BLOZ - il blog su Lozzo di Cadore Dolomiti

LOZZO ANTICA E LA FIGURA DI GIUSEPPE DA PRA (BEPO GIAZÌN)

4 Febbraio 2014 Cultura giuseppe-zanella, la-parola-ai-lozzesi, storia-di-Lozzo

di Giuseppe Zanella

Anticamente, Lozzo era un paese composto da diverse frazioni allocate in luoghi ameni. Queste frazioni erano poste a nord, nord-est dell’attuale abitato; si trattava di ‘Vigo’, ‘Sale’ (attuale località di Sora-Sale), ‘Piazze de la Cros-Le Spesse’ e ‘San Rocco’. Ove per un motivo, ove per un altro, questi piccoli agglomerati abitativi presentarono, con il tempo, caratteristiche di scomodità sotto vari profili: logistico, carenze nell’approvvigionamento idrico, difficoltà nelle comunicazioni interfrazionali ect.. Gradualmente quindi, i nostri progenitori, invero assai ingegnosi e laboriosi, ritennero più utile ed opportuno spostare l’abitato sul contrafforte di rimpetto al colle di Revis, in prossimità e lungo il corso inferiore del rio Rin avendo così la possibilità di sfruttare l’abbondante presenza di acqua per i più svariati usi, in particolare per scopi ‘energetici’.

Sulle provvidenziali rive del torrente sorse così, piano piano, una miriade di opifici adibiti ad attività artigianali mentre, a ridosso di quella che oggi verrebbe definita ‘zona industriale’ (attuale roggia dei mulini), si costruirono le abitazioni, via via sostitutive di quelle abbandonate nelle antiche frazioni. Fu questo un ‘processo’ che maturò nel tempo e richiese secoli per il suo completo compimento. Va precisato che la frazione ‘Piazze de la Cros-Le Spesse’ fu investita e sepolta dalla frana del Monte Mizzoi del 25.1.1348, avvenuta in conseguenza del terrificante terremoto che provocò inenarrabili rovine e distruzioni nell’intero Cadore e non solo. Sembra poi che la frazione di ‘Sale’ sia stata abbandonata soprattutto a motivo della carenza d’acqua. Per inciso, va detto che in quella borgata ebbe i natali Mattia de Salis, pievano di Vigo dal 1437 al 1470 (vedi note del Baldovin in “Pagine di Storia ed Itinerari turistici di Lozzo di Cadore”, p. 174, seconda ed. 1983 per i tipi della Tip. Piave). Per concludere, la laboriosità ed inventiva dei nostri avi trovò, insomma, compimento nella creazione di un tessuto produttivo che, dalla borgata Da Rin e fino alla località di Ronzie, annoverò diversi mulini, tessiture della lana e della canapa, segherie, falegnamerie ed officine fabbrili, per finire con una centrale elettrica, antesignana della modernità per tutto il Comprensorio.

Dopo questo breve escursus storico, socio-economico e geografico sul nostro borgo al fine di inquadrare ambiente e tema del presente scritto, vengo a parlare, in modo specifico, di un opificio storico, dei tanti che trovarono allocazione lungo la sinistra orografica del torrente, sotto il colle di Revis, e dell’eclettico suo titolare a cavallo dei secoli 19° e 20°. Mi riferisco alla officina fabbrile che era posta all’inizio del paese, giusto accanto al ponte che scavalca il menzionato rio. L’ opificio era anche posta di cavalli ed i fabbri che ivi operavano, oltre a produrre attrezzi per lavori boschivi ed agricoli, esercitavano anche la fiorente e redditizia attività di maniscalchi. Da sempre l’officina era gestita dalla fam. Da Pra ‘Giazìn’. L’erede dei fondatori era un personaggio poliedrico, duttile e molto versatile, dalla viva intelligenza, dallo spirito faceto e dalla battuta pronta e mordace. Si chiamava Giuseppe, ‘Bepo’ per gli amici, aveva prestanza fisica, sguardo vivo e penetrante, manualità non comune. In decenni di lavoro, aveva saputo crearsi una solida nomea e popolarità nell’intero comprensorio.

