BLOZ - il blog su Lozzo di Cadore Dolomiti

la piccola Svizzera ha messo in riga la grande Europa

1 Dicembre 2009 Attualità

immagine del minareto della moschea El-Hussen, a Khan el-Khalili
Gli svizzeri. Il popolo svizzero. Quei nanerottoli di antica memoria che tutti i giorni si recano nel bosco con l’accetta. Gli elfi dei boschi. I puffi che non sanno com’è il mare. Gli gnomi sempre curvi a contar soldi. I folletti che passano il tempo a mungere le vacche. Le Heidi che “fanno ciao”…

Ebbene, la piccola (orgogliosa) Svizzera, ha messo in riga la grande (meschina) Europa.

Il popolo svizzero, ricorrendo al nobile strumento del referendum propositivo, arcano artificio  che permette lo svolgersi e l’esprimersi della democrazia diretta (arcano per noi sudditi inconsapevoli di una miserabile Europa, oltre che di uno stato italiano ancor più subdolo), ha detto no a nuovi minareti.

Tutto ciò ha destato la composta reazione dell’Europa (lo sapete no che da oggi, 1 dicembre 2009, con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, possiamo finalmente pensare di far parte di un vero e proprio Stato europeo… ) che ha “espresso la propria preoccupazione” (ma va!!) pur ricordando che questa decisione “è il pronunciamento di un popolo” (però!!).

“Pur ricordando …??”. Come dire: sì, è il pronunciamento di un popolo ma, in fondo, questo popolo altro non ha saputo fare che l’orologio a cucù, anzi, il cucù dell’orologio. Quindi conta quel che conta, ossia ben poco.

Caro popolo svizzero, se avessi votato in altro modo, entrando così nelle grazie dell’Europa (e di tanti altri stati nazionali), ora direbbero di te: «un piccolo ma fiero e lungimirante popolo montanaro, che da secoli organizza la propria vita utilizzando i più nobili strumenti della democrazia diretta, un crogiolo di culture in cui si danno convegno quattro lingue (tedesco, francese, italiano e romancio) bla bla bla …».

E pensare che fino a 150 anni fa il governo del popolo cadorino aveva molte affinità con quello che governa ancor oggi la Svizzera. Poi è arrivato il “civile” stato italiano.

Me ne dimenticavo. Il popolo svizzero ha detto NO a nuovi minareti. Non ha detto NO all’integrazione religiosa che, peraltro, è più evoluta lì da loro, fra gli gnomi, che nella (meschina) Europa.

Foto: Flickr (malexorg)

articoli collegati:

  • la democrazia diretta nella provincia autonoma di Bolzano

Autonomia della provincia di Belluno Dolomiti: la discussione si amplia

30 Novembre 2009 Autonomia, Cadore - Dolomiti noi-ladini, referendum-autonomia, trentino-alto-adige

di “Il Capitano delle Cernide”

Da indipendentista convinto vorrei tuttavia chiarire altri motivi, oltre a quelli accennati nel mio precedente articolo “Autonomia: non si può raggiungere senza una forte identità …“, del mio scetticismo riguardo all’autonomismo. Intendo far riferimento soprattutto alle tematiche economiche: è stato relativamente facile per lo stato italiano concedere l’autonomia a regioni e province che non portavano con la tassazione grandissime quantità di denaro nelle casse statali romane, specie se come Bolzano si avevano sponsor internazionali.

Allora lo stato dell’ economia non era oltretutto drammatico come ora. La situazione è diametralmente opposta per Veneto e Lombardia (e relative province) che fanno quasi il 60 per cento del prodotto interno lordo di questo paese. In economia non si possono fare sortilegi e quello che è dato a uno è tolto ad un altro. E’ la famosa questione della “gallina dalle uova d’oro”: vi pare realistico pensare che lo stato lasci tutte o gran parte delle “uova d’oro” prodotte dalle galline lombardo venete a Lombardia e Veneto? Io credo proprio di no, lo stato in pochissimo tempo chiuderebbe per bancarotta!

