BLOZ - il blog su Lozzo di Cadore Dolomiti

Museo della Latteria: scendono in campo i professionisti

3 Agosto 2009 Digo la mea, Museo della Latteria, Soldi: dove finiscono? professionisti, volontariato

logo-latteria-sociale-lozzoEra già qualche anno che si paventava la temporanea chiusura estiva del Museo della Latteria, per permettere di realizzare un nuovo allestimento museale (scegliere di fare i lavori in autunno o in primavera era troppo complicato?). Per problemi legati ai finanziamenti dell’opera la cosa si è protratta fino a questa primavera quando, ottenuta la certezza della copertura finanziaria, si è dato il via al progetto. Ed il museo quindi risulta chiuso per lavori.

La cifra stanziata è di 160.000 € e dovrebbe consentire di adeguare la struttura alle necessità delle persone diversamente abili, fare alcune migliorie di carattere generale e realizzare il nuovo allestimento museale. Per continuare il mio ragionamento, devo spartanamente dividere a metà questi 160.000 €, ritenendo che metà saranno prosciugati dai lavori edili e dalle migliorie e metà dovranno permettere l’allestimento. E’ un azzardo ma non credo di essere molto distante dalla verità.

Bene. Dovete sapere che l’allestimento, che per anni ha permesso di illustrare le attività legate alla latteria ed alle lavorazioni del latte, è stato realizzato da volontari dell’Associazione Latteria Sociale che è proprietaria dello stabile. Tale allestimento, che ora risulta smantellato, era più che dignitoso e, pur nelle ristrettezze economiche che ne hanno condizionato la realizzazione, ha sempre incontrato, anno dopo anno, il favore del pubblico.

Certo si poteva fare meglio, anche molto meglio, ma quei volontari hanno speso la somma di 2.500 € (i materiali necessari per l’allestimento) che vuol dire che hanno fatto un “miracolo” (il vero problema è stato il coordinamento per cercare e recuperare il materiale, non tanto esporlo successivamente, cioè produrre la parte scenografica dell’allestimento stesso).

Ora, scendono in campo i professionisti. Che vanno pagati, sia chiaro, ci mancherebbe. Per fare l’allestimento si hanno quindi  a disposizione, secondo la mia ipotesi,  80.000 € (per inciso, 80.000 / 2.500  = 32;  noi avevamo 32 volte meno soldi a disposizione).

Il lavoro non potrà che presentarsi bene, alla fine, ci mancherebbe anche questa. Ma l’enormità del divario di mezzi e soldi a disposizione è tale che io, ad allestimento finito, quando attraverserò la soglia del nuovo museo, immagino che sarò rapito da un turbine di emozioni indicibili (avete presente Jumanji), che mi scuoterà e percuoterà in ogni fibra, che mi costringerà ad abbandonarmi ammaliato a questo gorgo vorticoso di sottili tentazioni ed alla fine la mia anima ne uscirà completamente appagata, conquistata, forse stregata. Sarà, dovrà essere, un’esperienza orgasmica.

E per farmi provare l’intensità di queste emozioni non basterà il suono di qualche scampanio od il lontano muggire delle armente al pascolo, né qualche gigantografia di sicuro effetto scenografico.

Diversamente avremo speso 80.000 € per dare al visitatore poco di più di quello che c’era già.

Deve esserci qualcuno che ha deciso di cambiare l’allestimento, perché evidentemente il precedente non era adeguato. Bene. Adesso mi piacerebbe capire dove andranno a finire gli 80.000 € dedicati all’allestimento stesso, con il giusto grado di dettaglio  (o fatemi provare la cascata di emozioni evocata precedentemente).

Per gli altri 80.000 € (sempre secondo la mia ipotesi), quelli dei lavori di adeguamento e migliorie ecc. ecc., il ragionamento non cambia. Se ci sono dei lavori da fare, ci dovrà poi essere un quadro economico che li riassume e ne valorizza le varie voci costitutive. Conoscerle non sarebbe male, così, per farsi un’idea. E’ chiaro, per fare un banale esempio, che con 80.000 € si fa ben più di un gabinetto per disabili.

pian piano si va molto lontano

2 Agosto 2009 Decoro urbano Decoro urbano, minuto-mantenimento, pulizia-paese

La notizia è leggermente datata, riferendosi al 24 luglio scorso, ma le Dolomiti avevano una maggior importanza e l’ hanno momentaneamente oscurata. Ma è giunto il momento di darne conto perché, nel suo piccolo, l’episodio ha un ché di eroico e quando ho visto che stavano ultimando i lavori mi ha preso una certa commozione.