Ma la fama dell’uomo non era fondata soltanto sulle capacità professionali ma si basava anche sulle doti di umanità e sulle sue proverbiali caratteristiche di risolutore di dissidi e conflitti di natura affettivo-sentimentale: le ragazze con tali problematiche, spesso ricorrevano al nostro per consigli e suggerimenti e Bepo sapeva spesso trovare soluzioni adeguate, quale psicologo ante litteram e padre spirituale sui generis. E le sue qualità ‘carismatiche’ erano dovute a vari fattori: la proverbiale arguzia unita al buon senso spiccato, la originalità del suo pensiero, la sagacia e ponderatezza nei giudizi che esprimeva con sicurezza sia che si trattasse di aspetti tecnici sia che i giudizi riguardassero le persone; generosa era poi la sua partecipazione alle varie attività al servizio della collettività. Ed il resto lo faceva il suo aspetto severo, ieratico, privo di fronzoli e smancerie. Come tutti i ‘genialoidi’, Bepo non era indenne da variazioni ‘umorali’ che, però, lungi dal farlo considerare soggetto dal difficile approccio, lo rendevano simpaticamente un po’ bizzarro e, paradossalmente, estroverso ed elemento di punta della Comunità.

Vari sono gli aneddoti che si raccontavano in paese sul suo conto. Negli anni della grande guerra e fino al Novembre 1917, Lozzo pullulava di soldati per via della nota linea difensiva Cadore-Maè (forti di Col Vidal e col Piccolo-Tudaio-Brentoni). Molti alpini facevano sosta da Bepo per sellare e ‘ferrare’ i cavalli o costruire o riparare ruote dei cariaggi ecc. Tra essi era abituale trovare un alpino romano, tale Giulio Giammaria, che bazzicava troppo spesso l’officina perché innamorato della primogenita del maniscalco, Angela. Avendo però un timore reverenziale di Bepo, il Giammaria non trovava il coraggio di richiedere la mano della innamorata. Bepo però, sornione, aveva capito tutto, osservava e meditava.

Venne alfine Caporetto e Giulio e l’intera armata dovettero lestamente ritirarsi. Ma il romano non dimenticò il suo amore montanaro e nel 1919, congedato, si presentò a Lozzo con maggiore coraggio, deciso ad ottenere la mano di Angela. Ufficializzata la richiesta, Bepo si limitò a dire: “Te piasela me fia?”. Traduzione simultanea della figlia a beneficio del romano. Ottenuta risposta affermativa, Bepo si rivolse allora alla primogenita: “Sesto segura dei to sentimenti?”. “Sì, pare”, questa la replica di Angela. Conclusione dell’uomo: “Se a voi va ben, va ben anche per me e par to mare”. Laconico, essenziale ma efficace il rito autorizzativo!!! I due si sposarono di lì a poco e fu matrimonio felice e longevo. Auspice i buoni uffici di Giulio, i suoceri ottennero udienza dal Papa in Vaticano in occasione del 50° della loro unione.

Altro aneddoto. Dalla unione di Bepo con Maria Baldovin erano nati sette figli: Angela, Gaspare, Melchiorre, Cristina, Giuseppe, Osvaldo e Rosina. Osvaldo, nelle intenzioni del genitore, avrebbe dovuto chiamarsi Baldassarre per completare la triade dei Re Magi. Ma Bepo, in questo caso, dovette chinare la testa e subire il veto (l’unico in tanti anni di matrimonio ben riuscito) posto dalla moglie. Tanto poté l’amore coniugale, nonostante le caratteristiche dell’uomo, non proprio incline ai condizionamenti…

Durante l’alluvione del 1966 l’officina, divenuta nel frattempo fabbrica di stampi per occhiali del nipote Bortolo, pur essendo la costruzione più esposta alla furia degli elementi (tronchi e detriti si abbattevano contro le mura in modo sinistro) rispetto ad altri più recenti opifici della zona, fu l’unica ad uscire indenne dalla tremenda prova. Il segreto? Le possenti, solidissime fondamenta gettate da Bepo, tali da sostenere l’impatto della furia delle acque in quella tragica notte. Altri opifici crollarono ma lo stabile Da Pra, pur essendo il più vetusto, seppe superare le difficoltà di quell’evento atmosferico avverso. Bepo, con la sua saggezza e la sua conoscenza del territorio aveva saputo prevedere… e provvedere di conseguenza.