Per questo sono scettico anche sulle proposte del cosiddetto federalismo fiscale della Lega (a meno che non ci si accontenti delle briciole …). Ma per evitare giochetti di parole inviterei chi vuole capire veramente cosa sia il vero federalismo a leggere le opere del Prof. Miglio …

Andare con Trento e Bolzano? Ma quelli non ci vogliono! Stanno già benissimo così, tanto è vero che si sono fatti mettere nero su bianco che in caso del cosiddetto federalismo fiscale i loro diritti acquisiti non verrano toccati. Inoltre le province sono solo alcuni degli innumerevoli marchingegni succhia soldi di questa sgangherata repubblica che dovrebbero essere aboliti.

Ma anche nel caso che venisse concessa alla provincia di Belluno una forte autonomia, si innescherebbe senza dubbio una reazione a catena di richieste di autonomia di altre province del nord della Lombardia e del Piemonte che già hanno manifestato le loro intenzioni (es. Sondrio, Verbania): ti pare che lo stato italiano sarebbe disposto ad avvalorare questa situazione? Io credo proprio di no.

C’è poi un’altra questione, più specificamente “bellunese”: come noto le province furono istituite dallo stato sabaudo che copiò 150 anni fa il modello centralista dello stato francese. Il Cadore si è trovato allora aggregato a Belluno, cosa che prima non si era mai verificata, dato che da sempre la nostra piccola patria si era autogovernata in armonia col suo permanere paritario nella Serenissima. In sostanza siamo passati dallo stato “federalista” veneziano allo stato “centralista” italiano.

Credo che oggi l’autentica novità sia di tornare all’antico! Tutto il governo del Cadore alla Magnifica Comunità Cadorina e alleanza paritaria col Veneto indipendente (i movimenti e i partiti indipendentisti veneti stanno prendendo sempre più piede, anzi sono anche troppi….)! Non ha senso logico, a mio avviso, tenere unite entità disomogenee come Cadore e Bellunese (disomogenee per storia, cultura, lingua, economia, tradizioni, ecc.). Ma, ahimè, viviamo in un paese dove le cose vengono fatte non perché abbiano “un razionale” ma a seconda del peso delle coalizioni di interessi in ballo …

Altro problema non secondario: noi Cadorini non abbiamo un leader carismatico per guidare la nostra lotta! Sono sognatore? Non direi, chi di noi pensava 20 anni fa che l’assetto politico europeo sarebbe stato capovolto? Per finire aggiungo qualche altro spunto di riflessione:

“… Oggi la Padania è vittima del troppo Stato (che crea l’occasione ad allungare le mani) e di troppa Italia (che ci mette la giustificazione e, qualche volta, anche la vocazione). Certo sarebbe già un passo avanti riuscire ad avere meno Stato, fare girare meno soldi negli uffici pubblici, creare meno occasioni, costringere i funzionari e i politici a gestire cose di grande importanza sociale ma di nessuna consistenza economica.

Ma non si può toccare l’essenza stessa di questo Stato senza toccare l’idea di Italia: la greppia statalista trova giustificazione nel patriottismo italiano e la retorica tricolore trova protezione e sopravvivenza nel verminaio della burocrazia, con cinque milioni di impiegati pubblici e con le loro famiglie che vivono di tricolore, con legioni di finti invalidi che vivono di tricolore, con falangi di politici e di alti burocrati che vivono di tricolore, a partire dai 105 milioni mensili di qualcuno al molto meno di tanti altri, cui peraltro non si chiede in cambio granchè.

Non si smagrisce lo Stato se non si toglie il paravento dell’Italia; non ci si libera dell’ Italia se non si abbatte tutto l’ambaradan statalista. Lo Stato non si può riformare fintanto che è italiano e ce ne stiamo dolorosamente accorgendo. Non si blocca l’antica truffa pelasgica delle tre tavolette facendosi accompagnare da amici integerrimi e oculati. Lo si può fare solo rovesciando il tavolo. È un gesto che richiede il concorso di tutti gli onesti, di quelli che vivono del proprio lavoro e a proprio rischio, al di sopra di ogni divisione ideologica.