Si tratta di un episodio della gestione della pulizia del nostro paese. Così come per via Col Vidal, anche per via Loreto la strategia messa in atto per la loro pulizia è la tecnica “a singhiozzo“. Mai che si riesca a vedere una via pulita per intero, si procede a “pezzi” (ma deve esserci un oscuro disegno alle spalle, che prima o poi mi diverrà chiaro).

Lo sforzo è di quelli titanici se, come è vero, dal 9 maggio siamo arrivati al 24 luglio prima di avere questo tratto di via pulito. Qui infatti mi riferisco al tratto della via Loreto dal Capitel a Brodevin (innesto con via Marmarole).

Devo ammettere però che l’onda lunga dello sforzo profuso dall’Amministrazione per garantirci un paese pulito sta dando i propri frutti:  ci siamo infatti lasciati alle spalle il brutto periodo primaverile e con l’inizio dell’estate, con lentezza ma inesorabilmente, le cose sono migliorate. Basta dare un’occhiata alla galleria di foto qui proposta.

Via loreto tra Capitel e via Marmarole maggio-luglio 2009
Via loreto tra Capitel e via Marmarole maggio-luglio 2009
Via loreto tra Capitel e via Marmarole maggio-luglio 2009
Via loreto tra Capitel e via Marmarole maggio-luglio 2009
Via loreto tra Capitel e via Marmarole maggio-luglio 2009
Via loreto tra Capitel e via Marmarole maggio-luglio 2009
Via loreto tra Capitel e via Marmarole maggio-luglio 2009
Via loreto tra Capitel e via Marmarole maggio-luglio 2009
Via loreto tra Capitel e via Marmarole maggio-luglio 2009
Via loreto tra Capitel e via Marmarole maggio-luglio 2009

sarà Provincia di Belluno Dolomiti?

30 Luglio 2009 Cadore - Dolomiti, Turismo e dintorni dolomiti, unesco

Mappatura delle provincie di Belluno, Trento, Bolzano affiancate alla regione Friuli. In evidenza l'area occupata dalle Dolomiti
Mappatura delle province di Belluno, Trento, Bolzano affiancate alla regione Friuli. In evidenza l'area occupata dalle Dolomiti (in rosso la "porzione" bellunese, in giallo quella delle altre province).

Ieri ho scritto un breve articolo in merito al cambio di nome della nostra provincia in Provincia di Belluno Dolomiti.  Nell’articolo del Gazzettino che mi ha offerto questo spunto, il presidente di Confindustria Belluno Dolomiti, Valentino Vascellari, nel chiedere al presidente della provincia Bottacin un pronunciamento in merito, sottolinea che la decisione “sull’opportunità di assumere il valore del marchio Dolomiti nel nome della Provincia” dovrebbe essere presa da “noi prima di chiunque altro“.

Che la nostra Amministrazione provinciale decida di farlo o meno, per me va fatto, volevo rincuorare Vascellari sulla tempistica: a mio modo di vedere nessun’altra provincia, fra quelle interessate, può permettersi di aggiungere la parola Dolomiti al proprio nome. Per ognuna di esse sarebbe, in termini di marketing territoriale, un grave errore di posizionamento, che andrebbe a discapito di una strategia che, soprattutto per Trento e Bolzano, non è nata ieri.

Basta dare un’occhiata alla mappatura delle province con l’evidenziazione dell’area dolomitica. Si nota subito come nell’offerta del prodotto montagna (ossia la loro intera superficie territoriale), per le due province autonome le Dolomiti siano una “quota parte” dell’intera offerta (fatene anche una punta di diamante, se volete, ma restano una piccola fetta di tutta la torta).

Vedete com’è piccola invece la nostra provincia, stretta tra i giganti autonomi (la regione autonoma Friuli Venezia Giulia si vede solo in parte). Già da sola questa immagine grida vendetta perché, tralasciando le motivazioni storiche, attenendosi solo a quelle geografico-territoriali (è chiaro che sto forzando il ragionamento), è evidente che il buon Dio, posto di dover concedere a qualcuno l’autonomia, non avrebbe avuto alcun dubbio: se una terra deve essere autonoma, che sia la provincia di Belluno. Sappiamo tutti che non è così. Ma torniamo alle nostre Dolomiti.