Un giorno del primo dopoguerra, un turista veneziano si fermò presso l’officina per chiedere una informazione al nostro; mentre i due parlavano, qualche pietra si staccò da Revis e cadde rumorosamente in acqua. Il turista, meravigliato della imperturbabilità del fabbro, così si espresse: “Buon uomo, non avete timore a vivere qui con le pietre che vi ‘piovono’ così vicino?”. Al che Bepo subito replicò: “Caro signore, farebbe più impressione e paura se i sassi li vedessi andare in su, anziché cadere in acqua!”. Questo era il nostro Bepo Giazìn: saggio, imperturbabile, spiritoso, arguto ed anche un po’ bizzarro, come si addice appunto ad un genialoide.

 

il sindaco di Lozzo di Cadore, l’emergenza e il segreterìo telefonico (tutto analogico)

4 Febbraio 2014 Botanico Palazzo, Politica nostrana belluniadi, blackout-cadore, cadoriadi, della-confutazione, politiche-cadorine, provincial-politik, scripta-manent, sindakos

Il sindaco di Lozzo ci ha recentemente dato prova che l’Uomo – il genere umano – si evolve. Infatti, rispetto alla prima emergenza del black out di Natale allorquando – non da solo ma in folta compagnia – lo vedemmo alquanto disorientato nel tempo e nello spazio, in questa seconda dura prova emergenziale il vostro ha messo a disposizione un numero di telefono…

Salutiamo quindi con gioia e brio la notizia dataci da @x – che non ho avuto modo di verificare, ma che sembra verosimile – secondo la quale sul portone del municipio – a seguito della grande bufera e seconda emergenza che ha appena finito di frustare selvaggiamente questo angolo di mondo – è stato esposto il numero di telefono (satellitare?) al quale il borgomastro può essere raggiunto (ad ogni ora del giorno e della notte?) in cerca di eventuale conforto.

Quindi, come vedete, l’amministrazione comunale ha messo a disposizione della paesanza un municipio, un portone (il portone del municipio), un foglio di carta (attaccato al portone del municipio) sul quale è riportato (a proposito: non l’ho ancora verificato, ma siccome nessun tirapiedi s’è fatto vivo per smentire, do per scontato che la notizia sia vera) un numero di telefono “emergentizio”.

Come noterete, tutto rigorosamente analogico (il municipio, il portone, il foglio di carta), anche il telefono se usato in fonia. E analogico è, perché altro non potrebbe essere, il viaggio che ognuno si dovrebbe sobbarcare per giungere – da pellegrino emergente – al cospetto del municipio, ai piedi del portone, di fronte all’editto telefonendo.

Ohibò, mi son detto!

E, per restare in tema analogico, mi sono immaginato un paesano a caso – diciamo @x, ma anche @y – sventuratamente incollato alla tazza del cesso a cagione di un accanito attacco virale intestinale (avete presente?).

Nel caso in esame il paesano che, sferzato da situazioni emergenziali come quelle recentemente accaduteci, volesse trovare conforto nelle parole del sindaco, saputolo ora raggiungibile via telefono, che altro potrebbe fare (incollato com’è alla tazza del cesso e quindi, immaginiamo, impossibilitato a recarsi in pellegrinaggio – analogico – al cospetto del municipio-portone-fogliodicarta …) se non affidarsi al telefono (mobile o di casa, questi ultimi – tra l’altro e per fortuna – perfettamente funzionanti anche durante i sopraggiunti black out elettrici) e chiamare direttamente la casa del popolo?

Perché in municipio c’è – nevvero che c’è? – un telefono!

E allora domenica pomeriggio, barbaramente molestato da quell’infernale brontolio intestinale, ho telefonato alla casa del popolo nella vivissima speranza di trovare attiva una segreteria telefonica (ma mi sarebbe bastato anche un segreterìo, anche analogico, mica per forza digitale…) per sentire un “messaggio di conforto” : «qui tutto chiuso, ma, se stai vivendo una vera emergenza, puoi chiamare il sindaco a questo numero …».

E invece nada de nada (il famoso pesce rosso nella boccia risulterebbe al confronto – anche in questa circostanza- logorroico).

Non escludo, naturalmente, che alla casa del popolo il segreterìo magari ci sia (e magari digitale…), ma domenica pomeriggio non funzionava di sicuro. E il nostro paesano, che è ancora lì, incollato alla tazza del cesso, che può fare allora se desidera ardentemente avere il conforto sindacale?

