BLOZ - il blog su Lozzo di Cadore Dolomiti

Non solo schianti, ma anche pioggia alluvionale (tratto strada della Val Longiarin)

8 Marzo 2019 Cadore - Dolomiti, Curiosando cronache-lozzesi, curiosando, sentieri, tempesta-vento

Che ne sarà dell’Anello di Valzalina il cui avvio si poteva, prima di Vaia, raggiungere comodamente in auto e adesso non più (questa è ironica, mi raccomando)? A dirla tutta, anche dopo l’apertura delle cataratte del 4 settembre 2016 un bel pezzo di strada della Val Longiarin se n’era andato strappato dalla furia delle acque (va detto che trattavasi di materiale di riporto senza alcuna coesione), lasciando l’ubertosa Val Longiarin senza via di comunicazione motorizzata. Ma poi si supplì con una bretella che bypassava il tratto eroso e tutti continuarono a vivere felici e contenti.

Vaia, la tempesta che il 29 ottobre 2018 ha raggiunto la maggior virulenza in termini di vento schiantando al suolo vaste aree di quell’infimo essere vegetale che è il peccio, nel suo passaggio ha portato con sé anche altri tipi di danni associati, per esempio, all’esondazione dei torrenti.

Nel mio giro su tutti gli anelli per censire e documentare lo stato della loro percorrenza, il 15 gennaio scorso mi sono dovuto appropinquare all’inizio dell’Anello di Valzalina percorrendo a piedi il tratto tra Narieto e la Riva de Sior Piero. Nel video qualche iniziale immagine di questa valle di lacrime, cui segue qualche altro scatto di carattere compensatorio sulle Marmarole orientali riprese dai pressi di Prapian.

Tre Cime di Lavaredo, Zaia e la vista esclusiva…

7 Marzo 2019 Criticarium regional-politik, regione-veneto

Ieri il Nostro ci ha fatto regalo di un altro pappomollo (chiamo pappomolli i tweet nei quali il governatore si lascia andare a romanticismi variamente sdolcinati: per fare due esempi, la schiusa delle uova delle tartarughine o le stelle cadenti orionidi). Questa volta il pappomollo è, rispetto al solito, un po’ meno in stile Harmony: diciamo che si può ascrivere alla più ludica categoria Giovani Marmotte.

Capiamo che una lisciatina al pelo delle forze armate, soprattutto al ramo più high tech delle medesime, quello dell’Aeronautica, in particolare se partono da Istrana (TV), ci può anche stare.  Quello che non riusciamo a capire è dove stia di casa “questa vista esclusiva” delle Tre Cime cui si fa riferimento nel tweet (a parte l’altezza di volo, ovviamente). Qualcuno dovrebbe dire al Nostro che non occorre scomodare un AMX per fare uno scatto delle Tre Cime come quello riportato.

Non dico aggrappati a un pallone sonda, non dico dal cesto di una mongolfiera, ma anche e semplicemente a bordo di un elicottero l’impresa è alla portata dei più. Tre-quattro avventurosi possono permettersi di svolazzare attorno alle Tre Cime senza accendere mutui ventennali.

Una vista “esclusiva” delle Tre Cime, veramente esclusiva, si potrebbe avere se uno Yuri Gagarin di quelli che ci passano frequentemente sopra le teste con la stazione spaziale ISS ci mandasse un suo scatto: sarebbe esclusiva perché… un’immagine così si potrebbe riprendere esclusivamente dalla ISS.

Detto questo, saremmo grati se, delle foto fatte dall’AMX, potessimo avere quelle della ricognizione degli schianti al suolo dopo Vaia, ché noi qui fremiamo dal desiderio di iniziare a contare piante, cubi e ettari coinvolti oltre, ovviamente e conseguentemente, a localizzare le varie valli di lacrime sparse ove sì ove no.

Finiamo col raccomandare la visione di un video sferico Drei Zinnen 360° / Tre Cime 360°, segnalato sul Bloz nell’ottobre del 2016, questo sì con scorci che al momento (a quanto ne so) si possono definire esclusivi (per i più frettolosi: video sferico vuol dire che cliccando e spostando la manina dentro il video potete cambiare prospettiva in ogni momento; dite la verità: non vi si rizzano i peli del culo anche a voi quando passate (minuto 2:32 circa) tra la Ovest e la Grande?), altro che la foto insipida e irrilevante scattata dall’AMX. E così spero sia di voi. Amen. 

di una ripresa una ripresa

Lozzo di Cadore: habemus soggetto attuatore

5 Marzo 2019 Botanico Palazzo, Cadore - Dolomiti cronache-lozzesi, tempesta-vento

Ne dava cenno @Mirco nei commenti qualche giorno fa (Eppur si muove…): Lozzo ha ora il “suo” soggetto attuatore. Dopo la comparsa sulla scena dell’immancabile “Commissario delegato” (ruolo occupato dai presidenti delle regioni coinvolte dall’emergenza maltempo di fine ottobre: Calabria, Emilia Romagna, Friuli V.G., Liguria, Toscana e Veneto nonché le Province autonome di Trento e Bolzano) sono giunti alla ribalta anche i soggetti attuatori di grande stazza (Avepa… per dire) e, a seguire, quelli di piccolo cabotaggio: i sindaci.

