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I pieghevoli del Museo della Latteria: Mena, ala fato? No ncora, la trasporta …

10 Luglio 2010 Museo della Latteria attività-culturali, museo-latteria, professionisti, promozione-turistica

Mi perdonerete ma rischio di dirvi delle cose sbagliate. Ho chiesto a Francesca (che sapete essere segretario dell’Associazione Latteria Sociale) se sia in arrivo un nuovo pieghevole del Museo della Latteria. Ma la risposta è stata “non ne so niente“. E’ più abbottonata di un’educanda di antica memoria.

Cristo Santo! Possiamo vantare un gioiello da 160.000 euri di novella inaugurazione (c’era anche Gidoni, uno dei due guru del marketing territoriale della proposta Belluno Dolomiti) e nessuno si è preoccupato di stampare un depliant celebrativo? Ma, ma, ma stiamo scherzando?

Ma qual è il rischio. Essere convinto che il pieghevole non ci sia e invece PAF, eccolo comparire. Io tuttavia, avendo sviluppato una certa capacità percettiva per questo tipo di cose, sono disposto a mettere in palio metà della mia artiglieria (cui sono ancora affezionato). La fortuna aiuta gli audaci (speron ben).

Quindi, cari concittadini, nell’epopea del nuovo allestimento del Museo della Latteria, iniziata nel marzo del 2009 e conclusasi fortunatamente (si fa per dire) nell’aprile appena passato, che ha visto l’intervento diretto di fior fior di professionisti, non era evidentemente previsto il capitoletto dedicato al pieghevole.

Non credo ancora che cotanto sforzo allestitorio non sia stato coronato da un miserrimo pieghevole. Non dico quello “culturale” che, magari, richiedeva per il suo sviluppo un certo dispendio di tempo (che i professionisti, impegnati altrove, evidentemente non hanno), ma almeno una sua versione celebrativa.

Suvvia sindaco, possibile che non siano stati accantonati 180 miseri euri dai 160.000 destinati alla COSA!, per stampare 1500 pieghevoli da distribuire nel comprensorio cadorino? NOOO? Allora fotocopiatelo, visto che questo lo sapete fare? COME??? Prima bisogna anche scriverlo?? Beh certo, bisogna anche scriverlo, ossia preparare i testi. Peccato che tu sia impegnato a scrivere il deliberino, o bolcom 4, altrimenti avresti potuto contribuire, come già fatto in passato, se non farlo del tutto.

Caro turista, in giro non c’è lo straccio di un pieghevole che pubblicizzi-promuova il nuovo allestimento del Museo della Latteria, ma se per caso riesci a visitare il museo ti anticipo che hai una mattonella di video da sorbirti, se piove e non sai cos’altro fare. Nel loro insieme sono costati 12.000 euri e, quando avrai finito di guardarli, se trovi la forza, ti renderai conto che li valgono tutti.

Prima del commiato due parole riguardo al titolo perché è evidente che, senza una spiegazione, “solo i cultori delle tradizioni”, il sindaco e pochi altri eletti possono capire. Parliamo del Museo della Latteria e quindi la figura della mucca ha la sua importanza. Mena è il diminutivo (ipocoristico) di Filomena, un nome a caso. Qualcuno chiede a Mena “ala fato?” (la mucca ha partorito?), “No ncora, la trasporta”  (la mucca ha cioè superato il normale periodo gestatorio, ma non ha ancora partorito). Un po’ come per il pieghevole di cui stiamo parlando. E cuasi come fei n vedel. Ma no l é ncora fato … la trasporta …


Nota (1) – dal Dizionario della gente di Lozzo, lettera “t”: trasportà vb. intr. (trasportéo; trasportèo; trasportòu) il ritardo del parto. Sta òta la vàča a trasportòu kuàśi de n més questa volta la mucca ha ritardato il parto, ha prolungato la gravidanza di quasi un mese.

Nota (2) – può darsi che verso la fine di ottobre il nuovo pieghevole faccia la sua comparsa: la faccenda dell’artiglieria, preciso,  vale solo per ora, sul bon de l’istade!

