BLOZ - il blog su Lozzo di Cadore Dolomiti

I sindaci cadorini, il diga-day e le prese per il culo

28 Giugno 2010 Digo la mea, Politica nostrana blozzando, local-politik

Devo riconoscere che l’amministrazione di Pieve di Cadore è un po’ più avanti delle altre centro cadorine: qui si pubblicano le delibere fin dal 1° gennaio 2010, qui si è dato spazio al referendum sull’utilizzo pubblico dell’acqua, si sa che la Ciotti sostiene energicamente il progetto di Autonomia per la provincia di Belluno. Dalle altre parti nisba. Qui, sul sito istituzionale intendo, ho visto (e su nessun altro sito istituzionale c’è) un richiamo al Diga-day:

Gli amministratori della montagna si incontreranno  SABATO 26 GIUGNO ALLE ORE 11.00 AI PIEDI DELLA DIGA A SOTTOCASTELLO per manifestare tutto il disagio e per spiegare la mortificazione che subiscono i territori montani a seguito della manovra economica dell’attuale Governo.

Nella pagina viene anche offerto il collegamento ad un documento nel quale vengono spiegate le motivazioni per le quali si è deciso di manifestare il disagio nella manifestazione Diga-day.

Ora, visto che a Pieve siete specializzati nel “metterci la faccia“, trovo che sia politicamente gretto l’offrire in lettura, stante il drammatico valore degli argomenti in gioco, un documento di una assoluta anonimità, i cui contenuti, ovviamente e genericamente condivisibili, potrebbero essere stati prodotti con un classico “taglia e incolla” da uno dei tanti e più o meno impersonali documenti che girano in rete.

Io cittadino voglio vederci le vostre facce nel documento, se non proprio le facce ci voglio vedere la firma, deve essere scritto da qualche parte, insomma, che i concetti enunciati sono sottoscritti da tizio, caio e sempronio, sindaci di qui, lì e là.

Il fatto che questo documento mi venga offerto da un sito istituzionale qual’è quello che fa capo all’amministrazione di Pieve può anche essere una “garanzia”, ma un documento siffatto (leggetevelo) non impegna nessuno, se non indirettamente la coraggiosa Ciotti. Questo documento equivale a “un bel tacer non fu mai scritto“. Si può anche dire che può essere stato postato da un oscuro funzionario inebriato dai fumi dell’alcol.

Questo per quanto riguarda la forma (che però è anche sostanza se gli argomenti sono quelli che sappiamo). E giungiamo allora alla sostanza “vera”. Tutte belle cose quelle scritte ma bisogna riflettere anche sulle scelte in capo ai singoli comuni, e io conosco quello di Lozzo. Parliamo allora …

  • dei 270.000 € impegnati dal comune (più altri 630.000 € coperti dalla Regione Veneto) per una struttura, il palazzo Pellegrini-Mubarak, che risulta chiuso e che, anche se fosse aperto, non porterebbe nulla alla disastrata situazione economica in cui versiamo;
  • dei 160.000 € spesi per ammodernare (esteticamente senza alcuna aggiunta culturale, e che qualcuno mi dimostri il contrario, non vedo l’ora) un Museo della Latteria che non porterà a nessun rilancio dell’economia reale;
  • dei 470.000 € da investire in impianti fotovoltaici di dubbia efficacia (fra 20 anni, quando scopriremo che sono stati un costo per il Comune, chi ringrazieremo?);
  • della passata svendita all’Ater degli appartamenti di proprietà comunale;
  • dei 114.000 € spesi per una “barbara” operazione di maquillage per ottenere il parco solare della spianata di Loreto;
  • dei 130.000 € spesi per il camion di Big Gim (spesa che poteva essere molto più oculata ed efficiente);
  • dei 6300 € spesi per concerti, dei quali 3410 € per uno soltanto, per poi venire a dire che non ci sono soldi (800 €) per stampare materiale turistico promozionale;
  • dei ……………….;

Le scelte di un certo tipo di gestione del territorio, del riavvio delle filiere legate all’agricoltura e all’allevamento di montagna, di quelle legate all’utilizzo del legno, le lasciamo fare, nelle condizioni normative che conosciamo, ai singoli cittadini?

La vera ingiustizia, che noi tutti avvertiamo, è che lo Stato italiota pretende sacrifici da chi li ha già fatti (genericamente, il nord rispetto al sud), mettendo effettivamente in pericolo la sopravvivenza dei nostri enti comunali. Ma se entriamo nello specifico, cari amministratori, c’è più di qualcosa che non funziona. E allora parliamone, ma sappiate che è finito il tempo in cui ci potevate prendere per il culo.

se a Domegge è foto-voltaico, a Lozzo cos’è, fotto-voltaico?

