Cari cittadini di Lozzo, è con viva e vibrante soddisfazione …
Caro sindaco, …
Caro sindaco di Lozzo, …
Vedi, caro sindaco, come l’aggiunta di “di Lozzo” contribuisca a togliere spontaneità e calore all’incipit? Non ti posso lasciar solo un attimo che mi vai alla deriva. Ti ricordi la tiratina d’orecchi che, mio malgrado, fui costretto a darti allorquando in un passato bolcom ci augurasti Buon Natale senza curarti di augurarci anche Buon Anno? Te lo ricordi? No dico, non ne volevamo uno sereno, prospero e felice: ci bastava averne uno “buono”. Ma quell’anno niente, restammo senza patrocinio per tutti i 365 giorni che seguirono. E non andò male.
E anche quest’anno, sull’ultimo bolcom entrato nelle nostre case addobbate a festa, che mi combini?
“Cari cittadini di Lozzo,”
Eh no! Non ci siamo. Non ci siamo proprio. Da te, da un sindaco al terzo mandato, vorremmo sentire calore, partecipazione, coinvolgimento, non freddezza e distacco. Se fosse stato il prefetto, per dire, o il sindaco di Auronzo ospite del bolcom, quel “Cari cittadini di Lozzo” l’avremmo anche capito e digerito. Ma da te no: un sindaco trimandatario, perfettamente integrato nella comunità, che, al momento del messaggio beneaugurante a reti unificate, ci appella “Cittadini di Lozzo“. Noooo. No! Mi stai “diludendo”.
Per l’avvenire, quindi, ti prego di prenderne buona nota, considera l’idea di essere un pelino meno formale, evita quel “di Lozzo” e limitati al semplice “Cari cittadini” (Cari concittadini, Cari paesani,), locuzione essenziale ma nel contempo tiepida e avvolgente. Ti ringrazio di cuore, invece, per averci evitato, al momento del commiato, la pena di quell’aulico e pomposo “Il vostro sindaco” (che allora usasti e che pure, a fronte del mancato “Buon Anno”, m’ero impegnato ad accettare di buon grado).
Lo so, sono aspetti formali, ma al compimento di un lungo anno intriso di un’attività amministrativa matta e disperatissima, gravida di fertilissime conseguenze per la comunità tutta, anche la forma, ne converrai, ha la sua importanza. Noto inoltre, la cosa non mi è certo nuova, che il tempo è ingrediente fondamentale nello spingere e favorire l’evoluzione della specie.
tuo devotissimo
assistenza per emergenze e calamità (la provinciazza)
Assistenza per emergenze e calamità: la presidente firma convenzione con San Giuda Taddeo*
(*) patrono dei casi disperati
1914-2014 — Belluno – Calalzo — Una ferrovia tra le Dolomiti del Cadore – foto Cap. V
Dopo la presentazione del libro di Roberto Tabacchi e la pubblicazione dell’Introduzione, ecco alcune immagini dal fornitissimno corredo fotografico dell’opera. Iniziamo con due foto relative al primo capitolo, cui seguiranno via via quelle degli altri sei capitoli nei quali è suddivisa la narrazione.
(qui le foto del Capitolo I: 1866-1914. Le premesse, la costruzione e il primo anno di esercizio
qui le foto del Capitolo II: 1915-1918. La Grande Guerra
qui le foto del Capitolo III: 1919-1945. Il ventennio fascista e la seconda guerra mondiale
qui le foto del Capitolo IV: 1946-1963. Dalla ricostruzione postbellica al disastro del Vajont)
Capitolo V
1964-1979. Le luci della ribalta e il tentativo di chiusura
30/07/1964. La copertina del numero di luglio 1964 del periodico “Voci della rotaia” dedicava ampio spazio al ritorno del treno in quel di Longarone (arch. A. Padrin)
10/04/1979. La popolazione bellunese manifesta pacificamente nella stazione di Venezia per chiedere il ripristino del servizio sulla tratta Ponte nelle Alpi-Calalzo (Foto G. Monico)
24/08/1968. Il Padova-Calalzo in doppia trazione simmetrica di 740, è impegnato sulla rampa sottostante la Cavalèra (foto F. Pozzato)
confindustri bellunesi alle prese con problemi identitari
Qualche giorno fa i confindustri di Belluno: “riunire servizi con le altre territoriali senza rinunciare alla nostra identità”.
E’ un po’ come dare via il culo senza rinunciare alla propria verginità. Provate e poi me lo fate sapere: telefonare ore pasti.
(poi dai, due database condivisi su un server … li avreste già dovuti “condividere” da tempo, cazzo!)
religioni (dal 3000 a.C. ad oggi)
A parte le religioni “minori”, lì dentro ci siamo anche noi, nascosti da qualche parte, quelli che non credono (atei e agnostici, la metto giù sbrigativa).