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Bossi dallo spauracchio della secessione al gracile federalismo di questi giorni

20 Settembre 2011 Criticarium Itaglia bossi, federalismo, nazional-politik, tra-le-righe

Sono già tornato fin troppo indietro con i ricordi per tratteggiare cos’era e cosa doveva essere la Lega nel post com’era verde la mia Lega. Un po’ di tempo prima, tuttavia, scrivevo anche che con questa Lega non ci si spara più neanche una … .

A Venezia alla “Festa dei popoli padani” Bossi ha avuto un rigurgito di secessionismo. Era ora. Se non fosse che non ha gli strumenti per orchestrare la miglior cosa che potrebbe capitare a questa Italia. Miglior cosa che non è il secessionismo così come lo vogliono dipingere. Per La Lega esso non è mai stato inteso come momento disgregativo dell’unione dei “popoli italiani”, unione che non è mai stata in discussione.  Secessione ha semplicemente il valore di un affrancamento del Territorio (con la T maiuscola, che coinvolge anche le genti che su di esso vivono con tutti i valori connessi) dal giogo del “Centralismo”.

Ma lui deve parlare alla pancia della gente. Non conosco nessun leghista che si rifiuti di pensare ad una “difesa” dello Stato, qualora vi fosse il bisogno di garantirla, che non sia “unitaria”. Ma l’unità dei popoli non può continuare a coincidere con l’unità della macchina centralista in termini fiscali. Ovvio. Se non ci fosse stato Bossi e la sua ascesa “asintotica”, la destra-sinistra non si sarebbe cagata sotto come invece è successo e non avrebbe mai neanche pronunciato la parola “federalismo”.

Bossi diceva nel 1995 cose che apparivano lunari. Oggi si trovano su internet e vanno formando, sedimentandosi, una nuova coscienza. Gli Open Data saranno il futuro dell’informazione e costituiranno la base da cui iniziare a fare i ragionamenti. Io voglio disporre di dati che descrivano situazioni, voglio misure socio-econometriche che indichino lo stato di benessere (o malessere) del mio Territorio di riferimento. Io voglio poi avere la possibilità di architetttare delle soluzioni che possano attingere alle risorse che questo Territorio ha a disposizione. Tu Stato non devi più poter depredare la ricchezza creata dal mio Territorio per alimentare spese che non sono sotto il mio diretto controllo, a maggior ragione se servono per creare e mantenere privilegi inenarrabili.

Gli Open Data sono ancora acerbi, ma in breve andranno a costituire i fondamenti della Wikicrazia, una forma di partecipazione al governo in cui i singoli cittadini potranno dare il loro fattivo contributo di idee ma anche di prassi. Bisogna solo mettere in atto la più efficace forma di governo che sia mai stata inventata: l’autogoverno. Si tratta solo di definire l’ambito Territoriale nel quale l’autogoverno deve agire: categoricamente non può essere lo Stato italiano (se non per la quota parte necessaria a far funzionare i servizi comuni).

E’ anche agitando lo spauracchio del secessionismo che il governo di centrosinistra giunse nel 2001 alla modifica della seconda parte della Costituzione con il famoso art. 119 “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni … hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri …”. Una bella Costituzione. Bella un cazzo se poi resta una carta. L’Italia può dirsi da allora un paese a struttura federalista. Ma solo sulla Carta e sulla carta.

Ci sono voluti otto anni per arrivare alla legge 42/2009 che deve dare attuazione a quanto stabilito nell’art. 119 del dettato costituzionale. Ma essendo una legge delega c’era il bisogno di dar forma ai decreti attuativi che dovevano essere scritti entro il mese di maggio trascorso, termine prorogato al 21 novembre 2011 (alcuni di essi sono già entrati in vigore). Adesso inizia il periodo transitorio di 5 anni durante il quale si deve adeguare l’assetto dei vari enti chiamati in gioco.

Piace vedere Repubblica che cerca di rincuorare i propri lettori snocciolando i dati di indagini Demos che confermano che il nord non vuole dividersi dall’Italia. Non conferma altro che ciò che ho già detto. Però bisogna capire che “secessione” non ha il significato che le viene attribuito. Secessione vuol dire Autogoverno cioè, succintamente: che siano poche o tante le risorse che il mio Territorio produce, esse devono essere poste a disposizione del Governo che il Territorio si è scelto (ricordarsi sempre del valore della T maiuscola). PUNTO.

Si può discutere fino alla fine dell’anno sulla bontà “giuridica” dei decreti e sulle loro conseguenze. Sappiamo tutti che il problema cruciale sta nel definire le metodologie per giungere ai costi standard, soppiantando la ripugnante vergogna del costo storico che solo uno Stato di merda, senza alcun rispetto per i propri cittadini, può adottare come sistema di allocazione della spesa.

Ma se non c’era Bossi  ad agitare lo spauracchio del secessionismo padano, questo gli va riconosciuto, non avremmo a disposizione questa nuova struttura federativa, imberbe e vacillante perché giovane, che però può iniziare, finalmente, a produrre eguaglianza. Peccato che Bossi, nel suo agire da capopopolo, sia oggi l’ombra di se stesso e che la Lega non sia più così verde, liberale e riformatrice com’era agli albori.

 

inebriarsi con i grafici del debito europeo … Oddio la secessione!

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