27 Giugno 2010 Lavori pubblici, Soldi: dove finiscono? fotovoltaico

Ad una prima frettolosa lettura dell’articolo del Gazzettino, riguardante l’installazione di un impianto fotovoltaico in comune di Domegge, ho detto subito a me stesso: ne voglio uno anch’io!

L’impianto, infatti, viene dichiarato a costo zero. Lino Paolo Fedon ci assicura che nelle prossime settimane il Consorzio Energia Veneto (Cev) realizzerà sul tetto del municipio un impianto da 16,56 KW. Precisamente:

[…] L’investimento è totalmente a carico del Consorzio veronese: l’amministrazione di Domegge, infatti, non dovrà sborsare neppure un euro e sarà proprietaria di tutta l’energia elettrica prodotta dal sistema, con una stima di 18 mila KWh per anno. Ne deriva, quindi, un notevole sollievo per la bolletta per gli edifici comunali. […]

Lasciamo stare le implicazioni etiche descritte poi nell’articolo, orpelli modaioli che fanno ridere. Pensate, al riguardo, che se avessimo tre belle mucche in salute, con le scoregge che farebbero in un anno, perché anche le mucche scoreggiano, eccome se scoreggiano, renderebbero vana la non-immissione in atmosfera della CO2 così come descritto. E solo Dio sa quante mucche sarebbero utili per rilanciare l’agricoltura di montagna qui in Cadore.

Il mio sconcerto, che ho distillato nel titolo, è in relazione ad una simile iniziativa che vedrà la luce prossimamente qui a Lozzo. Dalla delibera di giunta n. 11 del 10 febbraio 2010 (resa pubblica da Per la gente di Lozzo, non certo dal sindaco che, anche su queste cose, è ancora ostinatamente fermo all’età della pietra) si può prendere atto dei costi relativi ad una realizzazione in ambito fotovoltaico.

Si tratta di tre impianti (melius abundare quam deficere) per la cui realizzazione è prevista una spesa complessiva di 300.000 € per la parte “lavoro+tecnica” (di cui 32.000 € per progettazione) e di 170.000 € per la parte finanziaria. Sì, perché per fare l’impianto il comune ricorre ad un leasing il cui costo è, per l’appunto, di 170.000 €. Non si sa invece quanto è costato il progetto preliminare (ma ci sarà tempo per capirlo).

E’ evidente che le due cose possono presentare, fra loro, alcune diversità: vi saranno insomma degli elementi che le accomunano e degli altri che invece le differenziano. La potenza installata, per esempio, che per Lozzo, stante i documenti a disposizione, non si conosce.

Tuttavia, ne converrete, non capita tutti i giorni di avere la fortuna sfacciata che è occorsa a Domegge. Così come, sempre per fortuna, non succede tutti i giorni di essere garbatamente fottuti.

Questa, del fotto-voltaico, ha tutte le caratteristiche per farne una questione da approfondire. Con il dovuto garbo.

ecco a voi tutte le vetrine del Cadore

26 Giugno 2010 Politica nostrana, Turismo e dintorni turismo-cadorino


Non contenta per l’indiretta voltata di spalle a Lozzo a favore del più titolato Auronzo nella corsa a sede della fondazione Unesco, la Ciotti prova a “metterci da parte” anche con la vicenda della ristrutturazione del Forte di Monte Ricco.

Il sindaco di Pieve, infatti, aveva già chiamato tutti gli altri sindaci perché dicessero la loro riguardo al futuro del Forte, ed entro il prossimo luglio è prevista una seconda riunione per trovare alla struttura, presumibilmente, la destinazione d’uso definitiva.

Ma una cosa, sostiene la Ciotti, era già stata chiarita: “il forte dovrà essere uno «spazio multimediale», la «vetrina del Cadore» in cui il visitatore possa conoscere ogni Comune, ma anche un rifugio degli alpini, a ricordo della presenza militare, e uno spazio per i giovani”.

Ma la “vetrina del Cadore” non doveva essere in qualche modo realizzata qui a Lozzo presso il Palazzo Pellegrini Mubarak? Nelle intenzioni di Comune e Regione Veneto non vi era forse l’intenzione di ottenere una struttura “finalizzata alla creazione di un centro territoriale di accoglienza, promozione e valorizzazione turistico ambientale e culturale”?