Il partito dell’onestà e della libertà è trasversale, interessa una intera comunità umana reale. Bisogna ricostruire una società in cui la mano pubblica gestisca il meno possibile e in cui il controllo sia esercitato al più basso livello possibile, senza tabù o feticci patriottici, senza leggi e patti che abbiano la pretesa di eternità. Con tanta, tanta indipendenza. “
Gilberto Oneto

(tratto da Padaniacity.org)

Legge 22 maggio 1971, n. 340 – STATUTO DELLA REGIONE VENETO
Articolo 2
L’autogoverno del popolo veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia.
La Regione concorre alla valorizzazione del patrimonio culturale e linguistico delle singole comunità. (da www.consiglioveneto.it)

LEGGE 25 ottobre 1977 n. 881
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 333 del 7 dicembre 1977 – S.O.)
RATIFICA ED ESECUZIONE DEL PATTO INTERNAZIONALE RELATIVO AI DIRITTI ECONOMICI, SOCIALI E CULTURALI, NONCHÉ DEL PATTO INTERNAZIONALE RELATIVO AI DIRITTI CIVILI E POLITICI, CON PROTOCOLLO FACOLTATIVO, ADOTTATI E APERTI ALLA FIRMA A NEW YORK RISPETTIVAMENTE IL 16 E IL 19 DICEMBRE 1966.

PARTE PRIMA
Articolo 1
1. Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale.
2. Per raggiungere i loro fini, tutti i popoli possono disporre liberamente delle proprie ricchezze e delle proprie risorse naturali, senza pregiudizio degli obblighi derivanti dalla cooperazione economica internazionale, fondata sul principio del mutuo interesse, e dal diritto internazionale. In nessun caso un popolo può essere privato dei propri mezzi di sussistenza.
3. Gli Stati parti del presente Patto, ivi compresi quelli che sono responsabili dell’amministrazione di territori non autonomi e di territori in amministrazione fiduciaria, debbono promuovere l’attuazione del diritto di autodeterminazione dei popoli e rispettare tale diritto, in conformità alle disposizioni dello statuto delle Nazioni Unite.

La Legge statale n. 85 del 24 febbraio 2006 consente opinioni e atti democratici non violenti per l’indipendenza di territori attualmente facenti parte di questo stato? Sembra di si.

CARO DANILO, SEGUENDO LA METAFORA CONCLUSIVA CHE HAI USATO NEL TUO COMMENTO AL MIO PRECEDENTE ARTICOLO, TEMO CHE NEL NOSTRO FUTURO DI CADORINI, SE NON CI SVEGLIAMO, NON CI SARANNO NE’ BURRO NE’ CANNONI, MA TANTO TANTO …. OLIO DI VASELINA !!!!!!!
Sane!

Pieve di Cadore ha un nuovo (orrendo) sito internet

28 Novembre 2009 Cadore - Dolomiti, Turismo e dintorni fare-turismo, promozione-turistica

banner sito internet del comune di Pieve di Cadore

Dal Corriere delle Alpi (27 novembre), “Pieve ha un nuovo sito internet”:

PIEVE DI CADORE. Il sito internet del Comune di Pieve cambia indirizzo: chi digita www.pievedicadore.org trova un link che lo porta alla nuova dislocazione, www.comune.pievedicadore.bl.it […]

E’ un errore ed allo stesso tempo un orrore. Un tuffo nel passato, un ritorno all’età della pietra.

Non perché i siti della Regione Veneto targati Myportal non siano funzionali. Sono costruiti con OpenCMS, un buon CMS (Content Management System: sistema di gestione dei contenuti), che facilita il lavoro di inserimento dei dati ai dipendenti comunali.

Ma questi siti hanno SOLO carattere ISTITUZIONALE, non sono nati per veicolare l’informazione generale e soprattutto quella finalizzata allo sviluppo turistico. Di un sito così, se fosse di carta, UN TURISTA non ci si pulirebbe neanche il culo.

