BLOZ - il blog su Lozzo di Cadore Dolomiti

Lozzo di Cadore. Concertorium, quanto mi costi?

18 Settembre 2009 Auditorium, Cultura, Soldi: dove finiscono?, Turismo e dintorni concertorium, fare-turismo

Non è solo una questione di soldi, che pur sono importanti. Perché  gli amministratori hanno imparato (ci voleva poco) a giustificarsi, perennemente, con l’ormai fatidica frase «non ci sono soldiiiii», salvo poi trovarli (e spenderli) quando servono a determinati scopi.

Bisogna poi fare attenzione agli sbandieratori che, con solerzia e determinazione, spacciano certi eventi etichettandoli sia come cultura che come “elementi determinanti dell’offerta turistica”. Il concertorium, l’insieme cioè dei concerti proposti nell’Auditorium, ne è un esempio: è in effetti una forma di offerta turistica, ma di importanza marginale, non è per niente un’offerta culturale. Vediamo perché.

L’offerta turistica si definisce “primaria” quando, in sua assenza, il turista se ne va (o non viene). Si definisce invece marginale l’offerta turistica senza la quale il turista deve trovarsi qualcos’altro da fare (per quell’oretta). Ed è il caso dei concerti, di tutti i concerti, tranne i festival musicali che, ovviamente, costituiscono un prodotto turistico di vita propria (per esempio il festival di Salisburgo).

Non sono neanche un’offerta culturale. Secondo voi, c’è qualcuno che semplicemente ascoltando 100 concerti è poi in grado di distinguere una ciaccona, una giga, una toccata, un minuetto? Magari!. Sarebbe già confortante se sapessero distinguere un violino da un contrabbasso.

Allora, cosa sono? Spettacolo. Sono una forma di spettacolo e di intrattenimento. Questo sono. Una ottima forma di spettacolo, notoriamente apprezzata, se non altro per lo svago e rilassamento cui normalmente viene associata, che va sostenuta e promossa. Con equilibrio, però, inserendola in un contesto più generale.

Cosa voglio dire? Spiego. Il 26 luglio scorso (una domenica) incontrai il vicesindaco alla chiesa di Loreto. In quella circostanza gli feci notare che, ormai prossimi al mese di agosto, la passeggiata di Loreto, quella lungo la strada romana fino alla Ruoiba, era ben lungi dall’avere un aspetto “turistico” (lascio a voi immaginare le “erbarie” … la passeggiata non è mai stata manutenuta quest’anno). La risposta è stata «lo vuoi capire che non ci sono soldiiiii».

Io ho poi fatto questa semplice osservazione. Ci sono in programma 11 concerti nell’Auditorium. Sono certo che chi viene e fa il suo spettacolo desidera essere (giustamente) pagato. Valutando, per fare un esempio, in 300 € il costo di un concerto, basta farne 8 invece di 11 ed ecco che saltano fuori 1000 € (conto tondo), con i quali si paga un operatore esterno per 6 giornate di lavoro di 8 ore. Un operatore esterno, in 6 giornate, oltre alla passeggiata di Loreto, si fa anche tutta la manutenzione della strada del genio fino a Col Vidal. Serve altro?

Il problema è circoscritto e “facilissimamente” computabile. Si può gentilmente sapere quanto ci è costato il concertorium? Saputolo, sarei poi in grado di fare altri ragionamenti legati al turismo.

Nel frattempo, se volete, potete gustarvi questa “ciaccona” di Tomaso Antonio Vitali.

i miei primi 50 articoli sul BLOZ

17 Settembre 2009 Senza categoria Segnalazioni

immagine di fuochi d'artificio sull'acqua


E’ sì, ridendo e scherzando sono giunto a 50 articoli scritti su questo BLOZ.

Per “festeggiare” questo mio personale traguardo, volevo scrivere qualcosa sulla biblioteca ed il suo oscuro destino.

Poi ho creduto fosse più opportuno preparare uno strumento di navigazione che, d’ora in poi, in ragione del numero di articoli scritti, potrà essere d’aiuto a chi non riesce a seguire con costanza il BLOZ.

Ecco allora il link alla “mappa del sito” (che troverete in ogni caso fra i link delle Pagine, nella barra laterale qui a destra).

Buona consultazione.


