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Cason de Valdazene (winter tour by Eugenio Calligaro)

8 Febbraio 2014 Ambiente, Cadore - Dolomiti, Curiosando, Pian dei Buoi curiosando, la-parola-ai-lozzesi

Eugenio Calligaro mi ha mandato a scopo documentativo le seguenti due interessanti foto (ingrandibili) del Cason de Valdazene (1708 m slm) da lui scattate il 6 febbraio scorso. Mi sembrava una simpatica curiosità, se non altro per tutti quelli che non sono soliti scorrazzare in ambiente invernale, ed ho chiesto il permesso di pubblicarle. Ho affiancato altre due foto con la medesima prospettiva per apprezzare la quantità di neve caduta che Eugenio certifica raggiungere, misurata con sonda su terreno piano, i 280 cm.

Ricordo che il Cason de Valdazene è uno dei casoni comunali posti lungo l’Anello dei Casoni – segnavia n.4 del Parco sentieristico Terre Alte di Lozzo di Cadore – descritto sul sito web di Lozzo di Cadore (oppure a questo indirizzo su Google Map).

Casone di Valdacene 6 febbraio 2014 (foto Eugenio Calligaro)

Casone di Valdacene (31 marzo 2002)

Casone di Valdacene 6 febbraio 2014 (foto Eugenio Calligaro)

Casone di Valdacene 31 marzo 2002

LE ISTITUZIONI E GLI ORDINAMENTI ANTICHI E RECENTI

8 Febbraio 2014 Attualità, Società giuseppe-zanella, la-parola-ai-lozzesi

Con riferimenti e notazioni storiche su Lozzo e sul Cadore

di Giuseppe Zanella

Oggi giorno si fa un gran parlare della necessità di riforme in senso lato. Sono anni che si dibatte e ci si accalora attorno a proposte di revisione delle Istituzioni, di aggiornamenti e/o radicali mutamenti nella organizzazione statale, regionale, provinciale e locale, di una riforma della fiscalità generale, di sostanziali mutamenti nelle strutture essenziali deputate al servizio del cittadino (scuola, sanità, trasporti ecc.), di rivisitazione totale delle più disparate forme associative in cui risulta (male) articolata e strutturata la nostra società. Quali fin qui i risultati dopo anni di confronti e dibattiti nell’agone politico romano ed in quello più ‘decentrato’? Si è trattato, per lo più, di sterili contrapposizioni e demagogiche disquisizioni che hanno solo contribuito a gettare le basi di una profonda crisi politico-istituzionale nella quale da troppo tempo ci si dibatte e dalla quale è molto, molto difficile uscire.

Di quel po’ che sul tema è stato fatto (1a e 2a Repubblica) si salva soltanto (ed in modo parziale) la sola legge maggioritaria sulla elezione dei sindaci (con la distinzione, secondo la recente Lg. Delrio, in turno unico od in doppio turno, rispettivamente fra piccoli comuni fino a 15.000 abitanti e tutti gli altri, con diversificazione, nella composizione dei consigli comunali, secondo ben precise fasce di popolazione residente). Per il resto, soltanto un cumulo di papocchi, a cominciare dalla rivisitazione del titolo V° della Costituzione che ha innescato una perenne diatriba ed innumerevoli contenziosi in fatto di ruoli e competenze, non ben delineate e demarcate, fra Stato e Regioni. Per non parlare dell’esecrato Porcellum, nefanda legge elettorale confezionata da quell’improbabile politico che risponde al nome di Roberto Calderoli, medico con specializzazione maxillo-facciale (mai professione è stata così azzeccata…), legge promulgata non come ‘regola’ condivisa ma come obbrobrioso guazzabuglio atto a consolidare il potere dei partiti sulle scelte dei candidati (di fatto nominati, non eletti).

Citiamo infine la tanto strombazzata riforma federalista, poi miseramente annacquata dal solito Calderoli, questa volta nelle vesti di improbabile costituzionalista (sì, lo stesso del Porcellum!). Anni ed anni di dibattiti per la revisione costituzionale e per il Federalismo, il tutto sponsorizzato sempre dal noto esponente leghista bergamasco, unitamente a tre suoi eminenti colleghi (si fa per dire), riuniti in una baita di Lorenzago dove, tra uno stornello ed una libagione, si provvide ad un taglia-cuci della Carta, anfitrioni il duo Bossi-Tremonti!!! Calamandrei, Paratore, Mortati, Moro, La Pira si saranno rivoltati nella tomba di fronte ad emuli sì eminenti e qualificati… Sappiamo poi come gli italiani abbiano saputo riconoscere, con il Referendum, le sublimi doti e le capacità del quartetto…baitistico.

