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compra italiano (ma anche no)

24 Marzo 2020 Cadore - Dolomiti, Criticarium, Curiosando, Giornalando curiosando, giornalando, itaglia

Il servizio Alert di Google mi recapita giornalmente una selezione di ricerche per parola chiave: tra le varie, ieri m’è arrivata questa perla. L’argomento è il “compra italiano”, slogan ciclico che è solitamente brandito dai Fratelloni d’Italia per titillare il gregge, ma che è utilizzato anche dal letame piddino e dalla feccia pentastallata (da stalla, di stella non c’è più niente). Slogan declinato a livello più local, vedi compra veneto, anche dai legaioli.

Ordunque, ecco lo slancio patriottico:

Il decreto Cura Italia è un piccolo cerotto contro questa enorme piaga che ci sta colpendo, e tutti noi deputati dobbiamo lavorare per migliorare il provvedimento e aiutare le nostre imprese e le famiglie italiane». Cominciando, ad esempio, dall’acquisto di prodotti italiani. De Carlo lancia un appello: «Quando andate a fare la spesa, uno per famiglia, comprate italiano: siamo l’eccellenza eno-gastronomica, agricola, lattiero-casearia a livello mondiale, possiamo rialzarci anche questa volta. Comprando italiano acquistiamo prodotti di qualità e aiutiamo i nostri produttori in questo drammatico momento».

Lo slogan, di per sé vuoto e senza alcun senso nel corso della vita normale, durante fasi emergenziali come l’attuale fa tuttavia tenerezza. Anche perché lo slogan è poi ripreso da uno stuolo variopinto che, dopo il primo belato lanciato dalle pecore per qualche ragione più in vista, è ripreso dal resto del gregge fino a montare in sinfonia autarchica.

Prima di andare all’asilo impari che un prodotto/servizio viene comprato perché soddisfa un bisogno. Se tu compri quel prodotto, lo fai perché quel prodotto soddisfa, meglio di altri, un tuo bisogno. La soddisfazione è un mix di prezzo, qualità, velocità di consegna, eventuale assistenza pre e post vendita, influenza pubblicitaria e bla, bla, bla.

Poi, tra il primo e il secondo anno di asilo, impari che se la popolazione di ogni stato comprasse solo i prodotti fatti nel proprio stato le esportazioni non esisterebbero. Al terzo anno impari che l’Italia è un paese eminentemente esportatore: senza esportazioni, cioè i prodotti che qualcun altro compra da te, l’Italia si accartoccerebbe. Ovviamente non c’è alcun obbligo di reciprocità: se gli altri comprano i tuoi prodotti non sei obbligato a comprare i loro (a meno che non soddisfino i tuoi bisogni meglio di altri).

Del resto, tutta l’energia che è necessaria per mantenere il comparto agro-alimentare italiano viene tratta dalla biodigestione delle deiezioni canine, raccolte da ogni angolo dello stivale e portate ai biodigestori regionali tramite corriere espresso. E come la mettiamo con la pasta “italiana” fatta con grano… ehm… ebbene sì, importato? Con il grano prodotto su suolo italico si produce la pasta da noi consumata in quattro mesi quattro. E durante gli altri mesi che facciamo? Eia, Eia! Alalà! e ci lanciamo con un’intrepida incursione in territorio ostile a strappare gli steli dorati?

Detto ciò, vale la pena ricordare che l’agro-alimentare è un settore a basso se non bassissimo valore aggiunto. Ciò vuol dire che se per un motivo qualsiasi devi stringere la cinghia, del grasso di Colonnata te ne frega niente, perché quello che ti serve – proteine, grassi e carboidrati – li trovi dovunque.

Visto che ci siamo, vale la pena ricordare che un altro settore a basso valore aggiunto è il turismo. Eh sì, ce la meniamo tutto l’anno con la storiella del turismo-petrolio-d-Italia, ma non ci entra in testa che il settore è da terzo mondo: se prendi un paracarro e gli insegni due ricette, quello dal giorno dopo ti fa ristorazione. Se prendi un coglione qualsiasi che ha a disposizione qualche stanza libera, dal giorno dopo ti fa accoglienza: stai di più a schioccare le dita. Per fortuna abbiamo anche punte di diamante nel settore dell’alta tecnologia, primo fra tutti quello lattiero-caseario.