Foto: Conanil

Lozzo di Cadore – Interventi di recupero e valorizzazione di beni storici, architettonici e culturali della prima guerra mondiale

14 Settembre 2009 Pian dei Buoi, Segnalazioni attività-culturali, richiesta-contributi

M. Ciarìdo da una delle riservette presso la linea di difesa dell'ex Ricovero Cervera a Pian dei Buoi


Pur avendo la quasi matematica certezza che qualcuno dell’Amministrazione si sta già interessando all’argomento, che segnalerò qui brevemente, non foss’altro che per raccogliere le necessarie informazioni, qualcosa di indefinito mi spinge in ogni caso a scriverne.

Forse in osservanza a quanto sostenuto dagli antichi latini, che di certe cose se ne intendevano, che ritenevano fosse sempre “Melius abundare quam deficere“. Anch’io penso che sia meglio addondare piuttosto che scarseggiare. Bando alle ciance quindi, e veniamo al dunque.

Riporto dal numero 69 del 21 agosto 2009 del  BUR della Regione Veneto:

DESTINATARI: Comuni e Comunità montane della Regione
NORMATIVA DI RIFERIMENTO: Legge regionale 16 dicembre 1997, n. 43
FINALITÀ: Assegnazione contributi per l’anno 2009 per gli interventi di recupero e valorizzazione di beni storici, architettonici e culturali della I Guerra mondiale.
SCADENZA: 16 ottobre 2009.
PUBBLICAZIONE: BUR n. 69 del 21/08/2009. Dgr n. 2361 del 4/08/2009. Info: Direzione beni culturali, Servizio paesaggio culturale e beni culturali – Palazzo Sceriman – Canaregio, 168 – 30121 Venezia (tel. 041/2792689 – fax 041/2792685 – e-mail:beniculturali@regione.veneto.it – sito: www.regione.veneto.it area bandi e fnanziamenti).

Riprendo, dall’allegato A al Dgr 2361:

Art. 1 – Soggetti beneficiari
1.  Possono essere beneficiari di contributo a valere sugli stanziamenti previsti dalla legge regionale n. 43 del 16 dicembre 1997, di seguito indicata come L.R. 43/1997, i Comuni e le Comunità montane della Regione. […]
4.  Il beneficiario può anche avvalersi di associazioni pro-loco, cooperative ed altri soggetti pubblici e privati ai sensi dell’art. 4 c.2. della legge.

Art. 2 – Ammissibilità, composizione ed entità del contributo
1.  Sono ammessi a finanziamento interventi di recupero e di valorizzazione di beni immobili in disponibilità del beneficiario, programmati nel rispetto della vigente normativa statale in materia di tutela del patrimonio culturale, sulle categorie di beni indicate all’art. 2 della L.R. 43/1997:
a) forti, capisaldi e fortificazioni;
b) gallerie;
c) trincee;
d) percorsi militari;
e) osservatori militari;
f) ex ospedali militari;
g) cimiteri di guerra;
h) ogni altro manufatto e opera aventi correlazione con le operazioni militari della Grande Guerra;
In tale ultima categoria rientrano i musei e le raccolte pubbliche di cimeli della I guerra mondiale.
2.  Il contributo potrà coprire fino al 90% del costo globale dell’intervento: la rimanente quota rimane a carico del soggetto proponente, come oltre specificato.
3.  Ciascun intervento potrà beneficiare fino a un limite massimo di euro 25.000,00 (venticinquemila) se riguardante un solo Ente, fino a un limite massimo di euro 15.000,00 (quindicimila) per ognuno dei soggetti coinvolti in un progetto unitario proposto da una associazione che rappresenti da due a sei Enti, ovvero fino a un limite massimo di euro 100.000,00 (centomila) per un progetto unitario proposto da una associazione che rappresenti almeno sette Enti.

Se a qualcuno è sfuggito l’argomento e l’opportunità di finanziamento correlata, seguendo questo link, che segnalo per i più pigri, “Deliberazione della Giunta Regionale n. 2361 del 04 agosto 2009“, potete iniziare ad informarvi e, mi auguro, valutate tutte le condizioni riportate, ad istruire la richiesta (ripeto: sono sicuro che qualcuno lo sta già facendo, ma nonostante questa mia convinzione, qualcosa mi spinge a …).

Cosa ne pensate? Fattibile?