Il 23 gennaio scorso, come ricordavo in questo articolo, il governatore del Veneto ha nominato d’imperio enne poveretti soggetti attuatori dell’agordino che, d’un colpo, oltre alla carica di sindaco, sono diventati Gran figl di put gran attuator degli schiant (semicit. Fantozzi). Lo stesso ruolo è stato assunto da poco anche dai sindaci di Lozzo di Cadore, Perarolo di Cadore, Lusiana e dal Presidente dell’Unione Montana della Val Belluna.

Va detto che se ai primi la nomina fu del tipo “o mangi sta minestra o salti dalla finestra” (i sindaci agordini, che si stavano lamentando, sono stati in buona sostanza “puniti” mediaticamente dal governatore: va anche detto che i sindaci hanno millanta appigli per metterlo nel culo a Zaia senza colpo ferire, ma questa è un’altra storia), quest’ultima nomina giunge come richiesta “della base”: 

La nomina rappresenta altresì una risposta alle richieste di assumere un ruolo da protagonisti nella gestione della ricostruzione giunta al Commissario Zaia direttamente dalle amministrazioni comunali colpite dalla catastrofe autunnale.

Quindi, a quattro mesi quattro di distanza dal passaggio di Vaia, questi si sono fatti avanti “richiedendo di assumere un ruolo da protagonisti nella gestione della ricostruzione“. Nei quattro mesi passati da allora “i nostri” devono aver costantemente osservato l’orizzonte degli eventi per vedere se notavano qualche increspatura: poi si sono decisi e hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo.

Sia chiaro, è comunque un bene: la notizia buona è che in parte del Centro Cadore non sarà più lo spirito cufoleto a coordinare la pulizia dei boschi; la cattiva notizia è che, per quanto remota, vi è sempre la possibilità che le cose possano funzionare meglio (dando per scontata l’assenza dello spirito cufoleto) anche senza questi novelli protagonisti dell’ultima ora.

Tutto dipenderà da quello che non faranno, visto che quello che dovrebbero fare è ormai chiaro ai più. 

Cantieri sul Cordevole e a Lozzo

4 Marzo 2019 Cadore - Dolomiti, Criticarium Itaglia regional-politik, regione-veneto, tempesta-vento

Il dipartimento cinefilo della Regione del Veneto, l’Hollyweneto già visto all’opera qui, ha lanciato in rete un contributo di rara beltà e concretezza. Titolo accattivante: cantieri sul Cordevole e a Lozzo. Sui primi fotogrammi par di vedere, di schiena, l’assessore Bottadiquaedilà che sovrintende allo sviluppo cantieristico con raccolta preoccupazione. Pochi secondi dopo, al grido/titolo di “Rimozione dei tronchi” compare il cantiere di Lozzo, senza l’ombra di un umano a dare profondità alla scena: solo tronchi accatastati e una veloce rasoiata ad inquadrare umile quanto irrilevante ramaglia.

Messi giù così, i due, quello sul Corvdevole e quello di Lozzo, sembrerebbero cantieri coordinati dallo sforzo titanico di una Regione fasso tuto mi. Ma se la cosa può (forse) apparire plausibile per il cantiere sul Cordevole, per quanto riguarda Lozzo va detto che “il cantiere” fuggevolmente inquadrato è opera esclusiva di privati. Privati che, dopo il passaggio di Vaia, diversamente dalle varie emanazioni pubbliche che hanno continuato a spararsi seghe (non sapendo che altro cazzo fare), si sono messi – giocoforza – subito al lavoro.

In attesa che le sinergie tra il settore pubblico/istituzionale e quello privato si scatenino nella loro forza dirompente regalandoci epiche conquiste, rimaniamo in trepidante attesa di un nuovo, pregnante contributo video da Hollyweneto.

Carnaval, tosate, Carnaval!