Poi c’è anche quello che ti dice non solo di comprare prodotti italiani, ma di farti anche la vacanza in Italia. Un altro che ha capito tutto. 

(se tu non compri la feta greca, non ti lamentare poi se il greco preferisce la Sierra Nevada alle tue Dolomiti: il prodotto non è la Sierra e non sono le Dolomiti: il prodotto è la vacanza, e io in vacanza vado dove cazzo mi pare, ooops, vado dove i miei bisogni vengono soddisfatti al meglio)

Se il #compraitaliano si riferisce ad uno stato “emergenziale” si può anche capire, ma la storiella deve durare due giorni, due settimane, facciamo un mese, poi torna ad essere quella che è: una grande e strepitosa stronzata.  

chi cerca, trova (o del libro del Maestro Essio)

23 Marzo 2020 Cultura, Curiosando, Mondo Ladino noi-ladini, storia-di-Lozzo

Uno spirito cufoleto, ridendo e scherzando, mi ha informato che sul gruppo Lozzo di facebook sono state pubblicate alcune pagine tratte dal libro del maestro Ezio Baldovin: “Pagine di storia e itinerari turistici di Lozzo di Cadore”. In un commento si esprimerebbe il desiderio di pubblicarlo per intero, ma si avanzano dei dubbi riguardanti problemi di copyright.

Va detto, per inciso, che l’edizione curata dall’allora amministrazione comunale di Lozzo e pubblicata nel 1983 è stata consegnata ad ogni famiglia. Detto questo, informo che la prima edizione del libro (1931), cui mancano ovviamente le brevi integrazioni introdotte nell’ultima edizione del 1983 (che però non riguardavano gli aspetti storici), dal 2010 è online a questo indirizzo.

Informo inoltre che a questa pagina, postata nel 2009, è pubblicato l’elenco dei libri della sezione “Storia locale” presenti nella Biblioteca comunale di Lozzo di Cadore alla data del 31.12.2008. Essendo un semplice file di testo la ricerca si può fare con le solite modalità, cioè premendo il tasto F3. 

Chi cerca, trova. 

“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto” (Matteo, 7, 7-8, Luca 11, 9-13).
 

“Quando tutto sarà finito”

22 Marzo 2020 Attualità giuseppe-zanella, la-parola-ai-lozzesi

di Giuseppe Zanella

In questi drammatici giorni cerco di tenere la mente occupata il più possibile al fine di non cadere in una cupa depressione: è questo il suggerimento che ci viene dato da molti esperti e che io cerco di seguire il più possibile. Leggo molto, scrivo e faccio qualche ricerca in ambito locale, in particolare analizzando il lavoro dei più importanti storici cadorini. Oggi, però, la mia attenzione è stata rivolta alla lettura di un intervento sulla rete di un “front-page-editor, tale Fabio Luppino, a me fin qui non noto, ma il cui valore si intuisce fin dal titolo e dalle prime righe del suo stringato e profondo disquisire. Il titolo del presente mio intervento appare virgolettato proprio perché ricalca quello dell’apprezzato giornalista sopra richiamato.

Quando tutto sarà finito, dice in sostanza l’estensore del ‘pezzo’, ci accorgeremo di aver vissuto sospesi su di un precipizio con nelle vicinanze un “avversario invisibile e costantemente in agguato”. Ed in quel momento potremo ben dire di non volere più uno Stato che disinvesta sul bene primario in assoluto: la nostra salute. A quel punto, avremo la forza di pretendere ospedali, scuole, sicurezza, trasporti efficienti, più investimenti nella ricerca e più garanzie per ambienti di lavoro sicuri, evitando le troppe morti fin qui registrate (il web ci fa oggi vedere medici ed infermieri, fra le cui categorie molti sono ormai i ‘contagiati’ e perfino i deceduti, costretti ad indossare improbabili camici confezionati con i sacchi neri delle immondizie al posto delle collaudate tute a “tenuta stagna”, adesso carenti nei magazzini); e la vista di questa carenza di idonei mezzi protettivi per questi eroi delle corsie fa veramente molto male al cuore ed alla mente dei cittadini, in particolare al cuore dei congiunti degli ammalati gravi.