E’ inutile che il volontariato attivo nei nostri paesi si faccia in quattro per cercare di preparare qualche prodotto fruibile dal turista, e poi lo si accoglie con un sito non solo orrendo, ma che non dà informazioni di carattere turistico se non come accenno. E se anche gli buttate dentro tutte le informazioni che avete, un turista non si fermerà a consultarlo perché capisce subito che il sito è fatto per sapere a che ora apre la piazzola ecologica di Vallesella o di Cima Gogna, non quali sono le bellezze paesaggistiche e culturali, le attrattive turistiche insomma, che i nostri paesi possono offrire.

A questo proposito dice bene Vittore Doro nell’articolo:

Mancano, per contro, tutte le notizie e le informazioni culturali dell’intero territorio che va dalle Tre Cime all’Antelao. Certo, è un sito internet molto complesso e non d’immediata consultazione; basti pensare che, per rintracciare una delibera, è necessario fare almeno 6 clik, quando ormai è universalmente riconosciuto che i siti con più di 3 clik non vengono neppure aperti dalla quasi totalità dei navigatori.

Da cadorino sensibile ai problemi del nostro territorio, consapevole che il turismo può dare una discreta mano ad aiutare il rilancio economico della nostra terra, mi inginocchio e invoco, chiedo, imploro, che il “vecchio” sito www.pievedicadore.org rimanga vivo. Fate anche a meno di aggiornarlo, sarà sempre più utile di quello “nuovo”.

Doro, riferendosi ai siti Myportal, rileva un’altra verità:

Nonostante le buone intenzioni, il sito non è però stato bene accetto dalle amministrazioni comunali, una delle quali (Calalzo) ha preferito farsi un sito per conto proprio; le altre invece non aggiornano neppure il sito: ci sono ancora inserite le notizie sulla mostra di Tiziano di Pieve e Belluno che è stata chiusa il 6 gennaio del 2008.

Spero che il sindaco di Calalzo De Carlo, si tenga e faccia crescere il proprio sito NON ISTITUZIONALE, quello più vicino alla gente e soprattutto più vicino al turista, piuttosto che cadere nello stesso madornale errore dell’amministrazione di Pieve di Cadore.

Anche i siti non-istituzionali che cercano di presentare le nostre attrattive turistiche hanno le loro pecche (difettini non gravissimi …) e possono e devono essere migliorati. Ma, almeno, questi difetti mostrano un’anima.


il Vaticano contro i patrimoni Unesco

27 Novembre 2009 Attualità chiesa-vaticano, unesco

Un’Ansa di ieri, che riporto qui di seguito, titolava: “Vaticano contro patrimoni Unesco“:

(ANSA) – ROMA, 26 NOV – Ci sono esiti ‘discutibilissimi’ nei criteri con cui l’Unesco sceglie cio’ che e’ patrimonio universale dell’umanita’, sostiene il Vaticano. La critica, se pur accompagnata dal riconoscimento dell’importanza dell’agenzia dell’Onu, arriva dal ‘ministro’ vaticano della cultura, mons.Gianfranco Ravasi. La Chiesa cattolica, che custodisce ‘uno scrigno sterminato’ di tesori, vede con perplessita’ certi riconoscimenti: e il presule, pur senza polemica, cita ad esempio il Carnevale di Rio.

Dovete sapere che la città di Rio de Janeiro si è ufficialmente candidata all’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, nella categoria Paesaggio Culturale. La candidatura è presentata dal Governo dello Stato di Rio de Janeiro, insieme alla Prefettura della Città, al Ministero della Cultura e all’Istituto del Patrimonio Storico e Artistico Nazionale (Iphan).

carnevale-rioLa candidatura fa riferimento alle varie e note risorse naturali che costellano la città: dalla Foresta di Tijuca al Giardino Botanico, dalla Laguna Rodrigo de Freitas al parco Aterro do Flamengo, oltre a tutte le meravigliose spiagge che hanno reso Rio de Janeiro famosa nel mondo. Ma non è tutto.