Oggi, in piena fase di transizione alla 3a Repubblica (?), siamo sempre alla stazione di partenzacon il baldo giovin Matteo Renzi che si accorda con il più noto brianzolo dai cristallini trascorsi per una nuova normativa elettorale, la trasformazione del Senato in qualche cosa di indefinito e per una ennesima rivisitazione del titolo V° della Costituzione. Sarà finalmente la volta buona? Personalmente, nutro seri dubbi sulla fattibilità di tale progetto e, se per caso le cose approdassero anche al loro vagheggiato epilogo, la qualità del prodotto non sarà certo eccellente (visti i protagonisti, la loro qualità e livello tecnico-politico).

Fatte queste considerazioni sul presente così poco lusinghiero, andando a ritroso nel tempo e tenuto pur conto delle ambientazioni storico-politiche di una Italia allora frastagliata in tante distinte realtà, come da definizione del principe di Metternich (“Italia solo espressione geografica”), vien dato di porsi alcune domande, giustappunto sul passato. Queste:

-come erano strutturati nell’antichità i meccanismi decisionali e democratici che presiedevano alla gestione della Cosa Pubblica? E di quest’ultima, a chi ed in che modo era demandata la diretta mansione di coordinamento e di comando?

-quale era l’efficacia dell’azione degli esecutivi locali antichi, quale il loro grado di eticità, allora invalso negli addetti alla Pubblica Amministrazione, rispetto alla realtà attuale?

Analizzando la Storia ed osservando la realtà attuale (evidentemente facendo le dovute proporzioni e distinzioni fra il contesto di allora e quello odierno), vien subito fatto di pensare che i nostri avi davano e danno dei punti non da poco agli amministratori di oggi sotto ogni possibile profilo: buon senso, preparazione, sagacia, spirito di servizio, risultati conseguiti sulla base di precise, ferree priorità di intervento, passione civile ecc. erano tutte caratteristiche di forte ancoraggio ed impatto e che oggi giorno, forse, non appaiono essere tenute in così grande rilievo. Ma facciamo parlare i fatti. L’amore per l’indipendenza, la democrazia ed una autonomia correttamente intesa risalgono ancora allo Statuto del Cadore ottenuto dai Da Camino nel lontanissimo 1235.

Dopo l’atto di dedicazione alla Repubblica Veneta (1420), che assicurava al Cadore pieno riconoscimento della Libertà, ogni Regola si dette un proprio codice di regolamentazione con una precisa individuazione del rapporto Diritti/Doveri di ogni singolo regoliere nei confronti della Comunità di appartenenza. Tali norme costituivano i così detti ‘Laudi’. Quello di Lozzo data al 1444 e restò in vita fino alla caduta di Venezia (1797). I principi fondamentali che ispiravano i Laudi erano, sono e rimangono un chiaro esempio di civiltà giuridica che sancì in modo indelebile le caratteristiche peculiari di un popolo: obbligo di elettorato attivo e passivo per i regolieri, divieti ed inibizioni tassative per la società dell’epoca, pene per i trasgressori delle norme codificate, struttura amministrativo-contabile stringente in capo alla regola.

Tutte le deliberazioni avvenivano nella Faula (assemblea popolare dei capi famiglia regolieri). I ‘visindieri’ erano gli incaricati della Pubblica amministrazione. Il Marigo aveva, grosso modo, i compiti dell’attuale sindaco, mentre i Laudadori erano gli assistenti e controllori dell’operato del marigo (una specie di assessori attuali, con in più compiti ‘ispettivi e di controllo’). Marigo e Laudadori costituivano la ‘Magnifica Banca’, una specie di Giunta attuale. Altre figure erano: il Saltaro, il Giurato dei Pegni e quello del Lume, i Terminadori, il Sindico della Chiesa di S. Lorenzo, i Quettri delle malghe, i Bolchi o capi-gregge. Ogni visindiero aveva compiti ben precisi e retribuzioni ‘codificate’. Il Marigo era il primo responsabile del buon andamento della conduzione della Regola. Le cronache segnalano che mai si dovette registrare la presenza di scandali, malversazioni o quant’altro di men che commendevole. E’ documentato che i conti erano tenuti con la massima oculatezza e precisione; era poi assicurato un occhio di riguardo al sociale, con provvidenze per i più bisognosi attraverso l’azione della Confraternita dei Battuti.

