, il bel risultato della conferenza di Yalta. Il plenipotenziario Alfred Jodl, quel 7 maggio della resa a Reims, aveva irritato fortemente i sovietici facendo forse intendere di voler attuare una pace separata con gli americani, con evidenti finalità di contenimento dell’URSS. Le cronache raccontano di una ferma presa di posizione del comandante supremo americano, gen. Eisenhower, che consentì ai sovietici di ripresentarsi, alle ore 2.41 nella stessa scuola di Reims, per la firma ufficiale della resa incondizionata tedesca a tutte le forze della coalizione vincitrice. E sappiamo tutti come le zone di influenza fossero poi la cagione dell’espansionismo sovietico nell’Europa dell’Est e della nascita della Nato nel 1949 e del successivo, contrapposto patto di Varsavia…

E fu questa la coesistenza del terrore nucleare ed il lungo periodo di una battaglia ideologica senza esclusione di colpi durata fino al 1989!!… E per unificare le tre zone di occupazioni occidentali e dar luogo alla Repubblica Federale, soprattutto gli americani si servirono a piene mani delle strutture e della burocrazia ex nazista; questo lo si vide negli apparati del ministero della Giustizia, in quello dell’Università ed anche nel ricostituito Esercito Federale, il tutto con le ovvie ripercussioni in termini della mancata radicale denazificazione nei gangli vitali del nuovo stato… Fu, insomma, un confronto serrato con molti pericoli corsi di trasformare la ‘guerra fredda’ in una concreta contesa di natura nucleare: basti pensare alle varie crisi superate per il rotto della cuffia, ossia all’ultimo momento, in extremis: crisi di Suez e della concomitante invasione sovietica dell’Ungheria (1956), crisi di Berlino e successiva erezione del muro, la guerra di Corea, poi del Vietnam e dell’Hafganistan, la crisi di Cuba (forse la più pericolosa).

Senza contare il confronto ideologico più in generale, a livello planetario, fra l’Occidente capeggiato dagli USA e l’Oriente capeggiato dall’URSS. Tutto sommato, però, il mondo, con l’equilibrio del terrore, evitò sempre- seppur stentatamente-un confronto cruento fra le due potenze egemoni. La contesa trovò la sua conclusione nel 1989 con la caduta del muro di Berlino ed il crollo della Unione Sovietica dovuto a varie concause, in primis il fallimento di natura economica delle politiche pianificatorie del fu marxismo-leninismo e degli sperperi di natura militare per la gara ingaggiata con gli USA per l’egemonia planetaria assoluta. Un ruolo di rilievo lo giocò sicuramente la Chiesa Cattolica con l’innesco della crisi polacca: classica goccia che fece traboccare il vaso…

Dopo questa fase storica caratterizzata da una lotta fra Ovest ed Est, assistiamo ora ad un confronto, forse ancora più foriero di guai, che si sta evolvendo in una “guerra mondiale a pezzi” (definizione di Papa Francesco) fra sud e nord del pianeta, fra massimalismo religioso di certo islamismo, contrapposto ad una civiltà di prevalente matrice cristiana; in sostanza, si tratta di una drammatica lotta ideologica fra paesi usciti da decenni da un bieco colonialismo ed in cerca di un riscatto socio-economico ed alcuni paesi, così detti ‘ricchi’, che hanno alle volte adottato politiche di un sofisticato sfruttamento attraverso forme più moderne ma pur sempre ispirate ai vecchi criteri del protettorato e della sopraffazione economica.

Come non ricordare l’accorato appello di Paolo VI “sui popoli della miseria che interpellano i popoli della opulenza”? Da dove crediamo che nascano gli estremismi più pericolosi ed abbietti (riferentesi, purtroppo, anche ad aspetti religiosi aberranti e giustificanti persino la violenza più atroce) se non dalla miseria, dalle carestie, dall’assenza di lavoro, dalle malattie e dalla denutrizione di intere popolazioni, ivi compresi donne, vecchi e bambini?? E l’egoismo di certe realtà politiche, di certi Stati sono la cagione dei mali della nostra epoca!! Basti pensare alla posizione olandese, tedesca e dei paesi del nord Europa verso i bisogni odierni dell’Europa mediterranea, oppure agli ‘egoismi’ ungheresi, polacchi, slovacchi in materia di accoglienza degli immigrati…

(NB – A breve tratterò dell’altro anniversario, il 42° del barbaro assassinio dell’on. Prof. Aldo Moro)

Alto Adige: in vigore la legge provinciale per la fase 2

8 Maggio 2020 Criticarium Itaglia covid-19, trentino-alto-adige

Qui la nota della Amministrazione Provincia Bolzano di questa mattina che dava notizia dell’approvazione della legge provinciale (qui link per eventuale download) necessaria per affrontare le fase 2

Approvata nella notte la legge provinciale che fissa autonomamente tempi e modi della Fase 2. La nuova normativa entra subito in vigore.

Il Consiglio ha approvato nella notte con 28 sì, 6 astensioni e un voto contrario la legge che determina le misure per il contenimento del contagio del Coronavirus e “la ripresa graduale delle libertà di movimento delle cittadine e dei cittadini, delle attività economiche e delle relazioni sociali”. Il disegno di legge era stato approvato la scorsa settimana dalla Giunta provinciale. Dopo che la prima fase dell’emergenza è stata affrontata in modo unitario in tutto il territorio nazionale, “la Provincia vuole affrontare questa Fase 2 all’insegna dell’applicazione della nostra autonomia”, ha sottolineato il presidente Arno Kompatscher. “Al centro mettiamo la sicurezza e il senso di comunità. Questa Fase 2 e la ripartenza possono avere luogo solo se tutti si attengono alle regole. Confidiamo pertanto nell’autodisciplina e nel senso di responsabilità dei cittadini”, ha aggiunto. […]

Il video della conferenza stampa dovrebbe partire al minuto 30:00 per la parte italiana; al minuto 36:25 la domanda relativa all’eventuale impugnazione della legge da parte del governo.  Vedremo che faranno gli scappati di casa della bananiera repubblica: Boccia in visita qualche giorno fa si è dilungato in volemose ben di qua, di là, di su, di giù ma non ha detto un cavolo di niente: vuoto cosmico, rarefazione totale, il nulla pesa di più. 

Un bel in bocca al lupo all’Alto Adige!

(poi c’è il Pomata, che vorrebbe ma non può: xe ncora drio spetar la motonomia, quea che dovea rivar soto l’albero de Nadal del 2018)

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