La proposta fa infatti anche esplicito riferimento alle rilevanti manifestazioni culturali di Rio, oltre al suo inestimabile contributo alla Cultura grazie al Samba, alla Bossa Nova e al celeberrimo Carnevale. Già, perché Rio è anche questo.

L’Unesco è uno, come Dio. Se di fronte a Dio non possiamo accettare solo i giudizi che ci fanno comodo, dovendoli quindi accettare tutti, con le dovute distinzioni, anche di fronte all’Unesco dovremmo comportarci nello stesso modo.

Fatto salvo il diritto di tutti di non essere d’accordo. Infatti il Vaticano, o meglio la Chiesa cattolica, “vede con perplessità certi riconoscimenti …” facendo riferimento al Carnevale di Rio (quintessenza del peccato?). Se dalla candidatura togliamo il Carnevale, il resto può andare bene?

Il Vaticano agisce sempre così. Anche per la sentenza della corte europea sul crocefisso: prima, in sordina, lancia il sassolino nello stagno. Poi, quando tutti hanno esternato il proprio sdegno, fievolmente sussurra: «che sia la corte europea a decidere»”. Nei prossimi giorni potremo verificare se anche per il Carnevale di Rio (così come per i crocefissi), verrà emessa qualche ordinanza particolare (da qualche sindaco burlone). So che sembra illogico ma … Non è detto, non è detto.

In ogni caso, per completezza d’informazione, il dossier della candidatura verrà valutato a luglio 2010, durante un incontro internazionale a Brasilia, in occasione del 50° anniversario della capitale del Brasile. C’è ancora tempo quindi.

A proposito. Il pronunciamento Unesco sulle Dolomiti. Tutto OK?

Foto: Flickr sfmission.com

l’acqua della Lola (e di Col Vidal) – 2a parte

27 Novembre 2009 Ambiente, Pian dei Buoi, Turismo e dintorni acqua, col-vidal, parco-della-memoria, sviluppo-pian-dei-buoi

abbeveratoio del lago morto (ciadìn)
Nel precedente articolo relativo all’acqua della Lola “l’acqua della Lola (e di Col Vidal) – 1a parte“, accennavo al fatto che, cercando di ripristinare la funzionalità dell’acquedotto, che dovrebbe consentire l’arrivo dell’acqua a Col Vidal, sono sorti dei “problemini” di carattere tecnico.

Questi problemini hanno compromesso il corretto utilizzo dell’acquedotto al punto che, di acqua per la Lola (per le mucche insomma), ne giungeva un solo filino, tanto da costringere i pastori a lasciare la pompa in funzione per più ore per riempire i due abbeveratoi con una discreta quantità d’acqua. Gli abbeveratoi sono due in quanto, nell’agosto scorso, a quello del Lago Morto ne è stato aggiunto un altro, posto sul curvone appena sotto la Forzeluta de Mizoi (nei pressi della baita dei Foracol o de Emadora).

Chi ha svolto i lavori di ripristino per conto di Taferner si è reso conto che, in ragione della scarsità d’acqua sul tubo di presa, la pompa cavita, ossia crea bolle d’aria che le impediscono di mandare in pressione il condotto. Fra la Casera dele Vace (1763 m) e la Forzeluta de Mizoi (1850 m), punto più alto da superare, vi sono circa 90 metri di dislivello. La colonna d’acqua oppone quindi una resistenza di circa 9 atmosfere e, se la pompa aspira aria, anche poca, inizia a cavitare (gira a vuoto senza esercitare spinta sulla colonna d’acqua) ed il flusso si arresta o si riduce drasticamente (e questo è il motivo per cui i pastori recitano così spesso il rosario …).

La Casera è alimentata dall’acquedotto di Fraìna che non ha mai avuto una grande portata. Se ci aggiungete il fatto che a tale acquedotto sono collegate svariate baite, che spesso sono dotate di servizi interni (lavello, cesso e talvolta anche doccia), e che in particolare durante il mese di agosto ospitano i rispettivi proprietari (che alla sera evidentemente puzzano e quindi si lavano), ecco spiegata la natura della scarsità d’acqua (a monte della sorgente di Fraìna per cause naturali, a valle anche per cause antropiche).