Le centurie o centenari funzionavano a dovere e Lozzo, sotto l’aspetto dell’ordine pubblico e della sicurezza, dipendeva dalla centuria di Domegge, unitamente a Grea e Vallesella. Il Fontego era la riserva comunitaria di derrate essenziali per fronteggiare i periodi di magra o di carestia in quanto “non si doveva serrar le viscere del cuore del prossimo vedendolo in necessitade, ma sovvenirlo”. Insomma, pur non navigando nell’oro, la gestione della Cosa Pubblica era impostata a criteri di buona amministrazione, previdenza ed oculatezza. Nel 1806 il Veneto fu unito al Regno Italico e così scomparvero sia lo Statuto del Cadore del 1420 che i Laudi e comparve il codice Napoleonico. Alterne le vicende storiche di quel burrascoso periodo e le vicissitudini vissute dal popolo cadorino fino alle guerre di indipendenza ed alla prima guerra mondiale. I sindaci venivano eletti attraverso elezioni cui partecipava un corpo elettorale parziale e solo maschile, finché all’inizio del 20° secolo si pervenne al suffragio universale maschile.

Nel 1924 il Fascismo teorizzò la figura del Podestà (retaggio storico medioevale e dell’epoca dei Comuni) di nomina politica e solo nel secondo dopoguerra si ebbe il ritorno alla figura del sindaco e del Consiglio Comunale, eletti a suffragio universale (maschile e femminile) con il sistema proporzionale. Da qualche legislatura, il sindaco ed il Consiglio vengono eletti con il sistema maggioritario ad un turno per i comuni sotto i 15.000 abitanti e con quello a doppio turno per i restanti Comuni. La riforma elettorale ha presentato e presenta luci ed ombre: da un lato essa assicura maggiore stabilità all’esecutivo con un sindaco appoggiato da una compagine omogenea. Dall’altro lato la Riforma Bassaniniana ha ridotto di molto i controlli ed i poteri della minoranza.

La eliminazione del CORECO, che aveva anche poteri di revoca delle deliberazioni di Giunta e di Consiglio, non consente più di sanzionare in modo incisivo e puntuale eventuali fatti illeciti od irregolarità di varia natura posti in essere dalla maggioranza e dal Sindaco. Alla minoranza resta soltanto il potere ‘ispettivo’ e di presentazione di interpellanze, interrogazioni, mozioni e poco altro, come la possibilità di segnalare inadempienze o irregolarità al Difensore Civico Regionale, alla Giustizia amministrativa (Corte dei Conti), al Prefetto e/o alla Giustizia Civile o Penale. In queste ultime ipotesi, spese, rischi e responsabilità sono tutte in capo alla medesima minoranza per l’opzionalità dei passi che sentirà il dovere di intraprendere…

In definitiva, ad un indubbio snellimento delle procedure ed alla certezza di una maggioranza, si contrappone una minore incidenza nell’azione effettiva di pungolo e controllo sull’operato dell’esecutivo da parte della Opposizione. Ed a mio parere, ciò costituisce un forte sbilanciamento a favore del Sindaco (ora paragonato ad un “amministratore delegato” del Comune) e della Maggioranza Consigliare, a scapito del sindacato di controllo che era, e dovrebbe restare, compito precipuo della minoranza consigliare.

In questo senso, gli Ordinamenti antichi erano basati su di un maggiore equilibrio dei poteri ed i Laudadori erano sì collaboratori del Marigo ma erano anche controllori accorti dell’operato di quest’ultimo. Bassanini doveva nascere soltanto parecchi secoli dopo…

 

vela vela la lavina (lenta ma inesorabile in Alto Adige: Lawine Pill Moos)

7 Febbraio 2014 Curiosando curiosando

Ansa:

Video choc dall’Alto Adige, la valanga investe il maso

Un agricoltore sul tetto del fienile si accorge della slavina e documenta tutto con il suo cellulare

il collegamento tra Auronzo di Cadore e il Comelico (o il ricovero in un reparto di lungodegenza)

7 Febbraio 2014 Cadore - Dolomiti, Politica nostrana, Turismo e dintorni dolomitando, dolomiti, marketing-turistico, politiche-cadorine, promozione-turistica