Se non ce la fate da soli (mi rivolgo agli amministratori), se i nostri uffici non hanno tempo, ci si può sempre rivolgere a qualche professionista, quelli non mancano mai. Quest’anno la legge di riferimento 43/1997 è finanziata con 300.000 €. Lo ho già segnalato ma mi ripeto volentieri: i termini scadono il prossimo 16 ottobre 2009.

Lozzo di Cadore – Centro di accoglienza, promozione e valorizzazione turistico ambientale e culturale

12 Settembre 2009 Palazzo Pellegrini, Soldi: dove finiscono?, Turismo e dintorni fare-turismo, promozione-turistica, ricettività-turistica, turismo-cadorino

Lozzo di Cadore - facciata nord del Palazzo Pellegrini in fase di ristrutturazione al 11.09.2009


Questa è la continuazione dell’articolo “Centro informativo di Perarolo” apparso sul BLOZ qualche giorno fa. Riguardo a quest’ultimo, ribadisco che l’idea di mettere a disposizione del turista in arrivo in Cadore un luogo nel quale trovare tutte le informazioni utili per una sua più appagante esperienza, è fuori di dubbio ottima.

Sfruttare poi questa occasione per pubblicizzare l’attività delle nostre piccole e quasi pionieristiche aziende agricole, offrendo loro la possibilità di presentare i propri prodotti, è ancor più meritorio. Fin qui le idee. Le modalità “terrene” per attuare queste pur ottime idee non mi sembrano però le più adeguate.

Ma veniamo alle relazioni con Lozzo. Dicevo che anche sul nostro territorio dovrebbe prendere vita, presso Palazzo Pellegrini, un “centro” con finalità simili a quello di Caralte. L’erogazione del finanziamento da parte della Regione Veneto è infatti … “finalizzato alla creazione di un centro territoriale di accoglienza, promozione e valorizzazione turistico ambientale e culturale”. In passato ho già affrontato l’argomento nell’articolo “Palazzo (o reggia?) Pellegrini” cui rimando per ulteriori informazioni.

L’accoglienza riportata fra le finalità del finanziamento non va ovviamente intesa nel senso di pernottamento (che invece è risorsa sostanzialmente mancante a Lozzo, indispensabile per il suo rilancio turistico, su cui tornerò in un prossimo articolo). Allo stesso modo si intuisce che le finalità si sono spalmate, oltre che sul settore turistico, anche su quello ambientale e culturale, per garantire la necessaria flessibilità nel momento in cui si dovrà trovare una destinazione definitiva alla “cosa” che dovrà qui prendere vita.

Questa “cosa” dovrebbe occupare buona parte dell’area offerta dalla ristrutturazione di Palazzo Pellegrini, e dovrebbe avere le finalità ricordate poc’anzi. Pochi eletti sanno (forse) come questa “cosa” verrà strutturata nella sua parte operativa, io non sono fra questi, quindi devo usare l’immaginazione per tratteggiare possibili scenari.

Devo dire che, oltrepassata la trasparente vetrata d’accesso a Palazzo Pellegrini, seguendo le scale verso l’alto si giunge alla stupenda ed aerea “Sala delle Capriate” (il nome è una mia personale invenzione, che però mi piace) che dovrebbe venire usata come sala conferenze, riunioni, dibattiti, corsi, seminari ecc ecc. Per essa, probabilmente, sono state studiate forme di utilizzo dello spazio perimetrale, per un più razionale sfruttamento dell’area, che però non riesco a focalizzare.

Seguendo invece le scale verso il basso si accede a quella che, spontaneamente, ho definito “area catacombe“, probabilmente in relazione al fatto che dal corridoio centrale di diramano lateralmente, come fossero loculi, anche se molto più spaziosi di questi ultimi, i locali che dovrebbero costituire la base logistica di questo “Centro di accoglienza ecc ecc”. L’arredo è tale da alimentare l’impressione, purtroppo, di trovarsi di fronte ad una sede decentrata dell’Inps.