Quando poi la scarsità d’acqua si manifesta nei “servizi essenziali” alle baite, ecco che qualcuno, fattosi “furbo”, chiude momentaneamente la valvola che fa giungere acqua alla casera (talvolta, mica sempre), che riapre solo dopo aver soddisfatto i propri bisogni (primari e non).

Tenete conto, per inciso, che la caserma di Soracrepa non è aperta; se lo fosse, anche senza pensare a 50 posti letto, bisognerebbe contingentare l’acqua o approvvigionare l’altopiano con un servizio di autobotti.

Soluzione. Il problema descritto, della scarsità d’acqua in arrivo alla Casera dele Vace, che ne compromette il pompaggio agli abbeveratoi della Lola ed alla fontanella di Col Vidal, trova semplice soluzione nell’utilizzo di una vasca di carico, di conveniente capacità, con la quale si evita l’aspirazione di aria e la conseguente cavitazione della pompa (la tecnologia offre anche altre soluzioni, eventualmente perseguibili, ma questa è la più semplice).

Attenzione però: installata la vasca di carico, se si vuole avere acqua non solo per gli abbeveratoi, quindi non solo per la Lola, ma anche per i turisti in transito a Col Vidal, bisogna far funzionare l’autoclave: la pompa, regolata da un pressostato, manda in pressione la condotta; nel momento in cui vi è un prelievo d’acqua che fa scendere la pressione (ovviamente i rubinetti devono essere a richiusura automatica), scatta il pressostato che riattiva la pompa per il tempo necessario a riportare l’impianto alla pressione d’esercizio.

E se si dovesse riaprire la caserma di Soracrepa con funzione di accoglienza turistica (albergo)? 20, 30, 50 persone che dormono, mangiano, ca…., si lavano ecc ecc.. L’acqua dove la si trova? E’ stata prevista una grande vasca di accumulo? NOO?

In questo caso basterà ricorrere a ciò che è previsto al capitolo “Approvvigionamento idrico” del noto studio “Lo sviluppo turistico di Pian dei Buoi: guida alle buone pratiche“, reso possibile dal concorso di idee ideato in periodo pre-elettorale e fortemente perseguito da questa amministrazione, cui tutta la popolazione di Lozzo ha contribuito con spirito collaborativo (così infatti era previsto), integrato dall’immancabile contributo di qualche professionista (ultimamente vanno di moda gli architetti).

Oppure aspettate un mio prossimo articolo sull’argomento.

autonomia: non si può raggiungere senza una identità forte ed un fiero ed orgoglioso senso di appartenenza comunitaria

26 Novembre 2009 Attualità, Autonomia noi-ladini, referendum-autonomia, trentino-alto-adige

Per arricchire la discussione su un tema di importanza vitale come quello dell’autonomia della nostra provincia, sono ben lieto di ospitare un intervento del Capitano delle Cernide, giuntomi via email in occasione dell’uscita degli articoli Provincia Autonoma di Belluno Dolomiti e La democrazia diretta nella provincia autonoma di Bolzano. Non credo, a differenza del Capitano delle Cernide, che il treno dell’autonomia partito da Calalzo, cui fa riferimento metaforico, sia stato l’ultimo, come pare di capire dal suo intervento. Credo che vi sia ancora la possibilità di saltare sul treno dell’autonomia, probabilmente l’ultimo, questo sì. Non c’è ancora in stazione, questo treno, bisogna fare in modo che si materializzi, ecco il perché del referendum sull’autonomia. Concordo invece nel sostenere che “siamo sempre in ritardo”, ma la colpa è tutta del sistema partitico, che continua a confondere la gente bellunese con promesse che in realtà sono solo illusioni. Segnalo infine l’indirizzo di un terzo articolo, a questo precedente in termini di tempo, Provincia Autonoma di Belluno Dolomiti: un primo incontro.


di “Il Capitano delle Cernide”