Aldo Corte Metto aveva lasciato un commento di spessore all’articolo Alta Badia: ‘per gli utenti di bergfex.com siamo i numeri uno’ nel quale facevo notare, da semplice osservatore, la sostanziale assenza dalla classifica di Bergfex (per quanto “di parte tedesca”) di Auronzo-Misurina. Dico “di spessore” perché in poche righe ha efficacemente messo a fuoco “il problema”, ossia le ragioni (non tutte ma alcune fra le più significative)  dell’isolamento di Auronzo-Misurina dal resto del circo bianco dolomitico.

Bene fai Danilo a sottolineare l’assenza di Auronzo Misurina (in compagnia di San Vito) dalla classifica. Negli anni si è purtroppo stratificata un’immagine di Auronzo che la vuole adatta quasi esclusivamente alle vacanze estive. Un’immagine che si riflette nelle presenze: circa il 75% dei turisti ci fa visita in estate e la percentuale ad occhio sta crescendo. Penso che i motivi profondi di questo squilibrio siano molteplici, tralasciando quelli a tutti evidenti come la mancanza di collegamenti che impediscono i “caroselli” tanto di moda e la quota relativamente bassa che impone un periodo d’apertura di soli 80/90 giorni:

  • ripercorrendo la storia, veniamo da anni di strutturazione perlomeno poco logica dell’impiantistica: un campo scuola (il Paradiso in centro paese) distante 2 km dall’area sci per dirne una; oppure lo skilift più lungo, ghiacciato e scomodo del mondo (qualcuno si ricorda lo skilift di Fedo?);
  • la crisi che ha colpito i nostri clienti abituali (quasi totalmente italiani) proprio quando il comprensorio si dava una strutturazione moderna e razionale: la seggiovia quadriposto ad ammorsamento automatico è stata inaugurata nel dicembre 2007 e il trend dei primi anni faceva presagire una buona possibilità di sviluppo;
  • i trasporti, tema di cui si parla davvero troppo poco e vero e proprio cavallo di battaglia dei nostri vicini: al momento il servizio è disastroso;
  • il fatto che d’estate si sta davvero troppo bene: capisco che chi torna in inverno può rimanere spiazzato ricordando l’immagine che aveva lasciato nella bella stagione;
  • la cultura locale, basti pensare come in un paese tradizionalmente votato agli sport invernali lo sport più praticato e popolare sia diventato il calcio: e l’immagine che si offre all’esterno (all’ospite) altro non è che il risultato di come si vive e lavora all’interno.

Trovare la soluzione è difficile, data la difficoltà a internazionalizzare il turismo senza azioni d’insieme (l’unico sistema turistico autonomo in prov di BL, se per sistema intendiamo il territorio che esprime almeno 1 milione di presenza, è Cortina) e le caratteristiche geomorfologiche del territorio. Ci sono delle idee riguardanti i trasporti interni, che consentirebbero di includere sempre più nell’offerta Misurina, si stanno ampliando le prospettive, per quanto consentono le risorse, su alcuni mercati interessanti come la Slovenia. Certo è che se non interverranno fattori di crescita a livello nazionale tutti gli sforzi saranno solo azioni tampone e non porteranno ad alcun progresso.
Nel frattempo, ben venga l’accordo con la Comunità Montana che ci permette di ribassare di circa il 30% il prezzo del biglietto giornaliero per i residenti in Centro Cadore (18€ contro i 26 da listino), ben venga uno sci club con circa 80 ragazzi, ben vengano le competizioni di free ride e sci alpinismo e le giornate dedicate ai più piccoli come lo Skid Alp Tour, che ci fanno di nuovo respirare aria d’inverno.