Se qualcuno può, senza alcuna remora, definirsi “dolomitico“, questa è la provincia di Belluno, anzi la Provincia di Belluno Dolomiti (stavo per scrivere Provincia autonoma di Belluno Dolomiti). Per l’autonomia sarà per un’altra volta, ma mi sa che anche per aggiungere Dolomiti al nome di Belluno sarà, se sarà, un parto travagliato.

Se qualcuno vuole dare un’occhiata più approfondita alla situazione territoriale della nostra provincia stretta fra i giganti autonomi, può consultare questa mia mappa su Google (non sono però evidenziate le aree dolomitiche).

Nell’immagine sottostante un’inquadramento dell’area dolomitica più generale in cui ho approssimato i confini provinciali, evidenziando in rosso la porzione delle Dolomiti presenti sul territorio della provincia di Belluno (qui l’immagine originale).

Carta suddivisione delle aree dolomitiche in relazione alla provincia di Belluno
Carta della suddivisione delle aree dolomitiche in relazione alla provincia di Belluno


Lozzo di Cadore Dolomiti

29 Luglio 2009 Cadore - Dolomiti, Proposte, Turismo e dintorni dolomiti, minoranza, promozione-turistica, unesco

Prendo spunto da una notizia apparsa sul Gazzettino riguardante la proposta di Confindustria di cambiare nome alla nostra provincia in Provincia di Belluno Dolomiti. Peraltro la stessa Associazione Industriali ha recentemente “cambiato nome”, fungendo da esempio, diventando Confindustria Belluno Dolomiti.

Sono convinto che la proposta contenga in sé un grande valore simbolico non solo per la provincia, ma per tutti i comuni che la compongono. Non sono per niente convinto invece che la cosa debba avere una qualche attinenza con il recente pronunciamento da parte dell’Unesco, con il quale le Dolomiti sono diventate patrimonio dell’umanità.

Mi terrei per ora lontano da questo abbinamento per il semplice motivo che in termini turistici, inutile negarlo, tra un po’ ci toccherà combattere contro l’idea che esistano, all’interno del “patrimonio Dolomiti”,  aree d’elite (Trento e Bolzano) contrapposte con aree “più villiche” (noi). Potremmo pure tentare di convincere il turista che anche qui siamo “patrimonio dell’umanità”, ma al secondo giorno quest’ultimo si sarà già dimenticato, e con ragione, della storiella. E farà l’unica cosa che può fare un turista: cercare servizi che soddisfino i suoi bisogni (non solo corporali).

No, questo non è autolesionismo. Limitiamoci alle “apparenze”: provate a percorrere in auto il Centro Cadore e date un’occhiata alle bordure stradali (siamo alla fine di luglio). Neanche nella Slovenia di 20 anni fa riuscivi a vedere un tal senso di “abbandono”. Poi andate a Corvara e capirete perché, a livello di “sistema”, anche nelle Dolomiti ci sono aree di seria A e di serie B. Sia chiaro, questa logica si può applicare ad ogni cosa: qui, che spaventa, è il divario fra A e B.

Ma veniamo al Cadore ed in particolare a Lozzo di Cadore. Piccolo paese, come Borca di Cadore. L’Amministrazione di quest’ultimo, agli inizi di giugno, ha deliberato di chiamarsi Borca di Cadore Dolomiti, ne dava notizia ancora il Gazzettino. Bene, mi sono detto, prima Confindustria, poi Borca, pian pianino la cosa prenderà piede. A due mesi di distanza Vascellari, presidente di Confindustria Belluno Dolomiti, torna sull’argomento, incitando l’Amministrazione provinciale a muoversi nella direzione prospettata. Staremo a vedere.

Al riguardo sono andato a rileggermi uno dei punti del programma elettorale della lista “Per la Gente di Lozzo” in cui si indicava la necessità di:

  • predisporre ed installare due tabelloni di benvenuto alle entrate del paese in cui siano chiaramente espressi i concetti di ladinità e di appartenenza alle Dolomiti

Niente di faraonico, un semplice segno, però di elevato valore simbolico.

Sarebbe davvero un grande marchio in grado di dare evidenza, oltre ogni immaginazione, anche alla popolazione locale, ma soprattutto al turista, della nuova vocazione turistica che con determinazione questo nostro paese vorrebbe far rifiorire.