Non doveva forse questo centro “contenere un’unità progettuale d’area a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni locali che da un lato sia da stimolo nel raccogliere idee, nel guidare processi decisionali che si sostanzino nella realizzazione di parco-progetti volti allo sviluppo dell’economia e della società attraverso politiche mirate alla valorizzazione del turismo sostenibile e dall’altro si rapporti con realtà quali il G.A.L. per la gestione di progetti comunitari ed altre opportunità previste da leggi nazionali o regionali”.

Non doveva forse questo centro “contenere un’unità volta alla Accoglienza ed Informazione, mirata al turista finale e/o al trade, su tutte le opportunità di fruizione del territorio e specificatamente sulle sue opportunità naturalistico – ambientali e sui prodotti locali, sino a prevedere forme di assistenza ai turisti, in particolare ai gruppi, in collaborazione con gli Uffici IAT e le aggregazioni degli operatori privati (strutture associate – Consorzi)“.

E non doveva, infine, questo centro “contenere idonei spazi per momenti di Informazione – formazione, sia rivolti ai turisti (in particolare ai gruppi, in collaborazione con gli Uffici IAT) sia alle aggregazione degli operatori privati della domanda in occasione di educational e workshop (in occasione di presentazione dell’offerta locale)”

Credo di aver capito. A Caralte si farà una prima vetrina di tutto il Cadore con funzione di antipasto, a Pieve la seconda vetrina con funzione di “primo piatto”, a Lozzo la terza vetrina con funzione di “secondo piatto”. Per il caffè? C’è niente in Comelico che possa essere usato come “quarta vetrina“?

Io, dolomitico, da 365 giorni patrimonio mondiale dell’Unesco, e neanche me ne sono accorto

26 Giugno 2010 Cadore - Dolomiti, Digo la mea blozzando, dolomiti, unesco

In questi casi ci si aiuta con i numeri.

365 sono i giorni passati dalla proclamazione delle Dolomiti a patrimonio mondiale naturale dell’Unesco: era il 26 giugno 2009.

Le Dolomiti si aggiungono ad altri 176 siti che hanno la qualifica di beni naturali. In italia ve ne sono 2, l’altro è alle isole Eolie (nominato nel 2000).

Su un totale mondiale di 689 siti a valenza culturale, in Italia ve ne sono 42,  dei quali 4 nel Veneto. Vi sono poi 25 siti con caratteristiche intermedie che portano a 890 il totale mondiale dei  siti.

La reggenza della Fondazione passa di mano, a rotazione alfabetica, ogni 3 anni: il primo anno tocca a Belluno.

La sede bellunese della Fondazione, dopo 365 giorni, non è stata ancora definita. Dalla data della sua istituzione, 13 maggio 2010, essa non può quindi vantare neanche una sede vacante. Sull’esempio precedentemente illustrato, per accontentare cani e porci, qualcuno ha avanzato l’ipotesi di far ruotare la medesima ogni 4 mesi così da coprire, nell’arco dei tre anni, 9 destinazioni nell’ambito del territorio bellunese. Dovrebbero bastare.

Secondo alcune indagini statistiche vi sarebbero 35 milioni di turisti che prediligono le mete che sono segnalate dall’Unesco (una forma di garanzia?): 35 mil. / 890 siti = 39.000 persone, una botta di vita. Fra loro ci sono 35.000 giapponesi: quando vengono al mondo gli fanno vedere il logo Unesco come imprinting e vi si affezionano per la vita. Il problema è che quando vengono a visitare le Dolomiti lo fanno in 3 giorni e metà gliele fanno vedere di notte.

Nel 2011 vi sarà la prima verifica del Comitato. Sarebbe imbarazzante se ci fosse anche una sola tiratina d’orecchi. Voi non lo sapete ma il Trentino Alto Adige ha preteso una clausola che consente al Comitato Unesco di rimandare a settembre le sole province inadempienti. Anche Belluno ha tirato un respiro di sollievo: dei friulani, infatti, non c’è da fidarsi.

Lozzo di Cadore: c’era una volta la Biblioteca (magari c’è ancora)

25 Giugno 2010 Cultura attività-culturali, biblioteca

No, non mi riferisco alla biblioteca con funzioni di teca, sulla quale peraltro tornerò a breve anche per commentare un’iniziativa della Provincia (che sta per arrivare nelle nostre case), mi riferisco alla Biblioteca come ente di promozione culturale.