Mi sono sorte alcune domande e dubbi di cui vi faccio partecipi:

  • devo presumere che questo centro dovrebbe avere valore comprensoriale, quindi ogni comune del Centro Cadore dovrebbe avere un proprio spazio “espositivo”;
  • come verrano distribuiti gli spazi? Auronzo conterà come Lorenzago e Lozzo?;
  • sarà una semplice “vetrina” dell’offerta turistica cadorina, nella quale mettere a disposizione depliant e poster di varia natura, o sarà anche presidiato da personale appositamente formato in grado di dare informazioni puntuali e professionali?;
  • in ogni caso, se “centro di accoglienza dovrà essere”, bisognerà che sia in qualche modo prevista una suddivisione delle spese per il mantenimento della struttura (e del personale se ve ne sarà);
  • riuscite ad immaginarvi Auronzo che sgancia soldi per promuovere se stesso senza avere il “polso della situazione”? pagherà tutto la Regione Veneto? chiederemo un aiutino a Messner?;
  • sarà sempre accessibile o avrà apertura stagionale?;
  • verrà chiamata in causa la Pro Loco Centro Cadore per gestire la cosa?
  • ecc. ecc.

E se invece questo “Centro accoglienza ecc. ecc.” (al di là delle finalità del finanziamento regionale) altro non dovesse occupare che una delle stanze a disposizione, alle altre, che destinazione d’uso penseranno di dare? Dalla disposizione di spazi ed arredi (che dovrebbero essere funzionali a ciò che si vuole fare in quegli spazi), tutto ciò non sembrerebbe plausibile.

Mi sorge allora una domanda spontanea. Non è che tra un po’ scopriamo che per tenere aperto questo “Centro” dobbiamo ricorrere, come per quello di Caralte, all’iniziativa privata (che non è peraltro garantita), concedendo la possibilità di integrare la componente “informativa” con piccole attività di commercio? Di buono c’è che qui i pavimenti e tutto il resto dovrebbero esserci; purtroppo il già predisposto arredo non sarebbe funzionale a quest’ultima ipotesi. L’entrata invece, a cristalli, si addice perfettamente anche ad un ipotetico centro informativo-commerciale.

Ed io che mi illudevo che Palazzo Pellegrini potesse ospitare anche la biblioteca!!

Centro di informazione turistica e territoriale di Caralte (Perarolo)

8 Settembre 2009 Cadore - Dolomiti, Palazzo Pellegrini, Turismo e dintorni fare-turismo, promozione-turistica, turismo-cadorino


Avvertenza,
la foto pubblicata fino al momento di questa rettifica, che doveva ritrarre il Centro informativo, in realtà non ha niente a che vedere con il medesimo. Chiedo scusa ai lettori.

Devo partire da qui. Titolo: “Bando di gara per l’affidamento con contratto di affitto per un periodo di nove anni del Centro informativo di Perarolo ubicato in località Caralte”.

L’argomento entra poi in relazione anche con Lozzo, ci vuole un po’ di pazienza.

La notizia del bando è uscita oggi (qui il link diretto al pdf e qui alla pagina informativa). Si tratta di una trattativa privata con bando per l’assegnazione, se qualche società manifesterà interesse, della struttura di proprietà della Comunità Montana Centro Cadore (170 m2) situata nei pressi di Ansogne a Caralte. Il bando stabilisce in nove anni la durata contrattuale dell’attività, e chi se ne assumerà l’onere dovrà garantire:

  • la gestione del centro informazioni territoriale (informazioni generali sulla montagna e sui percorsi  turistici nei comprensori Centro Cadore, Val Boite, Comelico e Sappada;
  • informazioni sulle attività artigianali e sui prodotti tipici del territorio interessato;
  • ufficio guide alpine per informazioni escursionistiche;
  • biblioteca della montagna liberamente fruibile in loco;
  • l’accesso a internet consultabile gratuitamente;
  • la realizzazione di un piccolo punto di ristoro con degustazione di prodotti tipici;

Il gestore però potrà, eventualmente, avviare attività commerciali all’interno della struttura attinenti alla fruizione della montagna (abbigliamento e attrezzature tecniche), le quali non dovranno essere prevalenti rispetto ai punti precedentementi elencati, che definiscono il cuore dell’attività. Il costo dell’affitto è stabilito tra 2,8 e 3,2 € al m2 e vi deve essere la garanzia dell’apertura del centro per almeno 270 giornate all’anno, oltre all’impegno a promuovere il medesimo secondo un programma predefinito.

Provo a fare una sintesi. L’ente pubblico ha in testa la promozione in chiave turistica del nostro territorio. Per raggiungere questo risultato pensa di affidarsi ad una società privata alla quale impone, necessariamente,  lo svolgimento dell’attività di informazione, promozione e valorizzazione (l’elenco puntato visto precedentemente). L’ente si rende conto che la società privata (che è qui chiamata a svolgere una funzione pubblica) deve anche vivere: ecco allora la nascita del bar, del minimarket (degustazioni tipiche) e del negozio di abbigliamento tecnico funzionale esteso a tutta l’oggettistica che può tornare utile in montagna.