Ancora, quando tutto sarà passato, tutti diremo con determinazione di non voler più vivere in un Paese di medici eroi, ridotti a limiti estremi o deceduti sul campo per colpa di certe leggi economiche restrittive che non ci hanno consentito di avere quello che ci serviva, quando ci serviva: mascherine, guanti, camici, dispositivi per la terapia intensiva, posti letto adeguati, organici non deficitari. Alla fine di questa pandemia, potremo permetterci di irridere i populisti, i demagoghi, i politici imbelli, gli amministratori in perenne diretta facebook o sulle tv a ‘pontificare’ nella loro inefficace prosopopea… Dimenticheremo allora anche la guerra contro i diversi, i derelitti, gli immigrati, guerra che ci era stato detto essere fondamentale per salvare il nostro paese. Non erano questi derelitti che ci stavano accerchiando e ci minacciavano; la minaccia, l’avevamo in casa e l’accerchiamento ce l’ha creato un pernicioso microorganismo, non certo una massa di diseredati che molti di noi hanno respinto con il cuore, se non proprio nei fatti.

Quando tutto sarà finito, capiremo meglio le loro lacrime avendo sperimentato le nostre e la nostra impotenza verso un nemico così subdolo. In quel momento potremo pretendere una Europa a misura d’uomo, non quella dei banchieri, dei burocrati, degli speculatori, degli Stati egoisti, ma l’Europa intesa come un unico grande Paese. Solo allora ci verrà in mente e ci sarà chiaro che Germania e Francia hanno consentito che scattasse un minimo di solidarietà solo perché il micidiale nemico ha colpito anche loro. Le regole, insomma, non contano più, solo perché quelli che le hanno cinicamente volute e caldeggiate sono loro stessi sull’orlo del burrone.

Ma visto che si parla solo di sospensione delle rigide regole di bilancio fin qui invalse, è il caso di tenere alta la guardia affinché, a “trambusto” cessato, non si ritorni celermente alle condizioni antiche, privilegiando nuovamente gli interessi di coloro che hanno sempre saputo imporre la loro volontà ed i loro peculiari interessi. Tutto dovrà cambiare senza dannosi ripensamenti e richiami della foresta. L’Europa dovrà essere quella vagheggiata da De Gasperi, Adenauer e Shumann, l’Europa di Altiero Spinelli e Rossi.

zaiatraz

21 Marzo 2020 Criticarium, Curiosando curiosando, scripta-manent, supercazzole

Il noto tartarugologo e stellecadentologo nonché presidente della Regione del Veneto (governatore, oltre ad essere improprio – non è presente nell’ordinamento italiano, è un’invenzione giornalistica – parrebbe compito alquanto impegnativo) ha firmato un’ordinanza nella quale mette una cavigliera da 200 metri alle persone che intendono fare attività motoria. Provvedimento idiota. 

Nel caso in cui la motivazione degli spostamenti suddetti sia l’attività motoria o l’uscita con animale di compagnia per le sue necessità fisiologiche, la persona è obbligata a rimanere nelle immediate vicinanza della residenza o dimora e comunque a distanza non superiore a 200 metri, con obbligo di documentazione agli organi di controllo del luogo di residenza o dimora;

Non sanno più dove battere la testa e devono trovare un nuovo capro espiatorio – untore: quello che si fa la corsetta. In Lombardia il 75% delle fabbriche non ha chiuso… ma il problema è la corsetta. Provvedimento idiota.

E’ evidente anche alla piattola meno brillante che l’assembramento va evitato, senza alcun dubbio. Ma se devi “combattere” l’assembramento colpisci l’assembramento: è come se, per evitare i furti, obbligassi tutti a stare a casa. Provvedimento idiota.