2 Marzo 2019 Cadore - Dolomiti, Curiosando cronache-lozzesi, curiosando, noi-ladini

Eh lo so, lo so: la lingua è in continuo, lento ma inesorabile cambiamento. E tuttavia segnalo l’inesattezza affinché il più grande sforzo di mantenere una tradizione si affianchi a quello più contenuto di mantenere l’integrità della propria lingua… perlomeno là dove viene scritta e resa pubblica.

Italianismi a gogo (che è derivato dal francese) ormai parassitano con virulenza l patuà (altro francesismo: patuà sm. (solo sing.) dialetto. Voce dal francese “patois”; parlà par patuà parlare in dialetto.).

Sono finiti i bei tempi nei quali era l’italiano claudicante (di chi, con esso, pensava di affrancarsi dall’ignoranza) ad essere impreziosito da perle memorabili: “Vieni qui che altrimenti ti bagni tutte le ciauze“; “Oggi ci siamo proprio divertiti un grumo” e così via.

Mi raccomando: per il “Carnevale de Loze”… indugiate per qualche anno ancora (la modernità può aspettare).

karnavàl sm. (pl. karnavài) carnevale. Prov. ki ke no le a fàte a karnavàl, le fa de karéśema chi prima e chi dopo, tutti attraversano un periodo di sbandamento. Durante il carnevale ci si vestiva in costume col viso coperto da una maschera, in genere la maschera era di legno, c’erano bravi intagliatori in paese che ne preparavano di belle raffiguranti molto spesso volti dall’espressione cattiva, burbera e aggressiva. Vestiti in maschera, si andava per le case in cerca delle ragazze. Le ragazze invitavano in casa e lì si ballava, si mangiavano le frìtole e si facevano anche incontri interessanti. L’ultimo giorno di carnevale, martedì grasso, l ùltimo de karnavàl, veniva festeggiato con una mascherata generale, ci si divertiva a forsiñà le ragazze e la sera si dava l’addio a questo breve periodo di pazzie andando in giro per il paese avvolti in un lenzuolo bianco con una lanterna accesa, ko n feràl, a piànde l karnavàl. La maschera, spesso un po’ alticcia, se non ubriaca del tutto, girava per le strade gridando con voce lamentosa come se si trattasse della morte di una persona cara: oiùto, oiùto, puóro l mè karnavàl de kuóre, no lo védo pì, espressione di lamento che lascia intendere che dopo la fine del carnevale non ci si diverte più. Dopo questi festeggiamenti, comincia la quaresima, periodo fatto di pensieri tristi e rinunce, è il periodo in cui si riprende il lavoro dei campi, si sentono di più le fatiche, e se l’inverno è stato lungo, anche la miseria.

 

Venice, city of the Dolomites

28 Febbraio 2019 Cadore - Dolomiti, Turismo e dintorni dolomitando, promozione-turistica, turismo-veneto, turisticando, unesco

Trento e Bolzano hanno ribadito che quel Montagne di Venezia appiccicato al nuovo marchio promozionale Dolomiti presentato dalla Regione del Veneto non è digeribile. Ovvio, no? Del resto, anche la S-Fondazione Dolomiti-Unesco ci martella ogni due per tre per convincerci che il patrimonio è sì distribuito su 5 province e tre regioni, ma deve essere considerato un unico bene da gestire, per l’appunto, unitariamente.

Oltre a ciò la suddetta S-Fondazione sottolinea che anche per gli Uneschi (ve lo ricordate l’ispettore canguro venuto a baciare i piedi delle Dolomiti per verificare se la ruota era ancora rotonda?) la gestione unitaria è un punto di forza: per forza che è un punto di forza… altrimenti a che cavolo servirebbe tutto il baraccone?

Il nuovo marchio non mi entusiasma: al meglio sembra un promo delle matite Giotto, al peggio lo si può accostare al logo di una ditta cinese di zainetti da città. Sullo slogan (payoff) Montagne di Venezia, pur nell’esotica versione linguistica anglofona, mi vien che ridere.

Ma come, ci avete rotto e ci state rompendo i coglioni con la puttanata del secolo “le montagne più belle del mondo“, e poi avete il bisogno di andare ad attaccarvi alle generose mammelle di Madame Venezia per avere un po’ di traino? 

Suvvia, fate la cosa giusta: smontate questo palchetto tenuto insieme con lo sputo prima che vi crolli addosso lasciandovi nella polvere. Sennò dovremo aspettarci qualche contromisura tipo “Dolomiti, le montagne di Grohmann“: come rinverdire i fasti dell’Austria felix con un viennese pervaso dalla folle passione di esplorare le Dolomiti (potendo arrivare a testa alta fino a “Grohmann, il padre delle Dolomiti“). Poi, vaglielo a dire al giapponese griffato o all’amerikano obeso che Grohmann non era un sudtirolese.

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