Nota (3) – dal momento che, a parte le apparenze ed il nuovo e fastoso cesso (28.000 €), nonostante i 160.000 € la sostanza del Museo non è cambiata, è sempre possibile usare il vecchio pieghevole. Bisogna tener conto che la struttura delle sezioni in cui si articola il museo è cambiata (forse) e che le foto sono ante nuovo-allestimento. Idea: perché, per fare il nuovo pieghevole, non cambiare semplicemente le foto di quello vecchio?

sarà Provincia di Belluno Dolomiti? (un anno dopo)

9 Luglio 2010 Cadore - Dolomiti autonomia, dolomiti, noi-ladini, referendum-autonomia

Gidoni e Paniz si scoprono maghi del marketing territoriale. Presentando un progetto di legge per il cambio del nome della provincia da Belluno a Belluno Dolomiti, i due hanno così sentenziato:

E’ un’efficace azione di marketing territoriale – convengono – che servirà non solo ad identificare le Dolomiti con la nostra provincia, ma anche ad accrescere il senso di appartenenza tra gli stessi bellunesi.

Quindi non solo maghi del marketing ma anche valorizzatori dell’identità e del senso di appartenenza. Perché, nel nome, non ci aggiungete anche “autonoma“, così i bellunesi il giorno dopo l’approvazione potranno sentirsi padroni (virtuali) delle proprie scelte?

Già il comune di Borca (9 giugno 2009) aveva fatto la scelta di aggiungere “Dolomiti” al proprio nome (decisione che non ha niente a che fare con la procedura necessaria per cambiare il nome “ufficiale” con cui lo Stato riconosce un proprio comune). Il mese successivo si aggiungeva Valentino Vascellari, presidente di Confindustria Belluno Dolomiti, che sollecitava l’amministrazione provinciale ad adottare, seguendo in ciò Confindustria che l’aveva già fatto, la dicitura “Belluno Dolomiti”. Alcune considerazioni espresse mi diedero lo spunto per scrivere l’articolo “sarà provincia di Belluno Dolomiti?“.

Cosa penso? Lasciate perdere quello che dicono i due maghi del marketing territorial-politichese. Ci vuole meno tempo a spiegare al sindaco di Lozzo di Cadore che i pieghevoli fotocopiati costano di più di quelli stampati in tipografia che ad ottenere il cambio di nome ipotizzato dai due guru (il che è tutto dire).

Abbiamo un referendum da fare. Abbiamo 8000 firme da raccogliere. Abbiamo uno Stato da allontanare dal nostro futuro. Abbiamo la  nostra Autonomia da conquistare.

Alla società civile dico semplicemente “lasciateli perdere, non sanno quello che fanno”. Dico anche che non c’è bisogno di aspettare che lo Stato dica che “si può” usare Belluno Dolomiti. Facciamolo, come ha già fatto Confindustria Belluno Dolomiti, come ho già fatto io nel sito che descrive Lozzo di Cadore Dolomiti. Lo si fa e basta, chiuso, finito. Secondo voi, se tutti i turisti che giungono in Cadore trovassero un cartello di benvenuto come da me ipotizzato nell’articolo (29 luglio 2009) Lozzo di Cadore Dolomiti , tornerebbero a casa con il concetto espresso ben chiaro in mente o avrebbero bisogno, per crederci, di sentirselo dire dal TG1 di Minzolini (dopo l’iter parlamentare durato 22 anni)?

Un augurio mio personale: che il sindaco di Lozzo, il meno dolomitico di tutto il Cadore (in virtù dei natali in terra pugliese), possa giungere per primo alla installazione del cartello. Sappia da subito però che qui siamo in terra ladina e, quindi, oltre a dolomitico dovrà comparire anche ladin.

l’evoluzione della specie alla Roggia dei Mulini (sotto la spinta dei lavori pubblici)

8 Luglio 2010 Roggia dei Mulini decoro-aree-turistiche, minuto-mantenimento, promozione-turistica

Sono circa 6 anni che l’impianto di illuminazione della Roggia dei Mulini di Lozzo di Cadore gode di problemi. Mi ricordo il primo anno di amministrazion Manfreda: durante il mese di agosto avremmo dovuto, io lui e Leo, fare una verifica dell’impianto che già allora non funzionava adeguatamente.