Tanto più che se abito in piazza, posso fare 200 m per via Roma in ambo le direzioni, poi 200 m lungo via Piave, 200 m lungo via P. Marino, 200 m lungo via Marmarole, 200 m lungo via Giouda, 200 m lungo via Col Vidal e 200 m lungo via Broilo. Provvedimento idiota.

Tanto più che, non avendo la possibilità di cui sopra, posso sempre misurare col metro i 200 metri dalla mia dimora e poi compierli 10 volte, 20 volte, 30 volte di fila, incontrando “n” volte Toni, Nani e Bepi. Mentre se io mi inoltro nel bosco per 5 km non trovo neanche Yoghi e Bubu. Provvedimento idiota.

Dovreste sapere che camminando normalmente si percorrono 4 km in un’ora, cioè un km in 15 minuti. In un minuto ci si sposta di 70 metri: per arrivare a 200 metri ci vogliono 3 minuti 3. Provvedimento idiota.

Per dire di aver fatto una passeggiatina-ina-ina devi aver fatto due chilometri, altrimenti hai solamente messo il naso fuori di casa. Poi, certo, a Cortina devi evitare di passeggiare in corso Italia.

Per dire, ancora, dell’idiozia. Se chiedi alla piattola di trovarti un sistema per creare delle code ai supermercati lei ti risponderà: accorcia l’orario di apertura. Fatto.

(diceva quello: noi ci siamo seduti dalla parte del torto perchè tutti gli altri posti erano già occupati)

Il titolo iniziale che volevo dare al post era “son 210, che faccio, lascio?”, poi ho pensato ad Alcatraz.

(idiota è il provvedimento: sul resto ho ancora delle riserve)

(via @Labbufala)

L’ANGOSCIA E L’OSSESSIONE DA CORONAVIRUS

15 Marzo 2020 Attualità giuseppe-zanella, la-parola-ai-lozzesi

di Giuseppe Zanella

Durante tutto il mese di Gennaio ho seguito con apprensione le notizie sulla diffusione cinese e coreana dell’insidioso virus che stava mietendo vittime e procurava indicibili sofferenze a quelle popolazioni. La desolazione alla vista delle immagini di una metropoli di 11 milioni di abitanti deserta e spettrale suscitava ogni giorno un sentimento di scoramento e di pena per tanta afflizione ed indicibili patimenti sofferti da un popolo disciplinato e ligio alle istruzioni impartite, seppur non proprio tempestivamente, dalle autorità. Quello che più impressionava (ed impressiona) era (ed è) la assoluta non conoscenza di questo agente patogeno e la sua estrema contagiosità, tanto che, in breve tempo, una enorme comunità distrettuale di ben 60 milioni di abitanti (pari alla intera popolazione italiana) si è dovuta drasticamente chiudere in una rigida quarantena.

Quello che lascia sconvolti è che nessuna specifica cura sia allo stato disponibile e si possa utilizzare per tale flagello, se si escludono alcune terapie a titolo sperimentale, già in uso per altre affezioni virali già conosciute; nei casi poi più gravi con polmoniti, definite “strane” da alcuni virologi, si è obbligati a far ricorso alle terapie intensive… La vista delle corsie di questi reparti di alta qualificazione per un supporto ossigenante ai malati, assistiti da personale medico ed infermieristico, munito di appositi ‘scafandri’ antivirus, costituiva (e tuttora costituisce) qualche cosa di veramente scioccante. In questo quadro la cui drammaticità lasciava allibiti, la gente era però propensa a ritenere che un tale flagello sarebbe stato arrestato in quelle lontane realtà, senza propagarsi ad altre nazioni. L’esorcizzare una tale eventualità di propagazione era evidentemente cosa da profani, sol che si pensi al fenomeno della globalizzazione i cui effetti, con la celerità odierna delle comunicazioni e degli scambi, nella fattispecie, sarebbero certamente risultati deleteri.