Mi chiedo: una società privata che per stare in piedi ed essere profittevole dovrà necessariamente “mettere fuori banco”, quanta voglia o tempo avrà per curare la promozione del nostro territorio? Sarà più facile sorprendere l’eventuale commessa intenta a convincere un avventore della bontà dell’acquisto di un paio di pedule, o a decantare le bellezze paesaggistiche delle nostre valli dolomitiche?

Non è finita. Nel concorrere a questo bando, questa società privata dovrà tener conto di un altro particolare a dir poco fantozziano. Dovrà fare da sé:

  • realizzazione punti luce con completamento impianto elettrico;
  • realizzare pavimentazione completa e soppalco con scala in legno massiccio;
  • finitura e completamento impianti sanitari;
  • finitura e completamento impianto termico;
  • porte interne e tinteggiatura varie;

Il tutto per un importo complessivo stimato di 30.000 € (saranno di più) che la società assegnataria dell’affidamento dovrà pagare per proprio conto (la Comunità Montana defalcherà poi gli affitti dall’importo sostenuto; al valore medio di 6120 €/anno di affitto, ci vorranno 5 anni ).

L’idea che il turista possa trovare, appena entrato in Cadore, un centro che informi in relazione alle offerte turistiche presenti sul nostro territorio è senz’altro valida (lo fanno da sempre anche in Austria, solo che si affidano a strutture molto più agili, baite in legno da 4×4 o 5×5 m, gestite da studenti appositamente formati e motivati).  Nutro tuttavia forti perplessità sulle modalità gestionali proposte nel bando ed ancor più sulle strategia che questa società (se mai ve ne sarà una) dovrà adottare per indurre la gente, che si sta velocemente approssimando al ponte Cadore, a deviare per informarsi – bere un caffè – degustare un formaggio – comprarsi le pedule di cui sopra e ripartire.

Perché questa cosa ha destato il mio interesse? Perché anche a Lozzo, tra poco, si dovrebbe inaugurare uno scatolotto, Palazzo Pellegrini, con finalità simili. Il finanziamento della Regione Veneto è infatti … “finalizzato alla creazione di un centro territoriale di accoglienza, promozione e valorizzazione turistico ambientale e culturale”. E la cosa mi preoccupa non poco.

Ma di questo ve ne parlerò nel prossimo articolo.

Il museo ladino di Lozzo di Cadore – “Al Museo Ladin de Loze”

4 Settembre 2009 Mondo Ladino, Turismo e dintorni minoranze-linguistiche, noi-ladini, richiesta-contributi

pannello-museo-ladino

Da qualche giorno i nudi tabelloni in legno che erano stati installati per le vie del paese durante le calde giornate agostane, sono stati vestiti con dei pannelli informativi. In essi sono illustrati, sinteticamente, alcuni degli aspetti su cui si fonda la civiltà rurale dei nostri luoghi.

Il nome dato al progetto, un po’ pomposo, “Al museo Ladin de Loze”, è però di sicura efficacia in termini di attrattività turistica. L’idea di base è balenata a Francesca Larese Filon, che essendo anche presidente dell’Union Ladina del Cadore de Medo è adusa a questo genere di cose. L’Amministrazione comunale, di cui faceva parte, ha sposato il progetto che ora è sotto i nostri occhi.

Il finanziamento ha pescato nei fondi annuali messi a disposizione dalle legge n. 482 del 15 dicembre 1999 dal titolo “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” di cui si può leggere il testo a questo indirizzo ed eventualmente un minimo di approfondimento in questo articolo sul blog del Ladino Cadorino.

La realizzazione dei 16 pannelli è stata curata dall’Union Ladina, per non dire che li ha realizzati Francesca Larese Filon, ricorrendo all’aiuto di Giovanni De Diana e Carla Laguna per la preparazione di quelli relativi, rispettivamente, ai fabbricati rurali ed alle lavorazioni nei campi. L’autrice si è poi avvalsa di lavori preesistenti di Corinna De Meio sull’utilizzo delle erbe e di Antonietta Baldovin sulle tecniche legate all’utilizzo della canapa e della lana. Lucio Eicher Clere ha infine corretto la grafia con la quale è stata espressa la nostra “parlata ladina”.