La scelta logica era di percorrerlo al calare delle tenebre. Convenimmo di trovarci ma, per vari impedimenti del sindaco, ciò non fu possibile fino al sopraggiungere della serata che sembrava essere proprio quella giusta. Ma giunse un temporale di tale intensità che anche l’appuntamento di quella sera svanì. Io, che pur sono ostinato, lasciai perdere anche perché, pur essendo vero che “un mus e n dotor e meo de n dotor da solo”, ho lasciato che fosse il dott. a prendere atto della situazione in cui versava allora l’impianto di illuminazione del percorso della Roggia.

Poi, per fortuna, venne anche il tempo dell’assessore ai lavori pubblici. L’impianto da allora è monco. Non va. Non illumina. Salta.

In un mio articolo, i pannellini della Roggia dei Mulini di Lozzo di Cadore, segnalai poi che:

Ecco allora che ho ritenuto di fermarmi al primo passettino [la segnalazione dei pannelli da cambiare n.d.r.]. Ma vista l’occasione illustro, in estrema sintesi, altri piccoli problemi:

  • cuscinetto della ruota idraulica (prima che si rompa del tutto);
  • portaz che dà acqua alla roggia (un atto vandalico lo ha deformato e bisogna sistemarlo al più presto);
  • impianto di illuminazione (le amputazioni che ha subito, la manutenzione carente, uso la parola carente perché oggi è sabato, la verifica dello stato attuale con ciò che funziona e ciò che non funziona);

Forse per questo l’assessore ai lavori pubblici si è intestardito (encomiabile, dopo 6 anni) ed ha preteso la sistemazione dell’impianto. Infatti qualcosa si sta muovendo: ho visto i chiusini dissotterrati, segno che l’intervento è prevedibilmente “approfondito“. Ci sono varie considerazioni da fare e le farò a “chiusura dei lavori”.

Se l’impianto dovesse ri-funzionare adeguatamente, l’assessore ai lavori pubblici potrebbe suggerire al sindaco la possibilità di fare una nuova inaugurazione: dell’impianto rifunzionante, con taglio del nastro e comparsata di qualche politico di alta caratura (non costano granché). Da par mio vi potrei suggerire di calcare la mano sulla valenza di promozione turistica da dare alla cosa, oltre al fatto che (forse) non sarà necessario l’intervento del GAL.

Nel frattempo potete prendere visione dello sforzo evolutivo. Il soggetto mostrato nella foto è stato sottoposto a trauma (la sequenza, a fianco del mulino Calligaro, ritrae il soggetto a maggio, giugno e luglio 2010; la rottura deve essere avvenuta durante l’inverno, credo). Ve ne sono molti altri che si sono spenti senza dare nell’occhio. Per fortuna ora, dopo 6 anni, c’è qualcuno che se ne interessa. Anche questa è evoluzione della specie.

a fanculo il presidio del territorio di Lozzo di Cadore: la rete di protezione dell’acquedotto di Fraina non c’è più …

7 Luglio 2010 Lavori pubblici, Pian dei Buoi cecità-della-giunta, minuto-mantenimento, polizia-locale, sviluppo-pian-dei-buoi

Il territorio del comune di Lozzo di Cadore è un relativamente piccolo fazzoletto di terra di 30 km2. Qualsiasi territorio, piccolo o grande che sia, va presidiato. Per 1000 ragioni. Il presidio del territorio, per eccellenza, lo dovrebbe fare (e soprattutto garantire) l’amministrazione comunale, attraverso le proprie entità deputate allo scopo.

Succede invece che il sig. sindaco, il vice, i sig.ri giuntisti ed i consiglieri di maggioranza abbiano creato un miasma di scelte per le quali il presidio del territorio non viene per niente garantito, non foss’altro perché la Polizia Locale è sostanzialmente costretta a restare in paese. Mi piacerebbe conoscere le linee guida che governano l’attività della Polizia Locale per renderle pubbliche ed iniziare a prendere atto anche di questa situazione. Credo che la minoranza dovrebbe cercare di muoversi anche in questa direzione, basterebbe una precisa interpellanza.