Essa è un ente comunale con un proprio statuto ed un comitato di gestione. La pagina che ne descrive le caratteristiche sul sito del comune è un po’ datata (tanto che se Carla Laguna fosse davvero ancora presidente, questo articolo non avrebbe ragione di essere pubblicato) ma non dubito che verrà prontamente aggiornata: consiglio anche di correggere l’errore “Nomianto” in “Nominato”, oltre a cambiare i nominativi dei singoli componenti dove ve ne sia il bisogno.

La Biblioteca (intesa quindi come “motore culturale“), in passato, ci aveva abituato ad una attività che, senza essere vulcanica, ci dava l’idea di un qualcosa di frizzante che si muoveva per valorizzare il nostro paese, vivacizzando culturalmente il nostro e, in estate, altrui permanere. Oltre ad avere il pregio non indifferente di ricordare, di tanto in tanto, proprio attraverso le proprie iniziative, che la Biblioteca esiste, non solo come ente di promozione culturale ma anche come teca.

Lo scorso settembre, ad onor del vero, la Biblioteca (non so se da sola o in tandem con altre associazioni) ha organizzato una mostra di lavori di artisti ed artigiani locali. Non è stato facile, anche in ragione della tiepida risposta data dagli artisti lozzesi (forse per il fatto che l’iniziativa era una ri-proposta del passato, ma oggi ben poco può essere veramente originale), che ha costretto l’organizzazione a cercare artisti ed artigiani oltre confine (comunale).

Visitando la mostra subito pensai: «anche se oggettivamente non traspare, questi si sono fatti il mazzo per fare quello che sto vedendo. Altro che alzare il telefono ed ordinare un concertino in sì bemolle (che tra l’altro bisogna poi pagare, e salatamente)».

Sta iniziando la stagione estiva. Allora, c’era una volta la Biblioteca o … c’è ancora? Se non ci fosse, niente paura. C’è una spumeggiante assessora alla cultura che non vede l’ora di cimentarsi (già ad aprile in occasione della “XII settimana nazionale della cultura”, ve ne ricorderete, era stato organizzato il “seminario sulla gestione differenziata“, evento culturale che aveva lo scopo di mettere a confronto le varie strategie per conquistare la MAGLIA NERA, attività che ha visto ultimamente il nostro comune primeggiare).

don inte a ciatà i mus de Loreto

24 Giugno 2010 Parco di Loreto loreto, spazi-pubblici, tutela-ambiente, verde-pubblico

Sono come le comete, o le osservi quando passano o non le vedi più per anni e anni. La stessa cosa sta succedendo all’inauguranda spianata di Loreto. Ma che cosa di preciso?

L’amministrazione di Lozzo è proprio un laboratorio in cui incubano le idee che diventeranno le soluzioni del futuro. In occasione dell’inaugurazione della spianata, i sette nani del Servizio Forestale Regionale (e/o le cooperative ambientali) stanno provvedendo a tagliare i fili d’erba lì dove neanche le riottose caprette della Comunità Montana avrebbero l’ardire di spingersi.

Ed è questo che costituisce l’eccezionalità che, come le comete, potrete vedere questa volta e poi … mai più. A meno che l’assessore comunale all’ambiente non dia veramente avvio ad una serie di sperimentazioni animali (nel senso di “con animali”) sulla traccia di quelle preventivate dall’assessore all’ambiente comunitario.

Già da sola la spianata di Loreto è una piazza d’armi e l’assessore da tempo trema al pensiero di come riuscire a domare l’erba che, indomita appunto, continua a voler crescere. Ma se alla già vasta spianata si aggiungono anche gli ubertosi fianchi del meditativo luogo, il ricorso alla forza animale sarà inevitabile, pena la caduta in abbandono del luogo stesso.

La gestione ambientale ed il decoro urbano, comprendendo in esso la manutenzione delle passeggiate rilassanti, sono al momento affossate nelle sabbie mobili della mobilità dei lavoratori che, in quanto mobili, non si capisce bene dove diano il loro contributo.

Io sono a favore degli asini. Non ci si può aspettare che vadano a “spelucare” gli anfratti più reconditi come farebbero le caprette, ma hanno il pregio di affezionarsi al luogo divenendo, col tempo, un solido baluardo a difesa della sua integrità. E costituirebbero, nel contempo, una attrazione turistica di collaudata efficacia: “don inte a ciatà i mus de Loreto“.

Nb: la panoramica a colori si può ingrandire

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