(diciamo quindi che, volendo, ci sono tutte le motivazioni per fare – ancora – un altro salto evolutivo; anche solamente analogico, ma anche digitale)

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(immagine: 3.bp.blogspot.com)

reddito disponibile delle famiglie per abitante e per regione – 2012 (prov. di Bolzano sempre in vetta)

3 Febbraio 2014 Autonomia, Ecco Nomia, Perché secedere belluno-autonoma, classifiche-italia, perche-secedere, trentino-alto-adige

Da Istat:

Nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie in valori correnti diminuisce, rispetto all’anno precedente, in tutte le regioni italiane. Nel confonto con la media nazionale (-1,9%), il Mezzogiorno segna la flessione più contenuta (-1,6%), seguito dal Nord-est (-1,8%), Nord-ovest e Centro (-2%). Le regioni con le riduzioni più marcate sono Valle d’Aosta e Liguria (-2,8% in entrambe).

Il reddito monetario disponibile per abitante è pari a circa 20.300 euro sia nel Nord-est sia nel Nord-ovest, a 18.700 euro al Centro e a 13.200 euro nel Mezzogiorno.

La graduatoria regionale del reddito disponibile per abitante (17.600 euro il valore medio nazionale) vede al primo posto Bolzano, vicina ai 22.400 euro, e all’ultimo la Campania, con poco meno di 12.300 euro.

Nel 2012 a livello nazionale il reddito disponibile delle famiglie, in valori correnti, aumenta dell’1% rispetto al 2009, anno di inizio della crisi economica. In particolare il Nord registra un incremento maggiore (+1,6% nel Nord-ovest e +1,7% nel Nord-est) mentre, sempre rispetto al 2009, il Centro e Mezzogiorno segnano un aumento molto più contenuto (rispettivamente +0,4% e +0,2%).

La Liguria è la regione che ha risentito maggiormente degli effetti della crisi economica: tra il 2009 e il 2012 le famiglie hanno subito una diminuzione dell’1,9% del reddito disponibile. L’Umbria e la provincia di Bolzano sono state le meno toccate dagli effetti della crisi economica con aumenti, nel periodo considerato, rispettivamente del 3,6% e del 2,7%.

Reddito disponibile delle famiglie per abitante e per regione - Anno 2012

Trento pronta a dare altri 500 milioni a Roma ladrona (senza neanche una lacrima)

2 Febbraio 2014 Autonomia belluno-autonoma, residuo-fiscale, trentino-alto-adige

Come dire: chi di residuo fiscale ferisce, di residuo fiscale perisce.

Veramente i conti non tornano ma, per ora, riporto solo la cronaca, ché la partita dei residui fiscali (qui un esempio) è piuttosto complessa e si sta un attimo a scivolare sulla buccia di banana, soprattutto quando si vanno a fare i conticini nella zona di frontiera, lì dove il residuo cambia di segno…

Per il resto cose già viste e sentite… anzi no: perché Rossi, se non ricordo male, dopo la sceneggiata burina di Vespa – che si è sbracciato sulla tv di stato (ovviamente di marmellata) contro le autonomie di Trento e Bolzano – ha snocciolato una serie di dati sul residuo fiscale del TAA a dir poco “confusi”, se confrontati con quelli sottoriportati dal quotidiano Trentino. Ma troverò il tempo per rivedere quei dati: qui non si perde nulla.

Trattativa con Roma, Trento pronta a dare altri 500 milioni

Con il «residuo fiscale» la Provincia si allineerebbe a Lombardia e Veneto che pagano di più. E Rossi accelera: ordine interno ai dirigenti per avviare da subito i tavoli sulle nuove deleghe

[…] Vale la pena ricordare in cosa consiste il meccanismo del «residuo fiscale» e cosa comporterebbe per le casse provinciali. Per residuo fiscale si intende la differenza tra il gettito dei tributi statali prodotti sul territorio e la spesa sostenuta dallo Stato sul medesimo territorio, compresi i 9 decimi delle tasse devoluti alla Provincia.

Oggi le entrate valgono circa 3,6 miliardi, le spese dello Stato ammontano a 4,1 miliardi. Il saldo è di 560 milioni, ciò significa che il residuo fiscale pro capite è di circa 1067 euro rispetto a una media di 1400 delle Regioni del Nord Italia. Allinearsi, per il Trentino, significherebbe versare a Roma circa 745 milioni all’anno che, tolte le competenze provinciali che pesano per il 34% delle spese, scendono a 490 milioni. Aggiunti ai 568 milioni previsti dall’accordo di Milano, si arriverebbe a 1100 milioni, circa 300 in meno dei 1400 che lo Stato ci chiede per il 2014 (pari al 30% del bilancio della Provincia).