Premetto che non sono iscritto alla Lega, e ,se mai, le mie simpatie vanno alla “Lega di lotta” di 10-15 anni fa, più che all’attuale “Lega di governo”. Questo perché se oggi tutti i partiti di destra e di sinistra, da sempre votati al più becero e romanocentrico centralismo, sono costretti a inseguire la Lega diventando (spesso solo a parole) autonomisti e federalisti per ovvi motivi elettorali, lo si deve soltanto ed esclusivamente alla Lega, che per questo è nata e che di queste tematiche ha fatto da sempre il suo cavallo di battaglia: a mio avviso proprio per questa coerenza merita credibilità. Questi sedicenti “autonomisti” e “federalisti” dell’ultimo minuto, in epoca pre-Lega, 25 anni fa o giù di lì ma anche dopo, neanche conoscevano il significato di parole come autonomia e federalismo, anzi molto spesso erano proprio quelli che remavano contro gli interessi “locali” (gli assatanati dalla “superiore identità italica”, i professionisti della solidarietà e del “politicamente corretto”, i kompagneros salottieri e radical chic, ecc.)  !  Questo per l’obiettività e la chiarezza…. Va anche detto che in questo paese gattopardesco lo sport nazziunale è parlare e (s)parlare a iosa di una cosa,  perché nulla cambi (soprattutto  le…careghe)!!!

Referendum: si può anche fare, per dare un segnale, ma senza farsi eccessive illusioni….Questo squinternato paese non è la Svizzera, dove la democrazia è consolidata da molti secoli, e dove il ricorso a forme di democrazia diretta è abituale, dato che il cittadino e il popolo sono di fatto e da sempre sovrani! Qui non si contano i referendum nazionali i cui risultati non sono mai stati applicati o sono stati “aggirati”(finanziamento pubblico ai partiti, abrogazione del ministero delle politiche agricole e forestali, privatizzazione della RAI, rappresentatività per i contratti del pubblico impiego,contribuzione sindacale automatica,ecc.), o i referendum che sono stati “boicottati” da tante forze politiche interessate a non farli passare. D’altro canto i referendum “locali” dei comuni “di confine” hanno visto per lo più una buona partecipazione, ma quanto a risultati e “spallate” …

Trentino Alto Adige/Sudtirolo: come noto, questa “regione” è poco più di un nome sulla carta, dato che il potere è esercitato pressoché esclusivamente dalle due provincie autonome di Trento e Bolzano. Tranne Bolzano, che ha dimostrato un certo interesse esclusivamente per i tre comuni del cosiddetto “Tirolo  Storico” (Cortina, Colle S. Lucia, Livinallongo), non mi pare che sia applicabile a noi in qualche maniera l’idea-cardine del grande federalista Prof. Miglio dello stare “con chi ci piace e con chi ci vuole”….

Un dato di fatto  fondamentale, a mio avviso, va tenuto presente: tutte le comunità (provinciali e regionali) che nello stato italico godono di autonomia più o meno ampia sono caratterizzate da una identità forte e da un fiero senso di orgoglio e di appartenenza comunitaria. Dunque il problema non è solo economico e politico, ma anche ed imprescindibilmente culturale e sociale.

Quasi tutte queste istituzioni hanno goduto e godono dell’appoggio di “sponsor” dotati di … un valido “peso specifico” per fare lobby. Un discorso a parte meriterebbero i metodi usati da queste comunità per conseguire l’autonomia, metodi che non sono stati sempre…ghandiani !  C’è poi il problema della “questione ladina” che divide nettamente a metà la provincia di Belluno….

La verità  è che dobbiamo ancora molto  lavorare  e soprattutto  seminare prima di raccogliere, e il tempo perso da recuperare è notevole. SPERO DI SBAGLIARMI, MA HO L’IMPRESSIONE CHE ORMAI IL TRENO DELL’AUTONOMIA SIA GIA’ PARTITO DALLA STAZIONE DI CALALZO SENZA PASSEGGERI A BORDO DATO CHE QUESTI ERANO IN RITARDO !!!  SPERIAMO CHE NON SIA COSI’ !!!

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