E così l’insidioso morbo è giunto da noi, propagandosi quasi subito in modo esponenziale. Noi italiani siamo stati i primi a sperimentare, in occidente, un tale pernicioso evento che sta manifestando una virulenza che, oggi come oggi, ci lascia esterrefatti. Le Autorità, pur con qualche deplorevole tergiversazione ed incertezza sulla “primigenia” valutazione dei provvedimenti da adottare, si sono mosse, in questi ultimi giorni, con la adozione di provvedimenti alquanto drastici e condivisibili, il tutto al fine di arginare il diffondersi del contagio. Ma il quesito fondamentale resta questo: le nostre strutture sanitarie sono in grado di far fronte alle ancor maggiori e prevedibili esigenze e necessità che la tristissima congiuntura dovesse presentare? Soprattutto, la disponibilità di strumentazioni e posti letto per la terapie intensive potranno risultare sufficienti per affrontare adeguatamente le possibili ancor più eclatanti emergenze si dovessero prospettare nelle prossime ore e giorni?

Ed il personale medico specialistico (rianimatori, anestesisti ecc.) sarà in numero sufficiente, dopo il calo recentemente registrato nelle piante organiche e per i contagi che hanno interessato anche questi eroi della corsia? E’ di oggi la notizia che Bergamo e Brescia sono allo stremo e che si è deciso di spostare in certi ospedali siciliani e pugliesi diversi ammalati; e ciò suscita apprensione, anche per le vicende dei blocchi alle frontiere e delle decisioni di certi paesi a noi vicini di bloccare il transito di attrezzature e strumentazioni mediche urgenti e necessarie (esempio: normativa tedesca per il sequestro di tali materiali per le necessità interne che si stanno prospettando anche nella Repubblica Federale di Germania…). Per inciso, va sottolineata la disponibilità dimostrata soltanto dai cinesi verso la nostra emergenza, ora che la situazione nella Repubblica Popolare sta migliorando…

In questo contesto per noi desolante, va doverosamente ricordato che i tagli drastici, irrazionali e vergognosi operati negli ultimi anni nei settori “strategici”, quali Scuola, Giustizia, Forze dell’Ordine ecc., hanno interessato soprattutto la Sanità con ridimensionamenti nei posti letto, nelle strutture primarie, negli organici, e tutto ciò giustifica ampiamente, purtroppo, le assillanti domande e quesiti sopra riportati. Dio non voglia che, nel prosieguo dell’emergenza, ci si debba trovare nel dilemma di dover scegliere chi salvare e chi non salvare per incapienza strutturale dell’intero sistema sanitario. Il bollettino di guerra che quotidianamente apprendiamo dalla tv e sul web fa veramente accapponare la pelle. Ora la gente sembra aver capito l’esigenza di tentare di bloccare o ridurre i contagi restandosene chiusa in casa e gli italiani sembrano essere attualmente consci della esigenza di salvaguardare gli altri (soprattutto i propri cari) e sé stessi da un pericolo immanente.

Avere paura è umanamente comprensibile ma lasciarsi prendere dall’angoscia potrebbe forse risultare dannoso e controproducente. Si dice che questo morbo colpisca specialmente gli anziani e che sia molto pericoloso per chi soffra già di altre patologie. Una virologa ha parlato di una previsione che il contagio raggiunga perfino il 60/70% della popolazione. L’auspicio è che la terribile ipotesi rientri soltanto in una casistica estrema. Che il buon Dio ce la mandi buona. Dobbiamo essere consci che in ballo non è soltanto la nostra vita, ma soprattutto quella dei nostri cari e di chi ci è vicino. La mia vera ossessione è quella di non essere di nocumento a tutti i miei famigliari e pertanto cerco di starmene “riguardato” e ligio alle disposizioni.

vicentini magna-gati (morti), cinesi magna topi (vivi)

28 Febbraio 2020 Curiosando, Giornalando curiosando, giornalando, supercazzole

La privazione del sonno, ancorché per una nobile causa, prima o poi porta il conto. Zaia, il nostro astrofilo di quartiere (ha tanto a cuore le geminidi) nonché fine erpetologo (si commuove quando le tartarughine appena nate corrono verso il mare) s’è improvvisato anche scrupoloso igienista, individuando nella pratica di mangiare topi vivi il segno di una trascurata igiene da attribuirsi ai cinesi. Da oggi varrà per sempre il detto vicentini magna-gati, cinesi magna topi (gli uni morti, gli altri vivi).

 

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