Recentemente sul Corriere delle Alpi è apparsa un’intervista nella quale lo stesso Aldo Corte Metto butta sul tavolo una proposta per provare a rompere il perfido incantesimo che tarpa le ali al dispiegarsi dello sviluppo invernale del turismo auronzano, collegare cioè Auronzo con il Comelico attraverso il passo S. Antonio per innestarsi a Padola nel Giro delle Cime:

Ma torniamo all’ipotesi di collegamento con il Comelico: bisognerà vincere l’ostilità degli ambientalisti, che di impianti non ne vogliono più sentir parlare…

«Per carità», dice Aldo Corte Metto, «sono posizioni anche comprensibili, ma non ci possono portare a ridurre la montagna ad un museo. Io ho scelto di tornare a vivere qui, dopo aver fatto esperienze lavorative altrove, ma quanti sono i giovani che oggi possono fare altrettanto? Se non si creano opportunità di lavoro collegate soprattutto al turismo, dopo la grande crisi dell’occhialeria, non mi pare vi siamo molte altre chance. Va bene il turismo sostenibile, vanno bene le ciaspe d’inverno e le mountain bike d’estate, va bene tutto: ma gli impianti di risalita sono ancora oggi un volano fondamentale; non a caso, chi ce li ha non solo se li tiene stretti, ma cerca anche di renderli più efficienti anno dopo anno e di collegarci un’offerta turistica appetibile. E non ci vogliono delle “aquile” del marketing per capire che è così che si deve fare se si vuole stare nel mervato. Credo che anche Auronzo, insieme a tutto il Centro Cadore, oggi debba programmare un nuovo futuro e quindi metto sul tavolo questa proposta, con la speranza che possa essere presa in seria considerazione dalla politica e dal tessuto economico locale».

Quello che avevo da dire riguardo alla variabile ambientalista l’ho detto in  “NuovoCadore: sì a natura incontaminata, no a impianti troppo invasivi e potenzialmente inquinanti“.

Io ho poi un grande limite (che qualche volta diventa un pregio) ereditato dal mio passato che mi spinge, di un progetto, a voler conoscere con sufficiente grado di dettaglio il relativo piano economico. Per questo non so dire se la soluzione prospettata – sicuramente una fra diverse possibili e non necessariamente tale da escluderne altre, anche concomitanti – abbia un proprio “senso economico“, che non contempla il fatto che l’attività in sé debba per forza correre sulle proprie gambe, perché sappiamo benissimo che svariate attività “tradizionalmente in rosso” devono essere supportate anche dal territorio affinché il medesimo possa compiutamente realizzare “il proprio disegno di sviluppo generale”.

Tuttavia, dovendo valutare l’ipotesi del collegamento Auronzo-Comelico nella sua formulazione “onirica”, sono portato a credere, per quel che può contare, che l’idea proposta abbia più di qualche ragion d’essere (altrimenti tanto vale ricoverare Auronzo in un reparto di lungodegenti ed aspettare che si spenga con in mano le cartoline di “quando eravamo belli e bravi”).

Una cosa è invece certa: con le ciaspe (vedi il “Cadore regno delle graspe” qui e anche quo), in termini concreti, non si va da nessuna parte. Anche non considerando l’orrenda impostazione marketing che sta alla base dell’iniziativa (tornerò dettagliatamente su questo argomento), tutto l’ambaradan dovrebbe essere considerato come una più o meno doverosa integrazione al piatto forte che non può che essere l’offerta generale della pista da sci (fate conto che sia il grappino alla fine di un classico primo e/o secondo con contorno e caffè).

A parziale supporto a quanto affermato pubblicherò in un prossimo articolo qualche dato riguardante l’affluenza invernale ed estiva ad Auronzo e dintorni.

(fuori tema ma non tanto: sempre in vena “onirica” non disdegnerei, da lozzese, il presagire una bella fusione fra Lozzo e Auronzo che, con Danta ormai prossima alla resa, potrebbe stare in piedi da subito; volendo, la cosa potrebbe allargarsi tranquillamente anche all’Oltrepiave – come già ipotizzato in passato – dando vita ad un polo invernale di una certa importanza e varietà…)

furbate quotidiane …

7 Febbraio 2014 Curiosando curiosando, refusi

Quando Santoro (che pure non se la passa male eh) assomiglia a Briatore.

furbate

Servizio Pubblico, scontro tra Vauro e Briatore

In studio da Michele Santoro un “grande classico”: il comunista contro il capitalista

 

se ne vedono di tutti i colori …

7 Febbraio 2014 Cadore - Dolomiti, Turismo e dintorni dolomitando, promozione-turistica, turismo-cadorino

Nota di … colore. Da quando i vari consorzi turistici hanno scoperto i social, in giro “se ne vedono di tutti i colori”. E’ una goduria veder passare certi tweet del tipo “stiamo vicini vicini” (con tutto il corteo di autoreferenzialità immaginabili). Quando si dice “fare squadra”!

tutticolori

(via @TurismoVeneto)

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