Una proposta, hanno ripetuto a Roma prima Dellai e ora Rossi, che sarebbe comunque vantaggiosa per lo Stato e garantirebbe certezze finanziarie anche alla Provincia. Senza riuscire però convincere – almeno finora – il governo. Alle aperture di Letta e Delrio si sono contrapposti i freni della Ragioneria, più interessata ad un incasso immediato per ridurre l’enorme debito pubblico, e dunque abituata ad attingere dai bilanci delle Regioni ciò che manca, di anno in anno, per equilibrare il bilancio dello Stato. Dal ministero hanno poi fin qui obiettato che il metodo andrebbe applicato a tutte le Regioni speciali, un modo che – visto il residuo fiscale della Sicilia (-3200 euro procapite) significherebbe relegare la proposta su un binario morto. Resta meno di un mese per capire se questa volta Roma cambierà rotta.

 

bellunesi si, #coglioniNO (la frontiera bellunese)

2 Febbraio 2014 Autonomia autonomia, bard, belluno-autonoma

(nella speranza che sia di buon auspicio per la diffuzione del video, prendo in prestito il motto – bellunesiSI #coglioniNO – liberamente tratto dal mondo dei freelance …)

Neanche Bonvi con le sue Sturmtruppen sarebbe giunto a tanta ilarità. Anch’io covavo da tempo la fattura d’una parodia sull’argomento sfruttando l’ormai consunto Adolfo in La Caduta, ma prima mi devo occupare della vicenda del biasimo che sua bassezza il sindaco di Lozzo prova nei confronti del qui presente BLOZ.

Al netto della frettolosa citazione nel “titolo-domanda d’apertura”  del “Trentino” non seguita da “Alto Adige/Südtirol” (visto che il successivo riferimento è a quest’ultima “frontiera”), che è un niente e che qui rilevo per zittire in anticipo i benpensanti (che però salteranno fuori lo stesso), il video merita la più ampia visibilità non foss’altro che per viralizzare il bisogno d’autonomia che da anni un manipolo di visionari cerca di mantenere vivo e, soprattutto, di far crescere nella coscienza dei bellunesi.

sindaco di Lozzo di Cadore (eppur si muove)

2 Febbraio 2014 Botanico Palazzo, Politica nostrana belluniadi, blackout-cadore, cadoriadi, della-confutazione, politiche-cadorine, provincial-politik, scripta-manent, sindakos

Subito dopo la prima emergenza cadorina, quella che è stata chiamata black out di Natale, il BLOZ ha dato voce a @cittadino lozzese pubblicando due righe in considerazioni sul ‘capo del comun’ e la gestione delle informazioni.

E non v’è dubbio che (ma forse il ciuciacazzi di turno non è d’accordo), assumendo in sé il comando supremo delle forze dell’ordine e della protezione civile, in quella specifica circostanza, la macchina comunale e il di lei centro pensante, il capo, non fece proprio una gran bella figura. Diciamola tutta: fece una figura di marmellata.

La fece, soprattutto, in relazione al supporto informativo che, ben lontano dal collassare, ché se fosse collassato se ne potrebbe almeno piangere l’esistenza, non emise neanche un gemito, tanto che il pesce rosso nella boccia di vetro ci ha davvero rotto i coglioni tanto ci è parso logorroico.

Se poi pensiamo al fatto che in quei concitati giorni il Bar Commercio da Cice diventò il centro nevralgico attraverso cui passò tutto il flusso informativo del blecaut lozzese e cadorino (ricordate? ‘Per fortuna c’era la stampa locale a tenerci informati …‘), una sorta di NORAD de noantri con il primo cittadino nelle vesti, anche, di primo avventore (come avrebbe fatto, sennò, a sapere cosa gli stava succedendo attorno?), il quadro peregrino si compie nella sua complessa interezza.

Salutiamo quindi con gioia e brio la notizia dataci da @x – che non ho avuto modo di verificare, ma che sembra verosimile – secondo la quale sul portone del municipio – a seguito della grande bufera e seconda emergenza che ha appena finito di frustare selvaggiamente questo angolo di mondo – è stato esposto il numero di telefono (satellitare?) al quale il borgomastro può essere raggiunto (ad ogni ora del giorno e della notte?) in cerca di eventuale conforto.

Un altro segno – inequivocabile – che l’Uomo si evolve.

pesce_rosso_500

(foto boorp.com)

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