I testi esplicativi sono bilingui essendo scritti sia in italiano che in ladino cadorino (sottovarietà lozzese con venature di auronzano). La grafia utilizzata per il ladino è quella adottata dall’Istituto Ladin de la Dolomites a valere su tutto il territorio delle Comunità dei Ladini Storici della provincia di Belluno (per una trattazione esaustiva delle regole si può consultare un mio contributo sull’argomento dal titolo “Grafia ladina unitaria“).

Tralascio alcune considerazioni di carattere prettamente linguistico che non mi vedono d’accordo (ma che non interessano nessuno), per sottolineare che almeno su un pannello mi sarei aspettato una breve trattazione “politica” della questione ladina. Io avrei gridato con forza che questa è terra ladina e dolomitica, con particolarità e peculiarità che ne richiedono l’immediata autonomia, con lo sganciamento federativo da uno Stato italiano che ha soffocato e sta soffocando tutta la montagna italiana. E tutto ciò avvalorato dalla forza che dovrebbe dare ciò che resta di questa nostra identità linguistica che, purtroppo, ben poco ha trasfuso in identità di popolo e di territorio.

A questo proposito riporto un commento del Capitano delle Cernide relativo ad una discussione sul blog del Ladino Cadorino:

Qualche anno fa nel municipio di una cittadina della pianura veneta è stata affissa una targa sulla quale era scritto:
El segreto de ‘a feissità ze ‘a libertà e de ‘a libertà ze el corajo !
Pa’ fare servo e s-ciavo on popolo prima se compra i so poitici e dopo se scancea ‘a so cultura, se ghe toe ‘e so feste, i so costumi, ‘e so tradission.
Se ghe ciava co’ creanza i schei, se ghe sconde o se ghe imbroja ‘a so storia nasionae.
Se ‘riva anca a farghe fare ‘na guera contro i so fradei vissini e i fioi pi’ bei i more.
Se ghe rompe el fil de ‘a schena a forsa de farli lavorare e dopo se ghe cassa ‘na invasion de foresti che tuto inturbia smissia e ‘sassina.
Cussì ghe more anca ‘a dote più granda: ‘a so lengoa.
Pian pianeo el popolo perde ‘a so anima, no’ ‘l voe pì fare fioi e el scuminsia a desmentegarse queo che ‘el ze e queo ch’el ze stà.
Pesei Paghei Pichei
E’ forse una fotografia (triste ahimè!) del nostro Cadore odierno?
Sane!
Il Capitano delle Cernide

Non mi resta infine che ricordare a questa amministrazione che il 30 aprile 2009 è scaduto il termine per la presentazione di progetti per la tutela delle minoranze linguistiche legge 482, 15 dicembre 1999 (come questo che sto illustrando), senza che qualcuno si preoccupasse di elaborare una richiesta. C’era un po’ di confusione, è vero, in vista delle imminenti elezioni amministrative, e molti erano gli indaffarati a convincere e promettere. E’ andata così, senza nulla di fatto. Ma il prossimo 30 aprile ci sarà un’altra scadenza, e per allora sarebbe onorevole avere un buon progetto da presentare. Sempre che il nostro assessore alla cultura sia interessata alla “questione ladina”.

Sul programma elettorale della lista Lozzo Viva non c’e un accenno che sia uno, non dico al “popolo ladino” (che potrebbe avere in sé un ché di sovversivo), ma alla tutela della cultura ladina. Speron ben.

P.S. Se per il prossimo 30 aprile non avete idee, potete sempre sentire cosa dicono all’Union Ladina del Cadore de Medo, buttandola sul collaborativo …

Da qualche giorno i nudi pannelli in legno che erano stati installati per le vie del paese durante le calde giornate agostane, sono stati vestiti con dei pannelli informativi. In essi sono illustrati, sinteticamente, alcuni degli aspetti su cui si fonda la civiltà rurale dei nostri luoghi.