Nell’ipotesi qui proposta, proiettata in occasione dell’incontro con la popolazione organizzato dal gruppo “Per la Gente di Lozzo”, costruita in fretta ed al solo scopo di far capire di cosa si trattava, avevo individuato tre messaggi da veicolare organicamente con il medesimo tabellone informativo:

  • lo slogan distintivo a livello di area: Lozzo di Cadore il “Paese dei Mulini e degli Antichi Sentieri“;
  • la chiara dichiarazione di appartenenza al Mondo Ladino;
  • l’altrettanto chiara dichiarazione di appartenenza alle Dolomiti del Cadore.

Vascellari prova ad incitare la Provincia di Belluno, io tento di spronare la Maggio-Mino-ranza di Lozzo di Cadore.

Proposta di pannello informativo da porsi all'entrata di Lozzo di Cadore
Proposta di pannello informativo da porsi all'entrata di Lozzo di Cadore


aggiornamento pagina “Consigli per la navigazione”

28 Luglio 2009 Senza categoria navigazione, Segnalazioni


valutando il contenuto di una email ed un paio di conversazioni telefoniche, ho creduto opportuno aggiornare la pagina Consigli per la navigazione, fornendo alcune semplici e spero utili notizie per muoversi più efficacemente fra le pagine del blog (aggiunta della sezione “Nozioni elementari sul BLOZ”).

Colgo l’occasione per chiarire anche qui, in questo articolo, alcune funzionalità:

Modalità per tornare alla pagina principale:

in qualsiasi parte del BLOZ vi troviate, basta cliccare su un qualsiasi punto dell’immagine dell’intestazione. Se siete a fine pagina è più comodo cliccare sul link “BLOZ – pagina iniziale” (si trova alla prima riga di testo nell’area scura, in gergo “footer”, proprio al fondo di ogni pagina).

Come aprire un link in una nuova scheda

La situazione è tipica: mi trovo su una pagina che voglio mantenere aperta e fissa. Su questa pagina c’è un link di cui però voglio verificare il contenuto. La soluzione è quindi aprire il link in una nuova scheda (o al limite in una nuova finestra). Come fare? Sia con Firefox che con Internet Explorer (perlomeno la versione 7):

  • cliccare con il tasto destro del mouse sul link da aprire e scegliere “Apri in una nuova scheda”;
  • oppure, tenendo premuto il tasto Ctrl, cliccare sul link col tasto sinistro del mouse ;

per chi usa Firefox questi due componenti aggiuntivi posso risultare molto utili:

CoolPreviews: basta passare col cursore sopra il link, attendere un attimo, e si apre una finestra ridotta nella quale puoi immediatamente verificarne il contenuto (e cliccare sugli eventuali link presenti);

InstaClick: quando è installato basta cliccare col pulsante destro del mouse per avere qualsiasi link aperto in una nuova scheda; per riattivare momentaneamente le funzionalità del pulsante destro (per copiare l’indirizzo del link per esempio), basta tener premuto il tasto Ctrl;

Cosa sono e come utilizzare le gallery (gallerie di immagini):

L’immagine sottostante mostra come si presenta normalmente una gallery: una semplice sequenza di immagini ridotte (attenzione: questa non è una gallery funzionante ma solo una sua immagine; se vuoi provare una gallery attiva vai a questo indirizzo).

spiegazione_gallery

Cliccando su una qualsiasi immagine si attiva la gallery (la cosa migliore è cliccare sulla prima immagine della sequenza): lo schermo si incupisce e l’immagine viene presentata al centro dello schermo nella sua dimensione originale. Alla base di questa vi sono le “frecce” che permettono la visualizzazione della gallery in entrambi i sensi. Per chiudere la gallery basta cliccare all’interno dell’immagine.

Se cliccando sulle immagini ridotte non appare la gallery ma la singola immagine (in alto a sinistra sullo schermo), vuol dire che il vostro navigatore (Firefox, Internet Explorer) ha la funzionalità javascript disattivata. Per vedere le gallery questa funzionalità deve essere necessariamente attivata (normalmente lo è). Per attivare questa funzione in Firefox cliccare su “Strumenti – Opzioni … – Contenuti” e spuntare la voce “Attiva Javascript”.

Se la gallery funziona questa è l’immagine che dovreste vedere:

spiegazione_gallery2

trasparenza o non-trasparenza, questo è il dilemma

27 Luglio 2009 Informa-Lozzo libera-informazione, non-trasparenza, pubblicazione-delibere

Trasparenza o non-trasparenza? Questo è il dilemma.
Trasparenza o non-trasparenza? Questo è il dilemma.