Non conoscendo i termini della questione in modo preciso, mi devo accontentare di porre dei quesiti a me stesso e a tutti voi. Circa 10 giorni fa un blozziano mi ha portato una raccolta di foto che mettono in evidenza lo stato in cui versa l’acquedotto di Fraina a Pian dei Buoi. La situazione è a dir poco incresciosa. Io credevo si trattasse di foto d’epoca, di qualche anno fa, esiti di qualche evento meteorico o vacca-ndalico (o muccandalico, se preferite) di eccezionale entità.

Mi è stato invece riferito che “NO, le ho fatte ieri” (cioè 10-12 giorni fa). Siamo al 7 di luglio e nessuno sa niente?? Peggio: qualcuno sa qualcosa e nessuno ha fatto niente finora??

Riflettiamo: questa amministrazione ha mandato a fanculo il presidio del territorio tanto che situazioni come queste, la recinzione della presa dell’acquedotto che, lo vedete dalle foto, non esiste più, possono accadere senza che (probabilmente) nessuno lo sappia. E stiamo parlando di una presa di acquedotto.

Non alimenta il paese certo, ma più di qualche baita (ah, i baitisti …), la casera delle Armente e le fontane dell’altopiano (a Soracrepa e al bivio dei Pellegrini; può darsi, non sono ancora stato a PdB, che l’assessore all’ambiente si sia dato talmente tanto da fare da far giungere l’acqua anche alla fonte Taferner a Col Vidal).

Sarà stata la neve del 2008, del 2009? Saranno state le vacche di Taferner del 2008, del 2009, del 2010? Non me ne frega un cazzo (per ora). Questa situazione, a mio modo di vedere, è un altro tassello che dimostra una sola cosa: la nullità della nostra amministrazione. Si mandano i nostri operai a sistemare la strada per Baion e ci si dimentica di sistemare la recinzione dell’acquedotto di Fraina (permettendo al bestiame di scagazzare e magari contaminare la presa)?

In realtà, non si sono dimenticati di farlo ma, se tanto mi dà tanto, giungo ad ipotizzare che neanche lo sappiano che va sistemato. La domanda è: perché non lo sanno? La risposta è: perché non permettono alla Polizia Locale di svolgere le funzioni di presidio del territorio.

Considerata la bolla di calore di questi giorni, possiamo consolarci nel disporre di cotanta capacità amministrativa. Essa ci garantisce infatti il benessere termo-climatico di cui abbiamo bisogno. Perchéee? Ma perché con questa amministrazione … “stason fresche“.

sono apparse pericolose armi improprie lungo la Roggia dei Mulini

7 Luglio 2010 Digo la mea, Roggia dei Mulini decoro-aree-turistiche, minuto-mantenimento, polizia-locale

Non entro qui nel merito di come la nostra amministrazione abbia cercato di risolvere il problemino di minuto mantenimento da me sollevato nell’articolo aspettando il GAL … alla Roggia dei Mulini (vi anticipo che è penoso ed entrerò nel merito della questione più avanti nel tempo), relativo al cambio di alcuni pannellini informativi.

Mi sento invece in dovere di avvertire i nostri tecnici e l’amministrazione intera che i pannelli che sono stati esposti lungo il percorso della Roggia dei Mulini rappresentano una vera arma impropria di enorme pericolo, essendo costituita da una lamiera pressoché nuda (a parte il film applicatovi), con bordi non arrotondati, assolutamente tagliente verso qualunque parte umana che, per qualsiasi motivo, eseciti una pressione di una certa entità sul bordo (alzando la testa di scatto, per esempio).

I pannelli sono esposti ad “altezza d’uomo”; due in particolare, quello presso il “portaz” e quello vicino al ponticello costituiscono un grave pericolo anche per i ragazzini. Quello presso il ponticello è posto in alto (troppo in verità per essere letto convenientemente) ma lì i bambini salgono sulla palizzata per “dondolarsi” (a vardali me e vegnesto i pele del cu drete, tanto per usare una espressione ladina di una certa franchezza).