Il nome dato al progetto, un po’ pomposo, “Al museo Ladin de Loze”, è però di sicura efficacia in termini di attrattività turistica. L’idea di base è balenata a Francesca Larese Filon, che essendo anche presidente dell’Union Ladina del Cadore de Medo è un po’ adusa a questo genere di cose. L’Amministrazione comunale, di cui faceva parte, ha sposato il progetto che ora è sotto i nostri occhi. Il finanziamento ha pescato nei fondi annuali messi a disposizione dalle legge n. 482 del 15 dicembre 1999 dal titolo “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” di cui si può leggere il testo a questo indirizzo ed eventualmente un minimo di approfondimento in questo articolo sul blog del Ladino Cadorino. La realizzazione dei pannelli è stata curata dall’Union Ladina del Cadore de Medo, eufemismo per dire che li ha realizzati Francesca Larese Filon, ricorrendo all’aiuto di Giovanni De Diana e Carla Laguna per la preparazione di quelli relativi, rispettivamente, ai fabbricati rurali ed alle lavorazioni nei campi. L’autrice si è poi avvalsa di lavori preesistenti di Corinna De Meio sull’utilizzo delle erbe e di Antonietta Baldovin sulle tecniche legate all’utilizzo della canapa e della lana. I testi esplicativi sono bilingui essendo scritti sia in italiano che in ladino cadorino (sottovarietà lozzese con venature di auronzano). La grafia utilizzata per il ladino è quella adottata dall’Istituto Ladin de la Dolomites a valere su tutto il territorio delle Comunità dei Ladini Storici della provincia di Belluno (per una trattazione esaustiva delle regole si può consultare un mio contributo sull’argomento dal titolo “Grafia ladina unitaria“).  Tralascio alcune considerazioni di carattere prettamente linguistico che non mi vedono d’accordo (ma che non interessano nessuno), per sottolineare che almeno su un pannello mi sarei aspettato una breve trattazione “politica” della questione ladina. Io avrei gridato con forza che questa è terra ladina e dolomitica, con particolarità e peculiarità che ne richiedono l’immediata autonomia, lo sganciamento federativo da uno Stato italiano che ha soffocato e sta soffocando tutta la montagna italiana. E tutto ciò avvalorato dalla forza che dovrebbe dare ciò che resta di questa nostra identità linguistica che, purtroppo, ben poco ha trasfuso in identità di popolo e di territorio.

A questo proposito riporto un commento del Capitano delle Cernide relativo ad una discussione sul blog del Ladino Cadorino:

Qualche anno fa nel municipio di una cittadina della pianura veneta è stata affissa una targa sulla quale era scritto:
El segreto de ‘a feissità ze ‘a libertà e de ‘a libertà ze el corajo !
Pa’ fare servo e s-ciavo on popolo prima se compra i so poitici e dopo se scancea ‘a so cultura, se ghe toe ‘e so feste, i so costumi, ‘e so tradission.
Se ghe ciava co’ creanza i schei, se ghe sconde o se ghe imbroja ‘a so storia nasionae.
Se ‘riva anca a farghe fare ‘na guera contro i so fradei vissini e i fioi pi’ bei i more.
Se ghe rompe el fil de ‘a schena a forsa de farli lavorare e dopo se ghe cassa ‘na invasion de foresti che tuto inturbia smissia e ‘sassina.
Cussì ghe more anca ‘a dote più granda: ‘a so lengoa.
Pian pianeo el popolo perde ‘a so anima, no’ ‘l voe pì fare fioi e el scuminsia a desmentegarse queo che ‘el ze e queo ch’el ze stà.
Pesei Paghei Pichei
E’ forse una fotografia (triste ahimè!) del nostro Cadore odierno?
Sane!
Il Capitano delle Cernide

Non mi resta che ricordare a questa amministrazione che il 30 aprile 2009 è scaduto il termine per la presentazione di progetti per la tutela delle minoranza linguistiche legge 482, 15 dicembre 1999 (come questo che sto illustrando), senza che qualcuno si preoccupasse di elaborare una richiesta. C’era un po’ di confusione, è vero, in vista delle imminenti elezioni amministrative, e molti erano gli indaffarati a convincere e promettere. E’ andata così, senza nulla di fatto. Ma il prossimo 30 aprile ci sarà un’altra scadenza, e per allora sarebbe onorevole avere un buon progetto da presentare. Sempre che il nostro assessore alla cultura sia interessata alla “questione ladina”.

Sul programma elettorale della lista Lozzo Viva non c’e un accenno che sia uno non dico al “popolo ladino” (che ha un ché di sovversivo), ma alla cultura ladina. Speron ben. (se non avete idee potete sempre sentire cosa dicono all’Union Ladina del Cadore de Medo, buttandola sul collaborativo …)

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