Ieri, mentre stavo facendo alcune foto nei pressi della chiesa di Loreto, ho incontrato il vice-sindaco. In relazione alla vicenda della pubblicazione delle delibere di giunta e consiglio su internet, mi ha manifestato il suo chiaro risentimento, oltre che amarezza, per l’utilizzo che ho fatto negli articoli della parola non-trasparenza.

Egli ritiene che l’affissione delle delibere all’albo (che, ripetiamolo, è un obbligo di legge) è già di per sé un elemento che qualifica l’Amministrazione come trasparente: ecco perché sarebbe scorretto, da parte mia, evidenziare la non-pubblicazione su internet degli atti amministrativi come non-trasparente.

Evidentemente il vice-sindaco percepisce come una “macchia” ciò che la parola non-trasparenza può evocare nel lettore, e che in questo caso non ha ragione d’esistere in quanto l’informazione sarebbe comunque garantita dalla pubblicazione degli atti all’albo. Tale pubblicazione sarebbe, semmai, sempre secondo il vice-sindaco, una comodità che si offrirebbe al cittadino.

Io non ne vorrei fare solo una questione “semantica” (attribuire il corretto significato a trasparenza o non-trasparenza), vorrei rimanere ai fatti. Ed i fatti dicono che le delibere NON SONO PUBBLICATE SU INTERNET.

OK. Diamo pure per scontato che un’amministrazione sia trasparente per il solo fatto che, ancorché sia un obbligo di legge, pubblica le proprie delibere all’albo.

Siccome tutti gli 8000 e più comuni d’Italia assolvono a questo compito, dobbiamo ritenere che ognuno di essi sia trasparente.  E allora come si spiegherebbero tutte le indagini e le condanne che colpiscono in tutt’Italia la categoria degli amministratori locali. Come mai la magistratura è continuamente al lavoro per arginare abusi, truffe e più in generale il malaffare fra le mura dei municipi?

Semplice. Perché non c’è necessariamente una relazione diretta tra dichiararsi trasparente e comportarsi onestamente nella gestione della cosa pubblica. Vi potranno quindi essere amministrazioni che pubblicano tutto su internet ma che poi nella pratica “sguazzano”, e amministrazioni che non pubblicano niente su internet e che sono pure come una verginella.

Il problema non verte quindi su trasparenza e non-trasparenza, ma sulla qualità dell’informazione.

Favorito in ciò dalle soluzioni tecnologiche che abbiamo a disposizione, il cittadino oggi deve essere cosciente, nel confrontarsi con la propria Amministrazione, di avere il sacrosanto diritto a:

  • la miglior qualità dell’informazione possibile;
  • la massima facilità di accesso alla medesima (che oggi significa Internet).

Anche alla luce di queste due ultime considerazioni, oggi che stiamo vivendo i primi anni del terzo millenio, utilizzando un linguaggio “giornalistico”, chiunque definirebbe la non pubblicazione degli atti amministrativi su internet (tra l’altro a costo zero per il contribuente) come una pratica amministrativa non-trasparente, perché con essa, negando la massima facilità d’accesso (internet), di fatto si nega al cittadino il diritto fondamentale alla miglior informazione possibile.

Mi ripeto. In questo contesto: non-trasparenza = negare al cittadino il diritto fondamentale alla miglior informazione possibile.

Possiamo poi chiamarla come ci pare: opaca trasparenza, trasparenza apparente, trasparenza di legge, trasparenza e basta. La pubblicazione su internet degli atti amministrativi è uno dei tanti modi per avvicinare maggiormente il cittadino alle istituzioni. All’Amministrazione non costa nulla, al cittadino nemmeno. Se lo ritiene opportuno si collega al sito e si informa, diversamente ne fa a meno. Non costa nulla a nessuno, niente, zero.

Ma non si fa. Perché? Io un’idea ce l’ho. Come ho avuto già modo di scrivere su un commento, per un amministratore dovrebbe essere motivo di orgoglio poter dire: “Seguiteci su internet“. Tuttavia, a  chi segue i corsi di “strategia politica”, ancor oggi, una delle prime cose che insegnano, per cercare di mantenere il “predominio”, sempre in senso politico, è: “Non dare mai più informazioni di quelle che tu non sia costretto a dare”.

Foto: danielomx (modificata)

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