Mi è stato detto che l’assessore ai lavori pubblici è stato avvertito. Siccome non sa distinguere un cacciavite da un martello, forse non ha capito la gravità della cosa. Può anche non succedere niente, ma se succede sono cazzi amari perché la parte interessata può essere con ogni probabilità testa e/o viso. I pannelli in lamiera vanno fissati su un supporto (anche di 5 mm di spessore) di legno o materiale plastico (come era prima per una parte di loro). Minimo minimo gli angoli andrebbero arrotondati o, ancora meglio, il pannello andrebbe cordonato creando un bordo arrotondato lungo tutto il perimetro.

Stiamo parlando di un’area che quando accoglie le scolaresche (come sempre avviene ed anche recentemente successo) diventa anche un luogo di gioco per i ragazzi (che sono esuberanti, che si spingono, che corrono ecc). Facciamo in modo che tornino a casa tutti interi. No voi gnanche pensà che un se faze mal nte n ocio. Invito la Polizia Locale a verificare se quanto da me sostentuto è frutto della mia fervida fantasia o se rappresenta una realtà potenzialmente (ed enormemente) pericolosa come io sostengo.

Il sindaco di Lozzo, con tutta l’amministrazione, a lezione di civiltà dalla Minoranza

6 Luglio 2010 Informa-Lozzo, Politica nostrana libera-informazione, non-trasparenza, pubblicazione-delibere

C’era una volta un “sindaco” che non desiderava altro che NON PUBBLICARE (su internet) le delibere che egli stesso produceva, insieme alla sua band (il vice e poco più), nell’espletare il nobile incarico di primo cittadino cui la cittadinanza lo aveva designato. Nel tentativo di NON PUBBLICARE la quintessenza dell’azione governativa, le ha tentate tutte. Trucchetti, colpi bassi, sceneggiate, inghippi e provocazioni.

Riuscì persino a condizionare il capogruppo di minoranza in Consiglio comunale che, dimenticandosi di quanto la comunità di Lozzo abbia sofferto per la mancanza di questo bene (che nel 2004 per qualche mese ci fu consentito consultare, prima che ne fossimo privati barbaramente e che tutto ciò ci cagionasse il male di cui tuttora soffriamo), invitò l’Amministrazione comunale a riflettere su quanto importante potesse essere, a beneficio di tutta la nostra comunità, ripubblicare via internet gli atti amministrativi di cui loro stessi erano artefici. Così si sarebbe dato modo alla gente di Lozzo di avere la giusta misura della loro azione di governo.

Poi venne il momento di Brunetta ma, soprattutto, venne il momento della Minoranza. Che disse al sindaco, sostanzialmente, “adesso ci hai proprio rotto i coglioni”, le pubblichiamo noi le delibere della band. E così Davide (democratico) ha fatto crollare il barbuto Golia (demo-troglodita) dando inizio alla cosa più semplice del mondo: la condivisione con tutta la gente di Lozzo di ciò che succede fra le mura del Botanico Palazzo che, ci crediate o no, ci interessa ma soprattutto ci coinvolge tutti quanti.

Il sindaco ha fatto una delle peggiori figure che potesse fare: il primo cittadino che strozza con le proprie mani la libertà di informarsi via internet non è una figura edificante, diciamocelo. Non contento, ha trascinato nella “merda” tutta l’amministrazione che, me lo auguro vivamente, spero non condivida questo suo slancio democraticida (vedi anche articoli su stampa locale uno, due e tre). Non dev’essere bello per un consigliere, per esempio, passare la soglia di un bar e sentirsi gli occhi della gente che ti guarda e pensa: “ah così, anche tu non pensi sia giusto informarci su ciò che fate?“. Peccato che lo pensino solo (almeno questo me lo auguro). Dovrebbero trovare il “coraggio” di dirglielo. Lo vedreste arrampicarsi sugli specchi nel tentativo di trovare qualche giustificazione, uno spettacolo che, dal vivo, non ha prezzo.

Insomma, cari concittadini, a zancia e a dreta, de sora e de sote, il sindaco di Lozzo e tutta l’amministrazione si sono presi una bella lezione di Civiltà dalla Minoranza. E ora tornate alla vostra grigia esistenza di lozzesi incappucciati.

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