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una grande risorsa dell’Italia: l’evasore

2 Luglio 2013 Criticarium Itaglia, Fermare il declino, Lo penso anch'io agenzia-entrate, della-confutazione, i-tartassati, indipendenza, itaglia, italianizzando

Ci fu anche un certo Milton Friedman che nel 1994 ebbe a dire:

Guardi che l’ Italia e’ molto piu’ libera di quel che voi credete, grazie al mercato nero e all’ evasione fiscale. Il mercato nero, Napoli, e l’ evasione fiscale hanno salvato il vostro Paese, sottraendo ingenti capitali al controllo delle burocrazie statali. E per questo io ho piu’ fiducia nell’ Italia di quel che si possa avere dalle statistiche, che sono pessimiste. Il vostro mercato nero e’ un modello di efficienza. Il governo un modello di inefficienza. In certe situazioni un evasore e’ un patriota.[…]

Qui in seguito un articolo di Marco Bassani per L’Intraprendente contro il beferaggio, ossia l’inculcamento del concetto che se tutti pagassero le tasse staremmo tutti meglio. Non in Italia. Ecco perché:

Per i burocrati di Stato se tutti pagassero le tasse staremmo meglio. Un mantra ideologico infondato, specie in un Paese con questa spesa pubblica. Il sommerso ci tiene in piedi, e se sparisse il Sud per sopravvivere inasprirebbe ancora la rapina fiscale del Nord, portandolo al collasso

di Marco Bassani

Su di una cosa politici, giornalisti, osservatori sembrano essere pienamente d’accordo. La lotta all’evasione fiscale (agenda di tutti, ma soprattutto di Tremonti, poi Monti e ora Letta) è la priorità del Paese. L’Italia, secondo la befera, nel senso di becera, vulgata, si starebbe impoverendo perché non tutti contribuiscono al mantenimento del settore pubblico, che dal canto suo è costretto a tassare un po’ troppo giacché alcuni “non contribuiscono”. In un servizio giornalistico prodotto da Bruno Vespa e andato in onda solo qualche sera fa si poteva udire la seguente bizzarra affermazione: “l’economia (sommersa) sottrae 400 miliardi di euro allo Stato”. Soccorre subito l’antica battuta: “son giornalisti economici perché costano poco”. In breve, molti credono che se tutti pagassimo le tasse tutti ne pagheremmo di meno, lo Stato sarebbe meno indebitato, la tassazione più equa e umana. Il bengodi è quindi a portata di mano e lo sceriffo di Nottingham incrociando dati su dati ce lo consegnerà in breve tempo.

Intanto è stata creata dalle statistiche beferiane una figura metafisica, nel senso che nella nostra società semplicemente non può esistere: quella dell’evasore totale, che ricorda un po’ l’untore manzoniano. Tutti mangiano, comprano vestiti, fanno benzina, si muovono per ogni dove e quindi non si può che essere, al massimo, evasori parziali. In ogni caso, vi sono vistose falle logiche nei ragionamenti antievasione appena esposti. In primo luogo, solo se esistesse un tetto alla spesa pubblica (sia assoluto, sia in percentuale del Pil) la frase “se tutti pagassimo le tasse tutti ne pagheremmo di meno” potrebbe rientrare nel campo della veridicità. Non essendovi alcun limite alla spesa pubblica, va presa per ciò che è: un semplice mantra politico indimostrato e indimostrabile.

Ma vi è un altro fatto che mina il ragionamento alla radice. Il prodotto interno lordo misura il flusso monetario corrispondente allo scambio di beni e servizi tra gli individui e le imprese all’interno di un sistema economico. Semplice no? Mica tanto. Alla metà degli anni Ottanta, Bettino Craxi era insoddisfatto del calcolo della ricchezza italiana. L’ipernazionalista socialista Craxi voleva a tutti i costi superare la Gran Bretagna e vi riuscì conteggiando il “sommerso”. Una quota variabile (dal 12 al 18 percento) sottratta alle occhiute attenzioni del fisco, ma non dell’Istat, rientra da allora nel calcolo e riesce a far apparire l’Italia un Paese non ancora povero. Immaginiamo che Artiglio Befera (un burocrate dal volto umano, troppo umano, di un’ignoranza smisurata, pensate che ha affermato martedì scorso che il Delaware è il più piccolo Stato degli Stati Uniti, tanto che gli abitanti del Rhode Island si sono adontati) vinca la sua battaglia, sbaragli l’evasione, faccia emergere il sommerso. Cosa succederebbe? Forse che i 333 miliardi e rotti di nero entrerebbero tutti insieme nel conto della ricchezza nazionale? Il sommerso emergerebbe intatto così per incanto beferista? Evidentemente no, una quota assai consistente sparirebbe, perché quella ricchezza non nascerebbe mai se fosse tassata e si crea proprio perché “sommersa”. Non è una ricchezza in cerca di un pubblico padrone, ma in fuga dallo Stato ed è una ricchezza che lo Stato può certamente distruggere, ma ben difficilmente incamerare. L’esproprio non è sempre facile come con i lavoratori salariati, questo lo sanno bene tutti i politici.

Inoltre, l’evasione non è omogenea su tutto il territorio. La Lombardia ha la più bassa percentuale del Paese, il 12,5% (se così non fosse il banco sarebbe saltato da un pezzo) e la Calabria la più alta, l’85%. In mezzo si collocano tutte le altre regioni, con la Campania al 53 e il Veneto al 19%. Ma a chi mantiene tutta la baracca, ossia i lombardi e il loro “aiutantato” nordista, converrebbe davvero che il Sud rientrasse verso proporzioni accettabili di evasione fiscale? No davvero e il perché è presto detto. Se al Sud rientrasse l’evasione fiscale sparirebbe il vero welfare privato e dovrebbe necessariamente aumentare quello pubblico, con un inasprimento della rapina fiscale ai danni del Nord che provocherebbe la definitiva coventrizzazione del sistema produttivo lombardo-veneto.

Solo fanatici giacobini e invidiosi possono augurarsi il pieno successo di Befera e dell’armata delle entrate. Chi si ostina a ragionare e non gioca al “muoia Sansone con tutti i filistei” sa perfettamente che la lotta all’evasione, se fosse presa sul serio, sarebbe un biglietto di sola andata per il terzo mondo.

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